Finalmente gli psichiatri americani dicono che la morte non è un diritto

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Finalmente gli psichiatri americani dicono che la morte non è un diritto

18 Dicembre 2016

L’eutanasia e la legalizzazione del “diritto alla morte” avanzano, ma contemporaneamente comincia a vedersi qualche piccola resistenza. Non sono soltanto i “soliti cattolici”, quelli fissati con la tutela della vita, ma i medici: è tra chi ha fatto il giuramento di Ippocrate, e lotta tutti i giorni con la malattia e il dolore, che comincia a serpeggiare il rifiuto di dare la morte come fosse un trattamento sanitario tra gli altri.

La American Psychiatric Association, in accordo con la posizione dell’American Medical Association sull’eutanasia medica, dichiara che uno psichiatra “non deve prescrivere né dispensare alcun intervento nei confronti di un malato non terminale allo scopo di causarne la morte”.

Un breve ma importante documento della potente associazione statunitense, che segna il primo, sonoro stop alla tendenza eutanasica che sta dilagando nei paesi occidentali.

Il no all’eutanasia di malati psichiatrici, o comunque non terminali, infatti, non è tanto diretto agli Stati Uniti d’America dove, come sottolinea il Washington Post, solo i malati terminali hanno accesso all’eutanasia, laddove è consentita: l’APA e l’AMA hanno dato l’altolà al vicino Canada, dove recentemente il suicidio assistito è consentito a malati mentali, e ai colleghi in Olanda e Belgio.

Ricordiamo che qualche settimana fa, in Belgio, alcuni ministri hanno dichiarato di voler modificare la legge sull’eutanasia, già consentita ai minori, per estenderla anche a chi, semplicemente, considera conclusa la propria esistenza. 

Dire NO all’eutanasia di persone non terminali significa infatti negare il principio del “diritto a morire” che, in quanto diritto, dovrebbe essere accessibile a chiunque ne faccia richiesta, in base alla percezione soggettiva della propria condizione o, più semplicemente, in base alla propria indisponibilità a continuare a vivere. 

La posizione ufficiale delle due associazioni non può certo passare inosservata, e farà discutere sicuramente: si tratta di un NO che potrebbe diventare un principio etico globale, visto il peso delle due sigle, e ha tutte le carte per segnare l’inizio di una svolta, almeno nel panorama dei cosiddetti “nuovi diritti”.

Svolta maturata nei mesi scorsi, sicuramente, ma felicemente coincidente con l’addio dell’amministrazione Obama, che di questi diritti si è fatta paladina, e l’avvio di quella Trump.