Fini, Di Pietro e l’intesa sull’antipolitica

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Fini, Di Pietro e l’intesa sull’antipolitica

08 Ottobre 2007

Gianfranco Fini e Antonio Di Pietro vicini. In questo strano autunno della politica può capitare che accada anche questo. Talmente strano perché se da un lato l’agenda politica italiana ormai è dettata da un comico, dall’altro può succedere di assistere alla nascita di alleanze, simpatie e “amorosi sensi” tra chi mai se lo aspetterebbe.

E’ il caso del leader di An e dell’ex Pm di Mani Pulite, oggi politico a tutti gli effetti, il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. Il tutto per lanciare una proposta unitaria di riduzione dei costi della politica. Sia chiaro, loro stessi hanno precisato che questo prescinde da “inciuci” e prospettive di alleanze politiche. Tutto fatto per amore di “Patria” o meglio per ridurre i gravami e le ingiustizie nei confronti del contribuente.

Iniziativa lodevole non c’è che dire e, forse, sotto certi aspetti anche oculata visto che i media non parlano d’altro. Un po’ meno impatto avrà sulla gente visto che più delle spese pazze della politica in questo momento l’attenzione sembra essere più su quelle proprie. Cioè a far quadrare i conti alla fine del mese. Fatto sta che i due hanno voluto mettere a segno un colpo e soprattutto cercare di piazzare il cappello sopra una battaglia che fino ad ora era appannaggio solo di Grillo. Mossa ben studiata visto che viene dagli unici due politici che possono porsi come campioni della lotta alla casta.

Uno, infatti, è l’erede di quella tradizione missina che ha fatto proprio della gestione limpida e trasparente della cosa pubblica il suo faro. L’altro è colui che fece crollare, o meglio contribuì alla crisi della partitocrazia della Prima Repubblica svelando il sistema di finanziamento illecito della politica di allora. Naturale e sotto certi aspetti comprensibile che i due abbiano deciso di incontrarsi a metà strada e di lanciare la loro offensiva. Meno scontato è però valutare in prospettiva il risultato della loro iniziativa, che invece sta facendo storcere il naso a molti.

Ad esempio in An la presa di posizione del leader non è stata apprezzata. Non lo era stata quella di Alemanno diversi mesi fa con la sua fondazione Nuova Italia, quando invitò proprio Di Pietro ad un convegno, così non è stata con il grande capo di via della Scrofa. L’aver deciso di flirtare o quanto meno di gettare un ponte a colui che è stato sempre il gran accusatore del Cavaliere ha, quantomeno, fatto riflettere molti dentro e fuori il partito. Si dice che lo stesso Cavaliere sia rimasto perplesso per l’avvicinamento dell’insolita coppia.

In effetti davanti a Fini si parano poche strade per evitare lo “tsunami forzista”. An scende nei consensi e Forza Italia sfonda il 30 per cento. Il partito unico non si farà. Ed i rapporti con Berlusconi non sono ottimali. Da almeno due mesi non si vedono e gli incontri distesi sono un lontano ricordo. Chiaro che l’ex ministro degli Esteri debba trovare argomenti e iniziative per uscire dall’isolamento. Ecco allora l’idea di cavalcare la “tigre”, cioè il ciclone dell’antipolitica, con la speranza che questo contribuisca in termini di voti.

Ma sono molti a dubitare dentro e fuori al partito che la mossa porti consensi ad An. Non in pochi in questi giorni hanno fatto notare a Fini che finora l’unico a guadagnarci dal ciclone Grillo è stato proprio Berlusconi e senza che facesse nulla. La questione è che più che antipolitica quello che sta attraversando l’Italia in questo momento sia una crisi di rigetto nei confronti di una specie di politica e precisamente quella di questo centrosinistra, fatta di oltre cento tra ministri e sottosegretari, di maggioranze deboli e radicalismi di sinistra.

Forse, ed è questo che qualcuno ha suggerito all’ex premier, sarebbe stato meglio lasciare il centrosinistra da solo evitando di tendere la mano al Di Pietro di turno ed abbandonandoli a se stessi. Ma come detto dinanzi a Fini sono poche le strade che si parano e l’unico modo per evitare la valanga azzurra è proprio quello di aggirarla. In fin dei conti Fini nei momenti difficili è sempre ricorso alla tentazione della competizione del Cavaliere ed anche stavolta sembra tentato. Solo che gli è andata sempre male.

Dal canto suo Di Pietro semina critiche nella sua maggioranza dove ormai tutti lo additano come il futuro traditore. Come Fini anche lui deve distinguersi dal suo capo per cercare di evitare di essere penalizzato, o meglio di essere trascinato nel baratro. E così, a costo di predicare contro la sua stessa maggioranza, chiede il taglio dei ministri, il contenimento degli stipendi fino a chiedere anche la soppressione del suo ministero. Anche lui si gioca una partita fondamentale.

Non può permettersi che Grillo lo sfidi e lo batta sul suo terreno, quello della trasparenza e dell’onesta politica su cui, da quando era a Milano, si è creato il suo personaggio. Ma anche qui sono tante le incognite. Prima di tutto l’iniziativa all’esterno è parsa l’ennesima dimostrazione di una maggioranza senza identità, dove ognuno fa quello che vuole. Una mossa che può indebolire ulteriormente il centrosinistra e quindi avvicinare le elezioni ed il ritorno di Berlsconi. E poi basterà un semplice progetto di legge per frenare l’emorragia di voti, che colpisce anche Italia dei Valori? Ma vale la pena tentare, così avrebbe spiegato ai suoi fidi Di Pietro per evitare il tracollo.

Tentare, questa per ora  è l’unica certezza sia per Fini, sia per Di Pietro.