Fini: “No alla politica basata sui sondaggi”
03 Maggio 2010
di redazione
"Oggi viviamo un inno al presentismo. Non solo in Italia o in Europa ma nell’intero Occidente soffriamo di uno schiacciamento sull’immediato, con la cultura del sondaggio diventata l’unica strategia". È l’analisi che il presidente della Camera, Gianfranco Fini, traccia, riferendosi alla politica oggi, aprendo i lavori di un seminario organizzato dalla Fondazione Farefuturo e dalla Fondazione Respublica insieme al Partito popolare europeo, oggi rappresentato a Palazzo Serlupi Crescenzi da Jaime Oreja, vicepresidente del gruppo del Ppe.
Il presidente della Camera parla di Europa. Sostiene che, a fronte della ratifica del Trattato di Lisbona "che conferisce all’Europarlamento di Strasburgo il massimo dei poteri da esso mai avuto", si registra il minimo di affluenza alle elezioni europee. Ma poi punta il dito sulla politica del "market to market", sottolineando che per uscire da questa situazione "serve una cultura rinnovata e strategica, capace di pensare alle ricadute di ogni politica sulla vita e sul futuro di ogni cittadino. Una cultura che sia libera dalla politica della paura dell’altro e del nuovo".
Insomma, gli elementi di criticità della politica di oggi per Fini si chiamano "presentismo e localismo". Per superarli invoca "uno slancio". "La verità – rileva – è che negli ultimi 15 anni il mondo è profondamente cambiato e la politica, a destra come a sinistra, non ha compiuto alcuno sforzo per modificare il proprio linguaggio, scegliendo purtroppo di cavalcare le paure ed il presentismo e cercando un consenso di breve periodo ed abdicando, così, ad una visione di prospettiva".
Per Fini l’Unione europea vive lo strano paradosso, dopo l’approvazione del Trattato di Lisbona del "massimo dei poteri attribuiti al Parlamento e del minimo di partecipazione democratica dei cittadini alla sua elezione" con il 43,2% di afflusso alle urne pari a circa 162 mln aventi diritto.