Fine dell’amnesia. Resuscitati Dio e Gerusalemme
07 Settembre 2012
Quanto sia stata grave la malattia, quanto abbia fatto soffrire Obama l’amnesia che lo ha colpito quando si preparava la piattaforma del partito democratico, lo si vede, poveretto, dal fatto che gli erano passati di mente due fondamentali: Dio e Gerusalemme. O Santo Cielo, come ho fatto a scordarmene dottore? Sarà l’età? Presto, una medicina. E gli è passata, in verità.
Non si sa se Dio gli abbia personalmente ricordato che negli Stati Uniti si fa un guaio grosso dimenticandosi che senza la Sua benedizione si va poco lontano. Comunque, è rientrato nella Carta: “Il governo deve aiutare la gente a utilizzare al meglio il potenziale donatole da Dio”. Una formula sguincia, ma almeno c’è. E anche Gerusalemme è tornata ad essere la capitale dello Stato d’Israele. Ma non è una vittoria del buon senso quanto un gesto di opportunismo affannato, come tornare a chiamare il marito col suo nome dicendogli anche “amore” dopo averlo scambiato insistentemente con l’amante. Resta il dubbio di chi sia il vero amore. La micidiale volgarità della gaffe, la paura di pagarla troppo cara e certo le proteste degli ebrei di sinistra disperati, hanno costretto a riscrivere la piattaforma e ora, come nel 2008: “Gerusalemme è e resterà la capitale di Israele”.
I delegati hanno votato a voce (gridando “si” o “no”) per tre volte, e non si capiva se il partito fosse convinto. Alla fine il presidente Antonio Villaraigosa, sindaco di Los Angeles, ha detto che anche chi aveva assentito con la testa era favorevole. Alè, dentro. Ma è difficile che allora i democratici che ci tengono a Gerusalemme capitale possano votare Obama a cuor leggero.
La brutta figura del presidente è il compimento di una storia quadriennale di antipatia per Israele. Checché ora ne dica lui.
Tratto da Il Giornale