Finalmente anche l’Onu ha capito che Gaza è una prigione per le donne
19 Giugno 2012
Secondo un rapporto del Palestinian Central Bureau of Statistics più di un terzo delle donne che vive nella Striscia di Gaza subisce abusi fisici tra le mura domestiche mentre il 15 per cento è oggetto di abusi sessuali e abusi psicologici.
La notizia è stata riportata da un comunicato ufficiale dell’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei profughi palestinesi, che si è impegnata in un progetto per prevenire e rispondere alla violenza domestica nella Striscia di Gaza che – stando sempre al comunicato UNWRA– dipende soprattutto dal blocco israeliano che costringe gli abitanti dell’enclave di Hamas a guadagnare salari troppo bassi e a vivere in abitazioni talmente affollate da determinare un aumento delle violenza domestiche.
A parte il fatto che l’esercito israeliano dal 27 maggio al 2 giugno ha coordinato il trasferimento di 1.031 camion con 27,797 tonnellate di merci e di gas nella Striscia di Gaza, ma perché nel comunicato UNRWA non si fa nemmeno un accenno al machismo islamico come causa della violenza sulle donne?
Perché non riportare il discorso di Mushri al-Masri, trasmesso lo scorso 25 marzo da Al Aqsa TV, in cui il membro del ‘Parlamento’ di Hamas si rivolgeva ad una ventina di donne palestinesi dicendo: “Il sangue delle donne di Gaza sarà sacrificato nel tentativo di liberare la Moschea Al-Aqsa, Gerusalemme e tutta la Palestina”?
Perché non ricordare quando le forze di sicurezza di Hamas hanno costretto con la violenza le donne ad usare il velo, a non fumare e a non salire sui veicoli a due ruote, anche solo come passeggere? Perché l’UNRWA ha già dimenticato Fadia Jawdat al-Najjar, ventisettenne, divorziata, madre di cinque figli, picchiata fino alla morte dal padre per ristabilire l’onore della famiglia dopo che l’ha sorpresa mentre parlava al cellulare con qualcuno, in quella che gli sarebbe parsa una relazione illegittima?
Quando si chiedono fondi ai contribuenti dell’Agenzia ONU (il budget UNWRA è di circa 600 milioni di dollari) si giustificano spiegando che l’UNRWA offre ai palestinesi l’opportunità di vivere una società integra e civile e che l’UNRWA è indispensabile per denunciare le condizioni disperate dei rifugiati palestinesi sempre descritti succubi dell’assedio israeliano e mai vittime della violenza coranica che marcia sulle gambe dei terroristi di Hamas.
Ben venga, allora, l’articolo di legge del senatore americano Mark Kirk per chiedere al Segretario di Stato quanti palestinesi che usufruiscono dei servizi UNRWA corrispondano effettivamente alla definizione di profugo.
Dal 1949 gli Usa hanno versato all’UNRWA circa 4,4miliardi di dollari e con l’emendamento Kirk finanziamenti all’estero per anno fiscale 2013 saranno stanziati per 5 milioni di profughi palestinesi e non per 30 mila, l’attuale numero riconosciuto dall’ONU che spende per ogni singolo profugo palestinese tre volte più di un profugo non palestinese impiegando uno staff trenta volte più numeroso.
Eppure, leggendo il Global Trends 2011, cioè il rapporto annuale pubblicato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (l’organizzazione onusiana che si occupa dei profughi del mondo non palestinesi), lo scorso anno più di 800 mila persone sono scappate dal proprio Paese: la cifra più alta da oltre un decennio.