Finanziaria, passa la sanatoria sui precari in attesa del rush finale
15 Novembre 2007
Intervenendo dagli scranni di Palazzo Madama, il senatore Gaetano Quagliariello ha invitato i colleghi della sinistra a fare “empatia”. L’esponente di Forza Italia si riferiva agli oltre 70mila vincitori e idonei in regolari concorsi, tenuti fuori dalla pubblica amministrazione a causa del blocco del turn over, beffati senza pietà dalla Finanziaria in discussione. Ma evidentemente l’Unione deve aver preso alla lettera la sua esortazione, e vista la situazione in cui versa il governo Prodi ha definitivamente – ed empaticamente – fatto sua la causa dei 400mila precari dei pubblici uffici. Anche se, va detto, con i soldi che la manovra ha destinato alla stabilizzazione di massa potrà esserne assunto soltanto un migliaio, mentre i restanti 399mila resteranno appesi ad un’aspettativa che il carattere generale della norma avrà reso legittima.
Si è aperto con questo capolavoro, architettato dalla sinistra radicale e completato dalla labile foglia di fico dell’emendamento D’Amico, il rush finale nell’aula del Senato. Il clima è surriscaldato. Ogni gesto, anche il più naturale, è interpretato secondo i codici della politica e contribuisce ad alimentare la ridda di illazioni sulle sfumature determinanti con cui i “malpancisti” della maggioranza decideranno di connotare le loro posizioni. L’approvazione di un emendamento di Forza Italia, complici due senatori eletti all’estero e due del mini-gruppo dei diniani (tra cui lo stesso ex premier, che ha liquidato l’episodio come frutto della confusione dell’aula), non ha contribuito a rasserenare il clima. E anche se i book-makers di Palazzo sembrano ormai propendere per la “fumata bianca”, l’attesa è tutta concentrata sul discorso che Dini e il duo Bordon-Manzione pronunceranno al momento della dichiarazione di voto per il verdetto finale sulla manovra.
Se infatti i dissidenti, a prescindere dal voto contingente, dovessero decidere di smarcarsi apertamente dal governo e dalla maggioranza che lo sostiene, la crisi sarebbe soltanto rinviata, e neanche di molto. Oltre all’appuntamento ad alta tensione con il protocollo sul welfare, infatti, c’è chi fa notare che alcuni settori dell’Unione – soprattutto l’ala sinistra – potrebbero approfittare dei numeri ben più solidi della Camera per modificare a Montecitorio la Finanziaria, che a quel punto dovrebbe poi tornare in Senato con tutto quel che ne consegue.
La partita, dunque, è più che mai aperta. Anche perché dal dibattito parlamentare degli ultimi giorni è apparso chiaro come la posizione dei moderati dell’Unione, che a parole contestano governo e Finanziaria e al momento di votare fanno il contrario, sia sempre meno sostenibile, in primo luogo da parte dei diretti interessati. Lo si è ben visto proprio durante la discussione sulla stabilizzazione dei precari della PA. Al senatore liberaldemocratico Natale D’Amico l’arduo compito di spiegare perché l’emendamento a sua firma non costituisse di fatto un cedimento ai piani della sinistra estrema. Quagliariello lo ha accusato d’aver fatto il gioco delle tre carte, dando conto dei passaggi dell’emendamento che sembrano subordinare l’assunzione all’espletamento di procedure selettive di tipo concorsuale e tacendo i commi immediatamente successivi che lasciano aperta la porta anche ai tantissimi precari reclutati nella PA con procedure meno trasparenti e meritocratiche.
Alla capogruppo comunista Emanuela Palermi, che tanto s’era scaldata parlando dei precari, il senatore di Forza Italia ha chiesto di “conservare un margine d’indignazione per i giovani (i vincitori di concorso, ndr) ai quali lo Stato ha chiesto impegno, tempo, studio, e che poi ha lasciato fuori dalla porta”. A D’Amico, che ha provato a minimizzare affermando che in fondo la norma riguarda solo quel migliaio di posizioni che “possono” essere stabilizzate con la copertura economica prevista, ha ribattuto che “quel ‘possono’ regge quanto retto, e forse anche meno, dalla capanna di paglia nella favola dei tre porcellini”.
E mentre gli spettatori, nei corridoi del Senato, si chiedevano se la citazione dei tre porcellini fosse un sottile riferimento a Dini, D’Amico e Scalera, l’aula approvava l’articolo della manovra, e Diliberto tuonava nelle agenzie di stampa: “E’ una vittoria dei comunisti!”. Chissà come si sarà sentito il liberaldemocratico Natale D’Amico sapendo di avervi contribuito in maniera così determinante…