Fini lancia un boomerang contro il Cav. e rischia di restar solo
03 Dicembre 2009
E adesso? E’ l’interrogativo che rimbalza nei palazzi della politica e dalle parti del Pdl, dopo il fuorionda di Fini. Ci si interroga sulle opzioni in campo: ricucire l’ennesimo strappo e guardare al governo del paese oppure battere la strada del chiarimento definitivo con il presidente della Camera, magari convocando a tambur battente un consiglio nazionale del partito dove contarsi. Idea che il Cav. ancora molto irritato dalle cose che Fini ha detto sul suo conto al pm Trifuoggi e soprattutto da quelle che ha ribadito nella telefonata a Ballarò ("non ho nulla da chiarire"), avrebbe rilanciato ai suoi anche ieri, determinato a portare avanti la linea dura.
I falchi del Pdl la amplificano invocando la resa dei conti, le colombe frenano suggerendo la formula della mediazione anche per evitare il rischio di ulteriori lacerazioni sulla via delle riforme, giustizia (e processo breve) in testa. E se al termine di una giornata carica di tensioni a prevalere – almeno per ora – è la ragione politica, il dato che nei ranghi pidiellini viene ribadito rimanda proprio al fuorionda di Fini, letto e interpretato come un boomerang che rischia di isolare chi lo ha lanciato. Lo sostengono i forzisti ma il pensiero tocca anche molti ex aenne (esclusi quelli di provata fede finiana), preoccupati per come "la faccenda si può mettere" (lo stesso La Russa ieri avrebbe riunito gli esponenti della sua ex corrente per analizzare la situazione). Che tradotto vuol dire: quel fuorionda li ha spiazzati totalmente proprio nel momento in cui specie dopo il recente appello di Napolitano, si lavorava per ricucire gli strappi e ci si augurava che le cose "potesseo riprende il loro corso ordinatamente".
Non è un caso che a Montecitorio molti parlamentari provenienti da via della Scrofa ieri scandivano la frase, di per sè eloquente, "noi siamo nel Pdl". Con una postilla: "Elezioni anticipate? Nessuno le vuole", riferimento seppure indiretto a Fini. Ma, certo, l’opzione resta in piedi. Anche perchè – è il ragionamento nel centrodestra – i continui strappi dell’inquilino di Montecitorio portano acqua al mulino della Lega. E la dimostrazione è Bossi che dice che senza i voti del Carroccio il Cav. non va da nessuna parte. Da via Bellerio si rispedisce la palla nel campo finiano osservando come, semmai, proprio il partito del Senatur sia la migliore garanzia di lealtà e stabilità per il premier: dal federalismo fiscale alle riforme già calendarizzate nell’agenda del governo la strada è dritta e senza ostacoli e non sono certo i leghisti a mettere i bastoni fra le ruote del premier. Sul piano pragmatico, poi, si ricorda l’asse Bossi-Tremonti per dire che quei tanti no del ministro dell’Economia ad allentare i cordoni della borsa, oggi sono diventati molti sì che hanno accolto le richieste di altrettanti esponenti della maggioranza e del governo. Ragion per cui, la Lega "sta convintamente con Berlusconi, nessuno ha interesse a rompere e se qualcuno ha intenzione di alzare la posta questo è Fini che però, più va avanti su questa strada più rischia di bruciarsi da solo" afferma un autorevole esponente del Carroccio.
Se a prevalere in queste ore è la ragione politica, nei commenti del dopo-fuorionda finiano pesano l’affondo del ministro Scajola convinto che così così l’inquilino di Montecitorio si mette fuori dalla linea del Pdl e il pollice verso dei berluscones che richiamano il presidente della Camera al documento votato all’unanimità (finiani compresi) solo la settimana scorsa dall’ufficio di presidenza del partito. Calibra i toni Fabrizio Cicchitto ma il senso non cambia e il suo suona come l’ultimo avviso ai naviganti quando dice che "non è consentito a nessuno rimettere in questione i capisaldi essenziali" della piattaforma politico-programmatica con la quale il centrodestra si è presentato agli elettori perché sarebbero proprio questi ultimi a non capire e a ribellarsi.
"Berlusconi non ha mai confuso la popolarità con l’immunità" scandisce riprendendo le parole del presidente della Camera, semmai il Cav. "con tutto il partito, deve difendersi da un rinnovato attacco fondato sull’uso politico della giustizia" che vede all’opera "un nucleo ristretto, ma assai politicizzato, di magistrati che usano alcuni pentiti screditati". E se questo è il quadro attraverso il quale si tenta di destabilizzare il premier e il governo – osserva Cicchitto – il Pdl "sta rispondendo con chiarezza a questo attacco". Poi chiosa con un nuovo riferimento al co-fondatore del Pdl augurandosi che pure "Fini si impegni in questa battaglia politica. Siamo ancora in tempo come Pdl e come centrodestra a mettere da parte errori e incomprensioni e a riprendere l’iniziativa politica".
Nelle file finiane, Italo Bocchino vicepresidente dei deputati prova a gettare acqua sul fuoco dipingendo Berlusconi e Fini come "la coppia politica più stabile", mentre al pasdaran Fabio Granata "cadono le braccia" per il livello delle accuse lanciate contro l’ex leader di An. Da via dell’Umiltà, dove anche ieri si sono riuniti i triumviri del Pdl, si continua a chiedere a Fini di rispettare la linea della maggioranza del partito – sposata anche dagli ex aennini, si fa notare – e le determinazioni approvate dai suoi massimi organismi.
Concetto che torna nell’analisi di Denis Verdini quando dice che il Pdl "è la casa di tutti" e se Fini non si trova a suo agio questo è un suo problema. "Noi non facciamo processi a nessuno tantomeno espulsioni. Siamo un partito in cui si discute; lo abbiamo fatto in un congresso e possiamo farlo in un altro", allude il coordinatore nazionale.
E Fini? Tiene il punto, pur consapevole della delicatezza del momento e della posta in gioco. Ai suoi spiega che resta nella linea del programma che ha contibuito a scrivere e del partito che ha contribuito a fondare. Altre opinioni ribadisce di averle già espresse a Berlusconi, in pubblico e in privato. Dunque il fuorionda con Trifuoggi non aggiunge nulla rispetto a concetti già noti. Anche per questo – si dice – il presidente della Camera non si sarebbe mostrato contrariato quando il direttore di Repubblica Mauro lo avrebbe informato della pubblicazione della conversazione tra lui e il procuratore di Pescara. Ieri ha trascorso la mattina al convegno che Montecitorio dedicato a Nilde Iotti, facendo intendere seppure indirettamente che non rinuncerà alle proprie idee ("essere superpartes non significa rinunciare alle proprie opinioni", ha detto Fini).
Di certo, la prova del nove sarà in Parlamento: le priorità del Cav. sono le riforme, per questo buona parte del Pdl attende le mosse di Fini in Aula, cercando di esorcizzare lo spauracchio del ritorno alle urne.