Fassino maltratta la questione cattolica

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Fassino maltratta la questione cattolica

20 Aprile 2007

Secondo Piero Fassino che ieri ha svolto la sua relazione nell’ultimo congresso dei Ds (prima dello scioglimento) il  Il PD (cito testualmente) sarà dalla parte “di chi ha sempre preso la paghetta in euro” (“giovani” era troppo difficile?), “di chi si chiede perchè faccia sempre più caldo nel pianeta” (?!?), “dei diritti delle donne e delle lavoratrici”, “dell’associazionismo”, “dei movimenti sindacali”, della “tradizione socialista che non può andare perduta”, “dell’unità dei riformismi”, “della magistratura democratica”, “dei forum per la scuola”, “di tutti i cattolici di tradizione democratica”. Alt.

Con tutto il massimo rispetto per chi ha sempre preso la paghetta in euro e per tutte le altre categorie citate, ce n’è una sulla quale vorrei soffermarmi. L’ultima. Sono cattolico, e credo di essere anche sufficientemente democratico. Ma non ho nulla da spartire né con Fassino né coi suoi predecessori. Perchè quindi mi si mette in mezzo?

Il segretario, nelle sue magiche profusioni lessicali così dense di elogi e di punti di riferimento per il mondo cattolico a lui tanto vicino (Domenico Rosati e Don Luigi di Liegro…con tutto il rispetto: parliamo di Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger?), ed in una evidente quanto ammaliante ricerca più feconda possibile di consensi cattolici, probabilmente intendeva far dimenticare qualche pezzetto di storia passata, come le persecuzioni e l’ostracismo esasperato che nel dopoguerra la tanto celebrata “resistenza” mise in atto nei confronti di preti ed altri esponenti del cattolicesimo militante. Ed anche qualche passaggio della storia presente: come si porrà il PD, nella pratica e non nelle facili parole congressuali, nei confronti della sacralità della vita umana dal suo concepimento alla morte naturale? E nei confronti della famiglia monogamica, eterosessuale, feconda e pilastro socio/educativo di ogni comunità civile? E nei confronti dell’istruzione? E nella difesa delle radici cristiane dell’Europa? Avrebbe dovuto saperlo, Fassino, che questi sono (o dovrebbero essere…) argomenti molto cari ai cattolici che lui così veementemente corteggia. E sapere allo stesso tempo che la grande maggioranza del suo partito porta avanti idee ben chiare su questi argomenti. Non a caso durante l’intervento del presidente dell’internazionale socialista, George Papandreou, quando si è parlato di una contrapposizione fra “loro che hanno un solo Dio e noi che abbiamo rispetto di ogni tipo di sensibilità religiosa”, dal PalaMandela si è levato un boato di approvazione. “contra facta non valet argumentum”: staremo a vedere.

Infine, degno e cocciuto erede di molti politici che l’hanno preceduto, Fassino ha ricordato l’importanza che, all’interno dell’attuale contesto Europeo, possa vantare un simile soggetto politico anche un Paese come l’Italia che dal dopoguerra ha sempre avuto un posto di primo piano nel continente.

Se le cose stanno così, è solo grazie a quel 18 aprile 1948 dove l’Italia scelse di stare da una ben precisa parte, appoggiandosi a dei saldi punti di riferimento politici, storici e religiosi. E quella non era certo la parte dalla quale provengono Piero Fassino ed i suoi compagni. Per sessant’anni la storiografia e la politica militante hanno opportunamente e scientemente bypassato quel decisivo momento della nostra storia e senza il quale ora saremmo impegnati in problemi ben più gravi che la costruzione del PD, attuando un lento ma continuo silenziamento utile all’erosione dei princìpi che animarono e sostennero quella vittoria. Ora, fallita l’utopia comunista davanti al tribunale della storia, il relativismo culturale ed il livellamento verso il basso della nostra società portano il cuoco a proporre un diverso menù, con due piatti sciapi che diventano uno solo: il comunismo senza i comunisti e un cattolicesimo multicolore senza Gesù. Che può venirne fuori? Una minestrina utile (forse) solo ad occupare i tanto ambiti posti di potere e la sempre attraente ribalta mediatica, in perfetto stile veltroniano. Ma per occupare le sedie, numeri alla mano, a sinistra sanno che devono portare dalla loro i cattolici, tanti cattolici. Ed è per questo che da ieri è cominciata la stagione del corteggiamento in nome della pace, del bene comune, della tolleranza, della fratellanza, dell’apertura ai più deboli e poveri. Ma il nome di Gesù non si sente mai…Il problema è che già molti, troppi cattolici hanno più volte dimostrato, come ricordava l’allora Card. Ratzinger citando San Paolo, di essere “fanciulli nella fede” facendosi “portare qua e là da ogni vento di dottrina come unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni, e che lascia come ultima misura solo l’io e le sue voglie”. E così, se Piero chiama, sono certo che molti, ingenuamente ed in buona fede, risponderanno. Salvo poi trovarsi gabbati.

Quale impenetrabile scudo contro le ammalianti sirene di Fassino al mondo cattolico italiano,  mi basterà suggerire agli indecisi la lettura delle splendide riflessioni che Augusto Del Noce rilasciò nel 1988 alla rivista “30giorni”, in occasione della pubblicazione, da parte di Jacka Book, della prima edizione in lingua italiana del romanzo del 1907 “Il padrone del mondo” di Robert Benson:

“Per i cattolici la cosa che più è da temere è “la forza immensa che sa esercitare l’umanitarismo”, con la sostituzione della filantropia alla carità e della soddisfazione alla speranza (…) Oggi che il marxismo è in un declino irreversibile, sino al punto che si rischia di essere ingiusti rispetto alla sua reale potenza filosofica, e che la rivoluzione sessuale e la combinazione marx-freudiana segnano il passo, la lotta contro il cattolicesimo avviene proprio sotto il segno dell’umanitarismo (…) L’umanitarismo, proprio perché prescinde dal “divino”, nell’uomo deve dirigersi non più sulla personalità dell’uomo nella sua singolarità, ma sulla umanità come collettività e sui tratti generici che la definiscono; quando ad esempio parla dell’amore, lo riduce a un fattore che contribuisce all’aumento del benessere sensibile (…) Gli stessi “valori comuni”, come il “non uccidere” o il “non rubare” sono intesi, nell’assenza del riferimento religioso, non come imperativi morali ma come condizioni necessarie della funzionalità sociale. L’umanitarismo è ricomparso in termini di pacifismo (altra cosa rispetto alla volontà morale di pace) al momento del venir meno degli ideali che si è verificato negli ultimi decenni: dell’ideale della rivoluzione comunista per un verso, della crisi della coscienza religiosa per l’altro (…) Che cosa si chiede ai cattolici, oggi, da qualsiasi parte, se non la riduzione del cristianesimo ad una morale, in sé separata da ogni metafisica e da ogni teologia, capace nella sua autonomia e nella sua autosufficienza di raggiungere l’universalità e fondare una società giusta? Anzi questa morale sarebbe pure capace di “porre fine alla secolare divisione tra Occidente e Oriente” (…) Al cristiano viene posta una condizione: quella di riconoscere che la sua fede e la sua speranza sono appunto un’”aggiunta”, che etica e politica prescindono da ogni professione religiosa, che l’essere consapevoli significa lavorare per l’unione degli uomini di buona volontà. La fede, insomma, rischia di dividere; mentre l’amore, associato a una scienza valida per tutti, unisce. Tale communis opinio, che fu già luogo comune dei professori di filosofia morale del tardo Ottocento, ritorna oggi. Ancora una volta viene riaffermata la celebre distinzione tra cattolici integristi e progressisti (…) Il romanzo del Benson mostra una capacità di previsione che rasenta la profezia; se ho voluto unire il commento di esso è perché mi è parso che illustri il processo necessario per cui l’umanitarismo sia diventato oggi il più pericoloso avversario del cristianesimo, e perché la rivolta anticristiana del nostro secolo trovi in esso il suo sbocco”.

Fassino, lascia perdere i  veri cattolici. Siamo buoni, ma non fessi… Provaci con chi “si chiede perchè faccia sempre più caldo sul pianeta”.