“Fini, Casini e Bersani vogliono fare a Roma il ribaltone deciso in Sicilia”

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“Fini, Casini e Bersani vogliono fare a Roma il ribaltone deciso in Sicilia”

12 Novembre 2010

La mossa di Fini, l’asse con Casini, il feeling con Bersani&Co. Segnali che portano in un’unica direzione: riproporre a Roma quello che Fini, Casini e Bersani hanno messo in piedi in Sicilia con l’ultima edizione del governo Lombardo. In altre parole, un ribaltone. E’ un’opzione che Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno, non esclude leggendo tra le pieghe della crisi che si è aperta dopo il no di Fini al Berlusconi-bis e quello del Cav. alle dimissioni. Lunedì i finiani usciranno dal governo, oggi Pd e Idv “informato Casini”, recita la nota ufficiale, hanno presentato alla Camera la mozione di sfiducia che potrebbe incassare la convergenza (e i voti) di Fli. Nelle stesso ore al Senato il Pdl ha messo a punto una mozione nella quale si invita “il governo a proseguire nella sua azione secondo le linee tracciate dal presidente del Consiglio”. Un testo del quale verrà chiesta la calendarizzazione “in tempi che non intralcino l’approvazione del documento di bilancio e della legge di stabilità”. Alla fine, il timing della crisi potrebbe essere dettato proprio dal Parlamento e dalla battaglia sulle mozioni tra maggioranza e opposizione.

Sottosegretario Mantovano, che succede ora?

Dipende dalle decisioni che assumerà la maggioranza al rientro di Berlusconi da Seul. E’ evidente che un pezzo di maggioranza non c’è più, non è più disponibile a sostenere il governo mentre è disponibile ad iniziative dissennate, fuori e dentro i confini nazionali.

Cosa intende?

Sul fronte internazionale, sono stati messi in forse accordi delicatissimi, con equilibri difficili non solo da raggiungere ma da mantenere, come l’intesa con la Libia. Sul fronte interno, una parte della maggioranza è pronta a staccarsi e a sostenere un esecutivo di centrosinistra come quello presieduto da Lombardo in Sicilia. E non stiamo parlando di un Comune ma di una regione a statuto speciale, con milioni di abitanti.

Sta dicendo che il modello Sicilia potrebbe tradursi nel ‘ribaltone’ a livello nazionale?

La Sicilia non è un territorio di secondo piano e se lì è stato dato seguito al progetto che tutti conoscono, nessuno può escludere che non possa essere riproposto a livello nazionale. D’altra parte, lo stesso Granata ha annunciato che pur di battere Berlusconi, Fli è pronta ad allearsi anche con Vendola. Non è una novità, lo aveva già dichiarato recentemente in un’intervista a La Stampa, e lo abbiamo visto in questi giorni in Parlamento e sul territorio. Le parole di Fini prima a Mirabello poi a Perugia mi sembrano inequivocabili. L’obiettivo finale è l’eliminazione di Berlusconi dalla scena politica.

Come? Qual è lo scenario più verosimile?

Le mie sono considerazioni personali ma provo a fare un ragionamento che cerchi di porsi più in sintonia possibile col senso di responsabilità che dovrebbe coinvolgere tutti, maggioranza e opposizioni e che è stato sollecitato dal presidente Napolitano a proposito dei conti dello Stato che non possono essere messi in discussione e della legge di stabilità, un documento di bilancio che è la proiezione della manovra economica approvata a luglio che ha permesso di confermare la stabilità dell’Italia sui mercati finanziari, le sedi europee e internazionali più qualificate. Ora, rispetto all’invito autorevole del capo dello Stato, ciò che ha dichiarato il finiano Moffa non mi pare vada nella stessa direzione, perché annuncia l’astensione sulla fiducia che il governo ha posto sul provvedimento anche se poi nel voto finale daranno parere favorevole. Tuttavia, il varo della norma non corre rischi, la maggioranza ha i numeri anche senza finiani; tanto che al Senato hanno già detto che voteranno a favore. Il punto di inciampo non è questo, potrebbe essere tutto il resto se perfino una mozione apparentemente ‘innocente’ su un trattato sottoscritto dal precedente governo e applicato da quello attuale diventa motivo di scontro radicale.

I finiani hanno mandato sotto per tre volte il governo sul trattato Italia-Libia e in particolare sul capitolo dei respingimenti. Che significa sul piano operativo? E su quello politico?

Il trattato è stato semplicemente il pretesto usato dai finiani per distinguersi e per dare alle parole di Fini da Perugia l’unico seguito parlamentare che in quel momento era disponibile. Se invece dell’accordo Italia-Libia si fosse votato sul sostegno al parmigiano in Argentina, sarebbe accaduto lo stesso.  

Una mozione parlamentare non scardina l’intesa tra due Stati ma a livello di relazioni con la Libia quali effetti può provocare?

Senza dubbio il voto a Montecitorio rappresenta un segnale preoccupante oltre i confini nazionali. Va aggiunto che le motivazioni di questo voto argomentate dall’opposizione e da Fli sono totalmente distanti dalla realtà.

Perché?

Si sono invocati i diritti umani e credo che perfino Italo Bocchino convenga sul fatto che il diritto più importante è quello alla vita. Da quando esiste l’accordo operativo con la Libia, ci sono decine di migliaia di persone che non muoiono più nelle acque del canale di Sicilia, come invece avveniva prima. Si è parlato di garanzie del diritto all’asilo politico: chiedo all’opposizione e a Fli di fare il nome di un solo straniero che abbia chiesto all’Italia asilo politico e la cui richiesta non abbia avuto un seguito in termini di esame da parte della commissione deputata a questo compito. Si è parlato, infine, di un governo troppo condiscendente con la Libia; non è così e ricordo che si sta parlando di un accordo tra Stati sovrani che ha permesso ad uno di questi – il nostro – di entrare in acque internazionali e se necessario in quelle libiche per svolgere una funzione di supporto alle unità navali libiche e riportare nel loro territorio i clandestini. Tutto questo accade con un’Italia che continua ad essere tra i Paesi dell’Unione europea che accolgono il maggior numero di domande di asilo e di protezione umanitaria, sia un termini percentuali che assoluti.

Ma l’Ufficio Onu per i rifugiati politici a Tripoli è stato chiuso.

Nessun libico ha cacciato da Tripoli il dipartimento che si occupa di rifugiati politici; quell’ufficio sta ancora là e se qualcuno se n’è andato lo ha fatto spontaneamente. Non solo: l’Italia ha sollecitato l’Europa a trattare con la Libia per raggiungere un accordo finalizzato a garantire i rifugiati politici già sul territorio libico, ma finora l’Europa è rimasta ferma. Un’opposizione responsabile concorrrerebbe con il governo per fare pressing in tutte le sedi europee compreso il Parlamento, affinchè l’Europa si dia una mossa. In Italia il paradosso è che non solo l’opposizione rema contro ma adesso anche una parte della maggioranza si stacca e vota contro l’operato del governo.

Avete avuto reazioni dalle autorità libiche?

Non abbiamo avuto segnali ma siamo abbastanza amareggiati e per certi aspetti preoccupati perché un accordo di questo tipo richiede una compattezza come nazione che in questo caso non c’è stata. Non sono in grado di valutare le possibili reazioni sul fronte libico; mi auguro che guardino solo alla fermezza del governo e non al fatto che una metà del Parlamento ha assunto posizioni diametralmente opposte.

Restiamo oltre i confini nazionali. Come giudica l’ingresso nell’Unione Europea di Serbia e Bosnia?

L’ingresso di Bosnia e Serbia è stato preceduto da un accordo sui visti operativo nel giro di pochissime settimane. In linea di principio è positivo il fatto che cadano barriere all’interno dei confini geografici dell’Europa, ma non è tutto rose e fiori.

Quali sono i rischi?

Ci aspettiamo una maggiore collaborazione da parte delle autorità di sicurezza serbe e bosniache in termini di interscambio non solo di cittadini ma anche di informazioni. Siamo ancora scottati, ad esempio, dal gap informativo che un mese fa ha riguardato la preparazione della partita Italia-Serbia.

Ci saranno flussi massicci migratori?

Faremo in modo che ciò non si verifichi.

Come?

Con accordi tra forze di polizia e soprattutto tra i rispettivi governi. E’ chiaro che se le norme europee sulla circolazione delle persone fossero più serie e un po’ più rigide a proposito di allontanamenti di persone prive di reddito che vivono ai margini o di piccoli illeciti, staremmo tutti più sicuri. Noi abbiamo inviato alcune disposizioni in materia di allontanamenti di cittadini comunitari indesiderati all’esame della commissione europea per avere una sorta di via libera che ci consenta di rendere effettivi gli allontamenti: auspichiamo che su questo ci sia da parte dell’Europa una forte risposta di attenzione.

Torniamo alla politica italiana. Secondo lei si va a elezioni anticipate?

Ad oggi mi sembra lo scenario più probabile.

Se si guarda a due anni fa, alla forza numerica di questo governo e alla possibilità di mettere in campo finalmente le riforme necessarie alla modernizzazione del Paese, quanto sta accadendo oggi sembra surreale.

Non c’è dubbio, è surreale. Tanto per far capire quali sono le reali motivazioni del contendere, le dico che ho partecipato a un convegno organizzato dai funzionari di polizia e prima di me ha parlato Italo Bocchino il quale ha detto che Fli è il partito della legalità. Sfido a trovare una forza politica che in pubblico dichiari di essere per l’illegalità e per il non rispetto delle regole. Di questo passo c’è da aspettarsi che i finiani si rivolgano agli italiani più o meno così: quando stasera tornate nelle vostre case accarezzate i vostri bambini e dite loro che gli vogliamo bene. Questa frase la diceva cinquant’anni fa un autorevolissimo uomo vestito di bianco che abitava vicino a San Pietro: spero che la politica non voglia arrivare a tanto.