Fini a Ballarò. Bondi: “Mi ha amareggiato”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Fini a Ballarò. Bondi: “Mi ha amareggiato”

02 Dicembre 2009

“L’intervento di Fini nel corso della puntata di ieri di Ballarò mi ha particolarmente amareggiato”. Lo afferma il ministro per i Beni culturali e coordinatore del Pdl Sandro Bondi.

“Innanzitutto – spiega – perché nel corso di tutta la trasmissione ho cercato di difendere, in contraddittorio con le posizioni Di Pietro, le ragioni del Pdl in materia di rapporti fra politica e giustizia, ribadite nel documento approvato all’unanimità dall’ufficio di presidenza del partito, distinguendo sempre tra la magistratura nel suo complesso, nei confronti della quale non possiamo non avere fiducia, e alcune frange di magistrati politicizzati, che hanno alterato e alterano un giusto equilibrio fra i diversi poteri e ordini dello Stato”.

“Il problema non era e non è, quindi – continua il ministro per i Beni culturali -, come ho tentato di sostenere durante tutta la trasmissione, la giusta distinzione tra la sfera della democrazia, la sfera del consenso democratico che è all’origine della legittimità della politica, e quella della legalità, cioè della sottomissione alla legge anche di coloro che sono investiti di una rappresentanza politica, sia pure nei limiti della reciproca autonomia e indipendenza. Di questo problema tuttavia non può essere investito il presidente del Consiglio, che non ha mai preteso di confondere il consenso di cui gode nel Paese con un sorta di immunità. Se mai, dal 1992 ad oggi, è accaduto esattamente il contrario, e cioè che una minoranza di magistrati ha ritenuto possibile ribaltare il verdetto elettorale degli italiani attraverso una evidente e drammatica persecuzione ai danni del leader di Forza Italia, prima, e del Pdl, ora”.

“È anche per queste ragioni che una persona come me – specifica il coordinatore del Pdl – proveniente dalla storia del Pci, che Gianfranco Fini ha giustamente ricordato, non poteva e non può riconoscersi nel giustizialismo che la sinistra ha abbracciato in Italia come sostitutivo dell’ideologia e come scorciatoia per conquistare il potere senza aver portato a compimento, ancora oggi, un necessario rinnovamento politico e culturale. Ed è la stessa ragione – conclude Bondi – per cui ieri sera, da Gianfranco Fini mi sarei aspettato parole che fugassero la sgradevole impressione che non si può non ricavare dalla sua conversazione con il procuratore della Repubblica di Pescara”.

La pubblicazione online di un fuorionda di Gianfranco Fini con il procuratore di Pescara, Nicola Trifuoggi ha suscitato una vera e propria tempesta politica. Fini parla, durante un convegno, di un premier che “confonde il suo consenso con l’immunità”, definisce le rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza sul premier “una vera bomba atomica”. Berlusconi furibondo fa replicare il portavoce del Pdl Capezzone: la linea su giustizia e pentiti è stata decisa dal Pdl, Fini spieghi se è d’accordo. Il presidente della Camera ha prontamente risposto quindi in serata telefonando in diretta alla trasmissione di Floris, Ballarò: “Berlusconi non c’entra nulla con la mafia. Ma io non ho nulla da chiarire e non cambio opinione, chi governa deve rispettare gli altri poteri”.

“Il governo fino a quando ha la maggioranza ha il dovere di garantire gli impegni presi con gli elettori” ha aggiunto Fini, rivolto al ministro dei Beni Culturali Bondi presente in studio: “Al mio amico Bondi con amabilità dico che io sono presidenzialista convinto dai tempi in cui lui militava col Pci, non ho cambiato opinione” ma “il presidenzialismo che c’è negli Stati Uniti o in Francia presuppone che ci sia da parte del capo dell’esecutivo innanzitutto rispetto verso gli altri poteri che in una democrazia ben organizzata garantiscono pesi e contrappesi”. Questo “vuol dire che Berlusconi eletto dal popolo, seppure in modo improprio perché noi siamo una democrazia parlamentare ma sulla scheda elettorale c’è il nome del capo del candidato premier, ha il dovere di continuare a governare, ha il diritto di governare e il dovere di rispettare gli altri poteri: quello giudiziario, il Parlamento e ovviamente tutti gli organismi di garanzia che nella nostra Costituzione ci sono e hanno prerogative ben precise, la Corte Costituzionale, il Capo dello Stato, le varie magistrature”. “Non mi si dica che è una novità – ha insistito Fini – perché queste cose le ho dette in privato a Berlusconi, in pubblico in mille circostanze. Non ho nulla da chiarire e su questo non cambio opinione”.

La vicenda ha dato lo spunto al Giornale per un nuovo affondo contro Fini ormai da diverso tempo nel mirino del quotidiano diretto da Vittorio Feltri. “Fini è nudo” esordisce l’articolo a firma di Vittorio Macioce che già dal titolo è decisamente esplicito: “S’è tradito, chiarisca o si dimetta”. “A questo punto non c’è più altro da dire – si legge nell’apertura del quotidiano della famiglia Berlusconi -, Niente alibi, niente sospetti. Non servono le supposizioni. (…) L’attore si toglie la maschera e mostra il suo vero volto. E’ l’ora della verità e per Gianfranco Fini è arrivata”. Non solo: “Fini da tempo sta giocando un’altra partita. Il Pdl non è più il suo progetto”. E ancora: “Fini è l’uomo dell’Enola Gay, della bomba atomica giudiziaria, della scissione dell’atomo politico. Finalmente e così sia”. Libero, altro giornale vicino al Pdl, con un gioco di parole sull’accaduto parla invece di un Fini “ormai fuori onda”. Per il direttore Maurizio Belpietro, da quelle frasi “si capisce che il presidente della Camera ha fretta di archiviare Berlusconi e spera che una mano gliela dia la magistratura con il solito pentito”. Belpietro arriva ad attribuire a Fini “un sentimento di rancore a lungo covato e una voglia di berlusconicidio nascosta a fatica”. Poi la conclusione: “La terza carica dello Stato continuerà a cavalcare fuori onda, alla larga da Berlusconi. Ma non andrà lontano”.