Fini chiede il congresso del Pdl  ma prima dovrebbe chiudere quello di An

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Fini chiede il congresso del Pdl ma prima dovrebbe chiudere quello di An

24 Giugno 2010

Gianfranco Fini vuole il congresso del Pdl, lo mette tra i punti dell’accordo con Berlusconi, ne rileva la necessità in pubblico e nei colloqui ristretti coi suoi. Richiesta assolutamente legittima, ma prima il presidente della Camera dovrebbe chiudere, una volta per tutte, il congresso di An. Quello che di fatto, tra un convegno e l’altro, tra una fondazione e l’altra messe in piedi ormai con cadenza settimanale, dura da un anno. L’ultima nata nella galassia aennina che ne conta già cinque,  è Area Nazionale, associazione di ispirazione finiana guidata da Roberto Menia e Silvano Moffa. Ma il Cav. è pronto alla scomunica: "No a fondazioni mascherate da correnti".

Al netto delle intenzioni e del clichè “non siamo una corrente”, di fatto si tratta una corrente dentro la corrente che fa capo al presidente della Camera.  Di associazioni, movimenti cultural-politici se ne contano già cinque nell’ex partito di via della Scrofa (Gasparri, La Russa, Matteoli, Alemanno, Augello, oltre a Fini), un po’ troppo per un Pdl che ha mandato in soffitta i riti della vecchia politica. Insomma, un vero e proprio arcipelago di sigle e aderenti che non piace per nulla al Cav.

Il livello di tolleranza pare arrivato al limite se anche ieri – come aveva fatto nei giorni scorsi – ha rinnovato la sua scomunica alle componenti interne organizzate: “No a correnti mascherate da associazioni o fondazioni”. Un altolà che pare cucito addosso all’ultima arrivata in casa degli ex An ma che si estende anche all’area ex forzista dove negli ultimi due mesi si registra una certa tendenza al movimentismo.

Ma è nel campo di An che le cose girano più velocemente: finiani contro colonnelli, parte dei finiani contro i finiani, big che battezzano associazioni cultural-politico nel sottile gioco dei posizionamenti interni, gruppi che si coalizzano per contrastare i potenziali avversari. Un gioco, osservano alcuni berluscones di stretta osservanza, che pare indicare un quadro in movimento in vista del congresso del Pdl, nel 2012. 

Ma il rischio vero, o il paradosso, è il trasferimento del criterio delle correnti in un partito che le ripudia a prescindere e per statuto. “Area Nazionale” (l’acronimo An non è casuale) nasce sotto l’egida finiana, con un target anti-Lega e solidaristico-sociale. I fondatori sono Roberto Menia sottosegretario all’Ambiente e Silvano Moffa presidente della commissione Lavoro alla Camera, considerati tra i “lealisti” del Pdl dentro la pattuglia vicina all’inquilino di Montecitorio.

Ma a ben guardare, tra i finiani non sono tutte rose e fiori, come dimostra il fatto che non bastava la corrente guidata da Italo Bocchino alla quale, evidentemente, se n’è voluta aggiungere un’altra. Non contro, ma neppure troppo con.  Non è un mistero poi, che le posizioni di Menia non sono esattamente quelle dei ‘pasdaran’ Bocchino, Granata e Briguglio solo per citare i più oltranzisti, al punto che il sottosegretario all’Ambiente ha più volte criticato apertamente lo stile dell’ex vicepresidente dei deputati Pdl.

E se il buongiorno si vede dal mattino, c’è ragione di credere che tra le due componenti regnerà una calma apparente. La nuova componente aennina si strutturerà nel territorio, su base volontaria, annunciano i fondatori ed anche qui la competizione con la bocchiniana Generazione Italia è evidente. Il punto vero, però, è che di questo passo, il Pdl diventi facile terreno di conquista per chi è ancora ancorato alla logica correntizia.

Esattamente ciò che Berlusconi vuole scongiurare. E per questo si batterà fino in fondo, perché quell’arcipelago di fondazioni che mascherano delle correnti è roba da preistoria, da prima Repubblica. Chiaro il messaggio quando dice che il suo obiettivo "è stato e resterà sempre quello di semplificare la politica creando un grande partito dei moderati nel quale la maggioranza degli italiani, che non vuole tornare alla politica delle correnti e delle quote, si riconosce. Questo partito si chiama Popolo della Libertà, un patrimonio straordinario che appartiene a tutti quanti noi e che non va dilapidato ma, anzi, consolidato".

Chi ha avuto modo di parlarci ne descrive il livello di irritazione che poi si trasferisce in una nota ufficiale del partito nella quale critica i ‘pensatoi’ spuntati come funghi in questo ultimo anno.

Guai a mettere in discussione l’unita’ del partito e’ il messaggio che il premier continua a ripetere ed è il concetto che ha caratterizzato l’intera giornata del Cav.,  a partire dal messaggio affidato al sito ‘forzasilvio.it’ in cui il premier mette in chiaro di essere pronto a ”dare battaglia” a chiunque (avversario interno o esterno) voglia dividere il Pdl: ”Sarebbe un errore imperdonabile – spiega senza giri di parole -, è una prospettiva a cui mi opporrò con tutte le forze, sicuro di interpretare la volontà della nostra gente”.

Non è un messaggio rivolto solo ai finiani, assicurano i suoi fedelissimi, ma un concetto più generalizzato perché il fiorire di tante iniziative alla fine offre l’immagine di un partito frammentato al proprio interno. Insomma, il caos. L’irritazione del Cav. torna nella nota ufficiale del Pdl quando ribadisce "ancora una volta di essere contrario a qualsiasi frammentazione del Pdl, anche mascherata da fondazioni o associazioni che possono dare l’impressione di dar vita a correnti".

Non ci sono riferimenti specifici nelle sue parole, ma il concetto è chiaro: tutti compresi, nessuno escluso.