Fiducia a Letta se si batte per giovani e lavoro

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Fiducia a Letta se si batte per giovani e lavoro

02 Ottobre 2013

Quando Enrico Letta pronunciò il suo discorso di insediamento, pochi mesi fa, si rivolse alla generazione degli Erasmus che oggi ha quarant’anni, che ha vissuto, affrontato e qualcuno dice subito la globalizzazione e la trasformazione dei mercati e della occupazione, trovando nuove forme di lavoro, nuovi modi di produrre e di intendere il proprio salario, reddito e tempo di lavoro.

Una generazione di mezzo che non aveva più le tradizionali garanzie sociali e sindacali del passato e che nonostante tutto ha saputo affrontare mimeticamente la sfida imposta dai cambiamenti della nostra epoca. Le generazioni successive a questa, invece, sono davanti a una situazione più difficile e in certi casi ardua, perché nel frattempo l’Europa e l’Italia sono cadute nella Guerra del Debito e nell’Età dell’Austerity. I dati diffusi da Istat dimostrano che c’è un ulteriore peggioramento sul breve e medio periodo: più del 40% dei giovani tra i 15 e i 24 anni oggi è disoccupato e la situazione per gli Under 30 non sembra molto più prospera.

E’ colpa della recessione, certo. Si può spronare i giovani a darsi da fare, a cercare di cogliere ogni opportunità che si manifesta in questa difficile convergenza di fattori economici negativi. Ma non c’è dubbio che c’è stata fino ad oggi, e già da molto tempo prima di Letta, una insufficienza delle politiche adottate per creare lavoro in Italia.

Il Governo Letta, che in queste ore chiede la fiducia alle Camere, è stato un esecutivo anagraficamente insolito rispetto alla media della storia repubblicana. Il premier stesso, dopo quel riferimento iniziale agli Erasmus, è tornato a parlare in più occasioni con i nostri partner europei e internazionali di giovani e lavoro. Doveva essere uno dei pilastri della sua azione di rinnovamento – creare opportunità, valorizzare l’intelligenza collettiva e i talenti indidivuali – e tale deve rimanere ma passando dalle parole ai fatti se domani il parlamento gli rinnoverà la fiducia.

Il nostro mercato del lavoro continua ad essere asfittico e conservatore. I fedeli di San Precario lo difendono strenuamente proponendo alternative demagogiche come il salario garantito o il tempo indeterminato per tutti. Al contrario, c’è bisogno di una maggiore deregolamentazione che favorisca l’accesso a un sistema occupazionale flessibile e meno costoso. Molto meno costoso. E’ fondamentale tagliare i costi indiretti del lavoro per favorire nuove assunzioni invece di continuare a frenarle, dimezzando quanto effettivamente un giovane lavoratore percepisce in busta paga, per non dire delle ingiustizie fiscali subite quando si sceglie di aprire la partita Iva o avvire una nuova attività.

Imu ed Iva sono importanti ma non ci sarà sviluppo né crescita senza occupazione. E’ un discorso che vale per i giovani, per le donne, per chi ha qualche anno in più ma non lavora più secondo le vecchie regole, nel sistema del passato, ed è stato già proiettato, volente o nolente, in quello nuovo. L’ex ministro Sacconi suggerisce di puntare pragmaticamente, per esempio, su “un contratto a termine semplificato”, da sperimentare in attesa dell’Expo. In generale, occorre smontare le strozzature provocate dalla riforma Fornero e da tutti gli altri storici imbuti che penalizzano l’ingresso nel mercato lavorativo. Si pensi a come funziona l’apprendistato. Alle possibilità concrete di trovare un lavoro rivolgendosi ai centri per l’impiego. Alla separazione tra studio e carriere che investe colpevolmente i ritardi nel sistema dell’istruzione e universitario.

Letta chiede una maggioranza parlamentare in grado di sostenere e rafforzare la sua azione di governo e, se dovesse trovarla, il mondo moderato, liberale e riformista dovrà porre al centro della prosecuzione dell’attività di governo proprio la battaglia sul lavoro.