Finalmente anche McCain ha la sua biografia (in italiano)

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Finalmente anche McCain ha la sua biografia (in italiano)

01 Ottobre 2008

Finalmente in libreria non saremo assediati solo da agiografie di o pro Obama. In “John McCain. Tutte le guerre di Maverick” (Utet Libreria 2008), Federico Leoni, Moreno Marinozzi e Daniele Moretti hanno raccontato in modo agile, ironico e colto, la vita e le avventure del candidato repubblicano alla presidenza degli Usa, con un taglio tra il giornalistico e il narrativo che rende onore a Robert Louis Stevenson. Da ragazzo il senatore divorava i romanzi dello scrittore scozzese. Una passione ereditata insieme a molte altre dal padre. E quando Jack morì, John scelse alcuni versi di Stevenson per il discorso di commiato: “Il marinaio è a casa, tornato dal mare / E’ tornato dalla collina il cacciatore”. 

La tv e i giornali italiani stanno descrivendo per sommi capi il personaggio McCain, l’eroe pluridecorato del Vietnam – un vecchietto simpatico, rattoppato e all’apparenza inoffensivo che negli ultimi tempi sembrava messo in ombra dalla esplosiva vicepresidente Palin. Gli autori del libro restituiscono a McCain il posto che gli spetta, quello di un protagonista fuori dagli schemi della storia politica americana, che per tutta la vita ha fatto parlare di sé. Basta elencare la serie quasi infinita dei suoi soprannomi: “McNasty” (Mac “il cattivo”), “Punk”, per le bravate di gioventù quando non lo piegarono neppure le severissime regole della scuola navale di Annapolis, e ancora “Maverick”, una parola che nel vecchio West indicava i capi di bestiame non marchiati. Questo per dire che lui è un battitore libero, capace di conquistare l’elettorato indipendente, quello repubblicano moderato, fino ai cosiddetti “Reagan democrats” – i democratici fulminati sulla via della “Reagan’s Majority”, la dottrina dell’inclusione e del superamento dei confini tra destra e sinistra.

“Il governo leggero di destra e il governo pesante di sinistra sono entrambi stremati – ha scritto il commentatore Sebastian Mallaby sul Washington Post – l’unica piattaforma politica che abbia appeal è il buon governo. Ecco cos’è il McCainismo”. Ma John è soprattutto il senatore “Hothead”, la testacalda di Capitol Hill, che non riesce a tenere a freno la lingua, come quando durante un comizio chiese al pubblico: “Sapete perché Chelsea Clinton è così brutta? Perché Hillary è la madre e Janet Reno il padre” (la Reno è stata il ministro della giustizia di Bill Clinton). In seguito John si è scusato con Chelsea, ma decine di piccole storie spassose come questa arricchiscono la sua biografia italiana. Che non è solo uno zibaldone costellato di aneddoti ma racconta delle scelte politiche trasversali di Mac, contro il lobbismo, le multinazionali, l’uso degli steroidi nello sport, tanto per fare qualche esempio. Un buon abbrivio per approfondire la storia americana moderna e contemporanea.

Tre è il numero perfetto per capire McCain. Tre sono i modelli di uomo politico a cui si ispira: Teddy Roosevelt, Barry Goldwater e Ronald Reagan. Il primo è “il faro e l’idolo”. Per la sua testardaggine, la sua indipendenza, perché prima di essere eletto presidente Teddy guidò in battaglia i “Rough Riders”, gli irregolari del 1° Reggimento di Fanteria durante la guerra ispano-americana di fine Ottocento. Scrive McCain: “Roosvelt cercava di preservare la pace e l’ordine mostrando ai nemici la prontezza dell’America nel combattere, se necessario, per difendere i propri interessi”. Come quando nel caos dei giorni successivi all’11 Settembre – ­mentre il popolo americano era sbandato, impaurito e in cerca di conforto, McCain disse: “Voglio dire ai nostri nemici che stiamo arrivando. Dio potrà anche avere pietà di voi. Noi no”.

Il secondo modello è Barry Goldwater, il candidato repubblicano sconfitto da Lyndon B. Johnson alle presidenziali del 1964. Per molti storici Goldwater rappresenta la figura chiave della svolta avvenuta nel movimento conservatore verso la fine degli anni Settanta. L’uomo che nel manifesto “La Coscienza di un Conservatore” delineò “le linee portanti di quella ondata libertaria, incentrata sulla persona e critica sulla invasività del governo federale, che rinnovò il GOP e ne permise il ritorno a Pennsylvania Avenue con Ronald Reagan nel 1980”. Reagan stringerà una sincera amicizia con il senatore dell’Arizona, dopo averlo ospitato a casa sua e trascorso ore ad ascoltare i racconti di John sul Vietnam. “Qualche mese dopo, Reagan invita McCain sul palco a parlare ad un suo incontro pubblico, a Sacramento. Dopo nemmeno cinque minuti, la platea si è già sciolta in pianti e singhiozzi”. In molte occasioni McCain ha sferzato la classe dirigente repubblicana, accusata di tradire lo spirito del reaganismo, per quanto attiene alla riduzione delle tasse e alle politiche di contenimento della spesa pubblica.

Le tre fasi della vita a forma di Mac le ha riassunte Cliff Schecter nel pamphlet “The Real McCain”, associandole alle rivoluzioni del web.  “Il McCain 1.o è un repubblicano duro e puro, un conservatore fedele alle idee di Goldwater che si affaccia alla ribalta della politica nazionale. Moderato, libertario, non interventista in politica estera e contrario allo Stato forte in economia. Dopo lo scandalo dei ‘Keating Five’ (una brutta storia di corruzione che ha macchiato il cursus honorum di Mac, ndr) e i conseguenti mea culpa, nasce il McCain 2.0, emerge il ‘Maverick’, il paladino delle grandi cause amato dai media, il politico che parla chiaro e finisce con le ossa rotte quando lancia il guanto di sfida al sistema”.

Nel 2002, dopo un pesantissimo ostruzionismo, passa il “McCain-Feingold Act”, la legge che regola i finanziamenti alle campagne elettorali dei partiti, firmata da John con il senatore democratico Russel Feingold. E’ iniziata la fase bipartisan, quella delle strizzatine d’occhio ai Blues, che gli sono costate l’accusa di “flip-flopping”, cioè di cambiare opinione troppo facilmente in cerca di consenso. Un approccio populista, secondo alcuni. “Il McCain 3.o è l’ultima versione disponibile del software: un conservatore rinato, meno idealista e più cinico, calcolatore fino al punto di costruire ponti di dialogo verso quelli che in passato gli hanno rifilato solenni bastonate”. E qui il pensiero va al clan Bush, al “push polling” – le telefonate anonime orchestrate dal diabolico Karl Rove per denigrare Mac alle presidenziali del 2000.

Nonostante le bastardate di Rove, McCain non ha mai fatto mancare il suo sostegno alla Guerra al terrorismo e la sua fedeltà al partito repubblicano. Ma vanno ricordate le sue (pesanti) critiche alla “retorica della vittoria” sposata dall’amministrazione Bush dopo la caduta di Saddam. Con le sue richieste (più truppe, più intelligence, un maggiore controllo del territorio), Maverick ha anticipato la strategia del generale Petraeus, denunciando senza timori gli errori degli Usa in Iraq, Guantanamo e Abu Ghraib compresi. Alla fine i due eterni rivali si sono riabbracciati e un Bush sempre più sotto formalina ha dato la sua investitura ufficiale al successore. Nel frattempo Mac diventava il beniamino dei democratici, che lo hanno corteggiato a lungo sperando che passasse nelle fila degli indipendenti. Alla fase 3.0 appartiene anche il riavvicinamento alla base evangelica del partito, quella più ortodossa e intransigente che John aveva attaccato in passato. Una volta Mac definì il potentissimo reverendo Jerry Falwell un “agente dell’intolleranza”. Nel 2006 i due hanno deposto le armi, e da allora con gli evangelici è tregua armata.

“Il punto centrale del McCainismo è che non bisogna condividere tutte le posizioni del senatore. E’ sufficiente soltanto capirne lo spirito,” spiega Mallaby. Ed è per “afferrare quello spirito” che i tre giornalisti italiani hanno scritto il libro, “avendo negli occhi gli snodi, i dolori, le passioni, i trionfi e le batoste di un uomo più vecchio della polvere”. Soltanto ripercorrendo la sua vita si comprendono le sue scelte. “E, forse, si può provare a prevedere anche il passo successivo, il McCain 4.0”. E’ una lettura che mostra come l’esperienza sia l’asso nella manica di John. L’“age power”, il potere dell’età, come ha spiegato Emilio Carelli – il direttore di Sky Tg24, nella nota al libro dei colleghi. La vecchiaia è un valore aggiunto che invece di immaginare il futuro senza guardare al passato – come fa Obama, ricorda il passato per determinare il futuro.

In questo passato c’è una seconda moglie reginetta di bellezza, la biondissima erede dell’impero Bud, che dopo lo scandalo Keating ha dovuto fare i conti con la scimmia da barbiturici. Cindy non va in cerca di copertine e si tiene a distanza dai riflettori della campagna elettorale. Preferisce viaggiare negli angoli più disgraziati del mondo, dall’Angola al Kosovo, battendosi per la solidarietà. Ma c’è soprattutto la famiglia McCain, il padre, il nonno, la Marina, le sue radici. “Il codice Jack”, sperimentato dal padre quando era al comando del sottomarino Gunnel durante la Seconda Guerra mondiale: “dare tutto ai propri uomini per ricevere in cambio solo la lealtà”, avere devozione per la libertà e non limitarsi a difendere soltanto i propri interessi. Infine c’è la "madre-soldato", Roberta, che una volta, a proposito delle guerre combattute dagli Usa, disse al nostro ministro Martino: "Se frigniamo noi che siamo i privilegiati cosa dovrebbero fare i poveracci che vengono mandati a combattere e a morire senza averlo mai chiesto?". Dire la verità, sempre e comunque. Farlo in modo rude, se necessario. E’ questa la Dottrina McCain.