Fini, la sinistra e gli studenti non fanno male solo all’Università della Gelmini

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Fini, la sinistra e gli studenti non fanno male solo all’Università della Gelmini

25 Novembre 2010

Ma qualcuno ha capito perché stanno manifestando gli studenti universitari che da due giorni si appollaiano sui tetti della capitale, si asserragliano fuori dei palazzi delle istituzioni, trovano ogni espediente per arrivare allo scontro con le forze dell’ordine, disertano le lezioni universitarie invece di frequentarle?

Di tutte le interviste lette e sentite, delle dichiarazioni ufficiali o ufficiose, quelle strappate di straforo e anche quelle concordate, c’è davvero un qualche motivo di dissenso su uno specifico provvedimento della riforma che meriti un appoggio così ultimativo e appassionato del corpo studentesco? Che cosa potrà mai cambiare nella vita accademica di ciascuno di quei manifestanti se il mandato del Rettore ha una durata di otto anni? E anche laddove si parla del futuro dei giovani universitari, pensano forse di aver migliori garanzie per un futuro lavorativo quegli studenti che hanno frequentato l’università che meritando di più ha ricevuto una quantità di fondi più cospicua oppure no?

Agli studenti che bivaccano per strada, che dissacrano i monumenti che hanno fatto la storia di questo paese (a proposito, perché i sindaci delle città coinvolte lo permettono?), che scombussolano le giornate di tutti i cittadini con i blocchi delle vie delle città, che cosa sta più a cuore, preservare il potere costituito dei professoroni o l’idea, anche solo l’idea, di frequentare università degne di questo nome, in cui i docenti vengono valutati per quello che fanno e non per quello che sono, dove i ricercatori hanno riconosciuto il loro status, anche di docenti, e vedono aumentate le possibilità di essere assunti da giovani e non quando la loro carriera dovrebbe essere già all’apice. Che cosa ai loro occhi è più importante: un limite alla precarietà (e molto spesso allo sfruttamento) o la persistenza di una situazione sclerotizzata e incivile, la speranza di un futuro o la certezza di un futuro?

Sono almeno quarant’anni che periodicamente assistiamo alla stessa, stantia sceneggiatura. Agli stessi slogan, alle stesse proteste, che – guarda caso – non avvengono mai nei giorni di vacanza o in prossimità di essi. Sono almeno quarant’anni che una parte politica recita sempre lo stesso personaggio – oggi salendo sui tetti, ieri aprendo i cortei – che non sa far altro che chiedere il ritiro di questo o quel provvedimento senza avanzare alcuna concreta proposta, che capitaneggia irresponsabili azioni di protesta le cui conseguenze sono la rovina di tutto il paese.

E Fini in tutto questo che fa? Per vincere una partita nella estenuante battaglia politica che da mesi sta combattendo contro Berlusconi, per conquistare un titolo in più dei giornali, per far finta di avere un ruolo in questo povero, sfilacciato paese, illudendo i suoi di contare qualcosa, fa andar sotto il governo sull’ultimo e più inutile emendamento possibile. Quale senso di responsabilità mostra l’uomo della provvidenza, quello che si candida a guidare l’Italia nel prossimo futuro, lui, l’uomo della destra dinamica, giovane, che guarda al domani e non all’oggi, che punta sulle nuove generazioni?

È ora di finirla con le prove di forza politica, con le scaramucce parlamentari e con la demagogia. La posta in gioco è davvero troppo alta.