Fassino vuole il silenzio dei giornali  ma dimentica “Forza Ilda”

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Fassino vuole il silenzio dei giornali ma dimentica “Forza Ilda”

26 Luglio 2007

Fassino ha illustrato la sua ricetta per porre rimedio alla cattiva fama della politica e di chi la fa: i giornali è meglio che stiano zitti, mentre i politici devono “rispondere colpo su colpo” contro chiunque infanghi la loro dignità. L’immagine che si ricava da un simile scenario mette i brividi anche se Fassino ha tentato di nobilitarla con una citazione, peraltro malintesa,  di una lettera di Einaudi ad Albertini.

In quella lettera, che il segretario dei Ds ha letto davanti ai quadri del suo partito, Einaudi sembra suggerire al direttore de Il Corriere, Albertini,  il pregio del silenzio quando l’alternativa è “farsi gridare addosso dagli adulatori delle masse e del popolo”. Questa almeno è l’interpretazione che Fassino ha voluto suggerire all’attuale direttore del Corriere, Paolo Mieli, e a tutti i giornalisti, invitandoli a riflettere su quella lettera.

Il punto di vista di Einaudi era certamente snobistico ed elitario (e già si fa fatica a capire perché Fassino lo faccia suo), ma nella lettura che ne ha dato il segretario Ds si aggiunge anche un atteggiamento rinunciatario e pavido che non era certo nelle intenzioni dell’autore.  Anche i giornali che hanno commentato le parole di Fassino si sono bevuti la sua interpretazione, prendendola per un elogio del silenzio.

Nella lettera invece Einaudi scrive: “Nove volte su dieci le soluzioni invocate dalla grande maggioranza dei giornali sulla maggior parte delle questioni sono così dannose al paese, sia economicamente che politicamente, che non c’è via di mezzo. O stare zitti, ovvero difendendo la tesi della verità e del buon senso farsi gridare la voce dagli adulatori delle masse e del popolo”. Quando dunque Fassino invita Mieli e gli altri giornalisti a scegliere il silenzio sulle questioni che riguardano il suo partito nella vicenda Unipol indica solo una delle due vie proposte da Einaudi. Quella che, per proteggersi dagli “adulatori delle masse”, va a scapito della “verità e del buon senso”.

E’ evidente invece che Einaudi preferisse  sfidare gli “adulatori delle masse” in nome della verità piuttosto che tacere. Per questo dovrebbe essere Fassino a riflettere sul quel testo più di chiunque altro. Quando lui, D’Alema e La Torre decidono di appoggiare la richiesta al Parlamento di ammettere l’uso di intercettazioni entrano palesemente in contraddizione con quell’insegnamento: tradiscono la loro verità per mettere a tacere “gli adulatori delle masse”. Con un calcolo miope, quello di veder scomparire dalle pagine dei giornali i fatti che li accusano, indeboliscono la politica nello scontro con la magistratura. E per un piccolo vantaggio mediatico mettono a repentaglio il sistema dei pesi e contrappesi costituzionali.

Ma il fatto che più colpisce nelle parole di Fassino è la sostanza del suo tentativo di suggerire la sordina alla stampa per le spiacevoli (per modo di dire) vicende che riguardano lui e il suo partito.  Chiedere ai giornali di tacere non è mai appartenuto al galateo democratico a cui Fassino e soci intitolano i loro progetti e le loro azioni. Ma diventa un esercizio un po’ misero quando non si abbia un pedigree garantista a tutta prova. Sulla vicenda dell’ “abbiamo una banca” bisognerebbe semmai segnalare una particolare cautela dei giornali, persino quelli di opposizione, come Libero o il Giornale, da cui si poteva aspettare una sfrenata grancassa. Non abbiamo visto una copertina di Panorama titolare: “Forza Clementina”, come invece accadde all’Espresso il 30 maggio del 1996 con la foto della Boccassini e il titolo “Forza Ilda”. Non si ricordano allora interventi a favore del silenzio e della morigeratezza da parte degli attuali vertici dei Ds, oggi così preoccupati della sorte dello Stato di diritto e della presunzione di innocenza.

Quando sulla graticola dei giudici c’erano Berlusconi o Previti la sinistra traboccava di soddisfazione. Quando il Parlamento negava l’autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi, i ministri ds si dimettevano per protesta. Sui guai giudiziarii di Berlusconi, tutta la banda Travaglio, Micromega, Diario e compagnia bella ha costruito le sue fortune. A quei tempi, la presunzione di innocenza non sembra essere stata la principale preoccupazione di Violante o della Finocchiaro. E quando Di Pietro diceva di Berlusconi: “io quello lo sfascio”, nessuno a sinistra disse che una frase simile era “lesiva della dignità del singolo” o che “travalicava le prerogative di un magistrato”. Anzi, come ricorda Nicola La Torre sul Corriere, Di Pietro venne aiutato e premiato con un collegio sicuro nel Mugello. Salvo poi lamentarsi della sua ingratitudine.

Il grido “Forza Ilda”, riecheggiato poi a lungo nelle varie tifoserie dell’epoca, dovrebbe essere un monito sempiterno per chi a sinistra si lamenta dei maltrattamenti della magistratura. Non si possono trasformare i giudici in eroi della bella morale e della bella politica e poi protestare se s’impossessano dell’una e dell’altra e buttano fuori chi vogliono.