Filippine. Anche i ribelli Moro cercano i rapitori dei volontari della Croce Rossa

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Filippine. Anche i ribelli Moro cercano i rapitori dei volontari della Croce Rossa

16 Gennaio 2009

Non ci sono ancora notizie sul sequestro, avvenuto lo scorso giovedì sull’Isola di Jolo, dei tre operatori della Croce Rossa. Il governo di Manila ha ammesso che al momento non si hanno neanche novità sulle condizioni degli ostaggi.

Fin dalle prime ore, le autorità filippine avevano parlato di un gruppo legato al movimento terrorista di Abu Sayyaf, ma il generale dei Marine di Manila Nelson Allaga ha dichiarato ieri che "finora non è stato possibile stabilire un legame diretto tra il movimento di Abu Sayyaf e il rapimento".

Nel frattempo, ad aiutare il governo e gli ostaggi, sarebbe intervenuto anche il Moro Islamic Liberation Front (MILF) il più grande tra i gruppi ribelli islamici delle Filippine. Muhammad Ameen, presidente del segretariato del MILF, dopo aver condannato senza mezzi termini il rapimento dei tre operatori della Croce Rossa, fra cui l’italiano Eugenio Vagni,  ha affermato che miliziani Moro sono stati mobilitati per la ricerca.

"Faremo tutto ciò che è possibile per liberare i tre, tenendo presente che la priorità è la loro incolumità", ha detto Ameen aggiungendo che potrebbe anche tentare di aprire canali di comunicazione con i rapitori. I volontari, ha ricordato il leader del gruppo ribelle, "non meritano questo: aiutano tutti senza aspettarsi niente in cambio e fanno la loro missione senza parzialità o discriminazioni".

Nel 2007 il MILF aveva collaborato con l’esercito filippino nel corso delle ricerche per padre Giancarlo Bossi, sequestrato per circa 40 giorni. In quell’occasione la cooperazione era regolata all’interno del Joint Action Group, un organismo formato nel 2002 insieme al governo di Manila per dare la caccia proprio a gruppi di malviventi e terroristi che operano nei territori controllati dal MILF.

Tale meccanismo non è più operativo e non sono chiare le forme di collaborazione fra ribelli Moro e truppe regolari. A livello operativo, la mancanza di un tale strumento di coordinazione, ha diffuso il timore che operazioni non sincronizzate possano creare equivoci e mettere a rischio l’incolumità dei sequestrati.