Finanziaria 2010 e “delega lavoro”: settimana calda per il Parlamento

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Finanziaria 2010 e “delega lavoro”: settimana calda per il Parlamento

24 Novembre 2009

E’ la discussione sul ddl 1167 – Delega sul lavoro pubblico e privato – ad aprire questo pomeriggio i lavori in aula al Senato. Il provvedimento è un pezzo antico della Finanziaria dello scorso anno, da cui fu stralciato alla Camera il 5 agosto 2008 per divenire un testo autonomo approvato dallo stesso ramo del Parlamento il 28 ottobre 2008 e trasmesso il giorno seguente al Senato. Originariamente, il disegno di legge si identificava per le misure (di rilievo) relative alla delega sui lavori usuranti e per quelle relative alla riforma del processo del lavoro. Oggi, nella consistente mole in cui si presenterà in aula al Senato – da 28 è arrivato a 80 articoli –, si ritrova arricchito di numerose novità nella più tradizionale delle esperienze di “manovra fuori corso”.

Parte così l’ultimo round parlamentare prima di Natale. In aula al Senato il ddl 1167 resterà oggi, domani e giovedì. Poi sarà la volta della discussione sul decreto legge per la proroga delle partecipazione a missioni internazionali (scadenza 3 gennaio), a partire da martedì della prossima settimana insieme al ddl sull’introduzione nel codice penale del reato di tortura. Quanto ai lavori in Commissione, sempre al Senato, diversi i temi “caldi”: la sicurezza stradale, le nuove norme sulle cure palliative, la Comunitaria 2009. Ma l’attenzione, e la tensione politica, resta alta soprattutto su due temi: la riforma del processo penale e lo stop alle intercettazioni. Ai quali si potrebbe aggiungere l’altro tema, di altrettanto effetto-tensione, quello del “processo breve” in calendario sin da oggi in commissione Giustizia.

Fiore all’occhiello dei lavori al Senato è la nuova legge sul bilancio pubblico. Dopo più di 30 anni, la vecchia e cara “legge finanziaria” andrà in meritato riposo per lasciare spazio alla nuova e più moderna “legge di stabilità”. Già questa settimana il Senato, con il sì definitivo al ddl arrivato dalla Camera, potrebbe coronare la vittoria di un’inaspettata riforma (quarto tentativo soltanto nel nuovo millennio). La nuova legge potrebbe entrare in vigore il prossimo anno con diverse deleghe al Governo, tra cui quella per la riforma dei sistemi contabili delle amministrazioni pubbliche; quella per la riforma del controllo di regolarità amministrativa e contabile; quella per un Testo unico delle disposizioni in materia di contabilità statale e tesoreria. 

L’agenda dei lavori alla Camera è tutta incentrata sulla Finanziaria 2010. Con diversi (e seri) nodi da sciogliere. Entro venerdì della prossima settimana (4 dicembre) dovrebbe concludersi l’esame in sede referente per avviare la discussione in aula a partire dal successivo lunedì (7 dicembre). I temi “caldi” da affrontare sono gli stessi affrontati in Senato: sostegno alle famiglie, aiuti alle imprese e l’immancabile questione “Irap”.

Ad aprire questo pomeriggio i lavori in aula al Senato, dunque, sarà la “delega lavoro”, il vecchio ddl 1441-quater collegato alla Finanziaria 2008 e ora divenuto ddl 1167. Diverse le novità, come si accennava. A partire dalle deleghe al Governo, tra cui la revisione delle norme in tema di lavori usuranti; la riorganizzazione degli enti sottoposti alla vigilanza del ministero del lavoro; il riordino della disciplina in materia di congedi, aspettative e permessi (con novità, peraltro, che concernono il riscatto contributivo dei periodi di congedo di maternità o parentale fuori dal rapporto di lavoro). Non meno incisive e interessanti le altre disposizioni, alcune già presenti nell’originario provvedimento (il ddl 1441-quater), altre (la maggior parte) introdotte in sede referente. Le novità riguardano la revisione delle sanzioni previste per le ipotesi di lavoro sommerso; le modifiche al diritto di studio, alla mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni; la territorializzazione delle procedure concorsuali; la previsione di misure di contrasto alle discriminazioni nel pubblico impiego.

Troppo complesso e riduttivo il tentativo di dare un quadro di sintesi delle (numerose) novità; due di queste, però, meritano attenzione particolare e sono le norme in tema di licenziamento e quelle relative al processo del lavoro. La prima consiste in alcune modifiche alla legge n. 604/1966, quella che ha introdotto il divieto di licenziamento tanto per intenderci (divieto del quale il più famoso “articolo 18” dello Statuto dei lavoratori ne rappresenta un’appendice, prevedendo la sanzione della reintegrazione nel posto di lavoro). Con le nuove disposizioni, in pratica, ci sarà un termine di decadenza per impugnare il licenziamento: 60 giorni (il testo originario prevedeva 120 giorni) dalla ricezione della sua comunicazione, ovvero dalla comunicazione dei motivi se non contestuale. Una volta decorso questo termine, non sarà più possibile rivolgersi ad un giudice per far invalidare la risoluzione di un rapporto di lavoro dipendente.

La seconda novità introduce una procedura unica per il tentativo di conciliazione allo scopo preciso di velocizzare e ridurre il contenzioso. Procedura unica perché si applicherà a tutti i rapporti di lavoro, pubblici e privati. Sarà esperibile peraltro non solo presso le direzione provinciali del lavoro o in sede sindacale, ma anche presso le sedi di certificazione dei contratti di lavoro. Ove la conciliazione non dovesse riuscire, la commissione sarà obbligata a formulare una proposta bonaria di definizione della controversia vincolante per il giudice.

Notoriamente, è il contenzioso sul lavoro quello che maggiormente affolla le aule dei tribunali: le due misure, sotto questo aspetto, si muovono decisamente nella direzione giusta per falciare un gran numero di occasioni per nuove cause. Dall’intensificazione delle procedure di risoluzione “pacifica e contrattata” delle controversie (la seconda novità), addirittura, può auspicarsi la smorzatura sul nascere della “tentazione” di adire un giudice. La decadenza per l’impugnazione dei licenziamenti (la prima novità) invece rappresenta una norma di “giustizia sociale” nei confronti del mondo delle imprese: oggi, infatti, il pericolo del ricorso resta appeso per 10 anni. Compromettendo non soltanto la serenità dell’imprenditore, ma soprattutto i piani di riorganizzazione del personale e le conseguenti nuove assunzioni.