Fini ha preferito finire nei titoli dei giornali piuttosto che nei libri di storia

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Fini ha preferito finire nei titoli dei giornali piuttosto che nei libri di storia

08 Ottobre 2010

Personalmente, ho sempre guardato con simpatia al percorso politico di Gianfranco Fini. Agli inizi degli anni novanta del secolo scorso, come delfino di Giorgio Almirante, ha ereditato il Movimento Sociale-Destra Nazionale, un partito di non grandi dimensioni che occupava una piccola enclave nello spazio politico della prima repubblica. Attestato su una quota del cinque per cento circa, il MSI poteva contare su di un consenso fatto di nostalgici del fascismo (in calo per ovvie ragioni demografiche), o di persone amanti della legge e dell’ordine (settore che era potenzialmente in crescita), nonché di una platea di ribellismo giovanile (dove allignavano forti tentazioni antisistema). Tuttavia il partito era un po’ ossificato e sembrava non avere grandi prospettive. In quell’atmosfera politica, la pregiudiziale antifascista teneva ancora i voti della destra in frigorifero, come era stato per lunghi decenni

Riuscendo a capire per tempo che il lungo dopoguerra era finito e che gli equilibri della prima repubblica periclitavano, profittando anche del fatto che il suo partito era fuori da tangentopoli perché sostanzialmente escluso dalla spartizione partitocratica, Fini opera attivamente per rimettere in circolo il partito. La riconversione passa per varie tappe. Sul piano più direttamente politico ci sono le candidature a sindaco in alcune grandi città, dove si dimostra che la destra anche se non vince può competere seriamente per il governo. Sul piano dei contenuti programmatici abbiamo  la svolta di Fiuggi, del gennaio 1995, con la nascita di Alleanza nazionale. Vengono abbandonate in modo definitivo le tentazioni nostalgiche per abbracciare il profilo di una destra moderata ma democratica.

Sul piano delle alleanze c’è, soprattutto, l’accordo con Forza Italia. Un accordo che, nato in maniera un po’ improvvisata prima delle elezioni del 1994, viene confermato anche in seguito senza i tentennamenti e le giravolte della Lega. Così Alleanza nazionale resta all’opposizione per il quinquennio 1996-2001 e partecipa alle compagini di governo della XIV legislatura. Il passaggio successivo cioè trasformare l’alleanza di lunga durata in una nuova e più ampia formazione politica (il PdL), appare quasi obbligato. Peraltro, la semplificazione del formato partitico collima perfettamente con le propensioni istituzionali sempre manifestate da AN. Il presidenzialismo mal si concilia con un pluripartitismo spinto e porta con sé  una necessaria limitazione delle compagini politiche. Su di un altro versante un partito nazionale di orientamento conservatore può essere il necessario contrappeso agli egoismi localistici della Lega.

In sostanza, il percorso di Fini appare rimarchevole. Leader di un piccolo partito tenuto al bando, non solo lo legittima come forza di governo, ma, senza tradire l’ispirazione originaria, lo porta a confluire in una più grande formazione di destra moderata e di governo. Ripeto quanto ho già avuto modo di affermare in passato, una simile parabola politica non si può che considerare di altissimo profilo. Per quanto ha fatto in tutti questi anni Fini avrebbe meritato non solo la riconoscenza di tutti gli elettori, di destra come di sinistra, ma un posto di riguardo nei libri di storia. Debbo dire che sono stato sorpreso assai negativamente dagli ultimi sviluppi. La conflittualità interna alla maggioranza, che dura da mesi, mi è parsa una schermaglia politica assai poco sensata. Essa ha fatto crescere ulteriormente il peso della Lega, scombussolando la prospettiva di uno straccio di riforma che finalmente adegui la costituzione formale a quella materiale. Il passo successivo, cioè la decisione di far nascere un  nuovo partito, mi appare del tutto dissennata. Di partiti in Italia ne abbiamo fin troppi.

Rimandando a un’altra occasione considerazioni sistemiche più generali, concludo con una semplice constatazione. Contribuendo alla nascita di una destra moderata e di governo, Fini avrebbe meritato di passare alla storia. Adesso, non sappiamo se potrà essere ricordato nelle cronache per aver fondato un nuovo partito.