“Fini non minacci la crisi su una riforma strategica come la giustizia”

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“Fini non minacci la crisi su una riforma strategica come la giustizia”

13 Ottobre 2010

 Ci sono due istantanee che registrano la temperatura sul nodo giustizia facendo schizzare verso l’alto l’asticella del termometro. Da un lato la sollecitazione del presidente della Repubblica Napolitano che in un messaggio al Forum dell’Abi invita la classe politica a “uno scatto” di efficienza e ad operare “scelte coraggiose” per ridurre i costi di gestione del sistema giustizia, semplificare le procedure e fare in modo che i cittadini non perdano fiducia.

Impegno al quale il capo dello Stato ‘chiama’ tutti gli operatori dei settori interessati, compreso quello imprenditoriale. Riferimento quest’ultimo calibrato sul rischio ormai reale che l’Italia non sia percepita dagli investitori esteri come paese attrattivo proprio a causa dei processi-lumaca. Una sollecitazione che incassa l’apprezzamento di gran parte degli addetti ai lavori (penalisti in primis) e sul versante politico, quello della maggioranza di centrodestra, finiani esclusi. Dall’altro lato, c’è il presidente della Camera che lancia l’ennesimo monito al Cav. sentenziando che sulla giustizia “il governo può cadere davvero” se “Berlusconi vorrà andare avanti a imposizioni”, se “io parlo di legalità e loro mi ignorano”.

Due piani non direttamente sovrapponibili per ruoli e incarichi, eppure sintomatici su come la tanto attesa riforma della giustizia venga percepita: nel primo caso come passo necessario per modernizzare il paese; nel secondo come strumento di battaglia politica su singoli temi, magari sventolando il vessillo delle leggi ad personam. A questo si aggiunge il fatto – o il paradosso – che a minacciare la crisi di governo, di fatto, è il presidente della Camera, cioè la terza carica dello Stato. Osservazione che non sfugge a Nicolò Zanon, costituzionalista e membro laico del Csm che apprezza le parole di Napolitano e boccia quelle di Fini, orientando l’analisi sui contenuti piuttosto che sulle polemiche.

 Professor Zanon come legge il messaggio di Napolitano?

E’ un invito che conferma la necessità di intervenire su durata dei processi. Trovo corretto il richiamo a tutti gli attori della vicenda processuale che  innanzitutto riguarda il legislatore il quale dovrebbe fare scelte oculate e intelligenti; riguarda i magistrati che dovrebbero imparare a organizzare meglio il loro lavoro. E poi occorrerebbe fare in modo che il Csm assegnasse agli uffici direttivi, magistrati dotati di capacità organizzative individuandoli sulla base del merito e non delle correnti interne.

Ma così non si limita l’autonomia dei magistrati?

No, non c’è alcuna restrizione dell’autonomia dei magistrati, piuttosto il punto è fare in modo che l’autonomia sia ben esercitata. Le scelte in questo senso competono al legislatore costituzionale che, ad esempio, può decidere di rivedere la composizione del Csm per impedire che la logica correntizia continui a prevalere su quella meritocratica. Il terzo elemento che aggiungo alla riflessione è che considero altrettanto necessario, è che gli avvocati dovrebbero disciplinare anche deontologicamente l’uso delle norme processuali.

In che senso?

Purtroppo, talvolta può succedere che nelle pieghe di norme processuali mal congeniate si annidi la capacità di rinviare, di far perdere tempo. Questo è un problema che riguarda i magistrati ma riguarda anche gli avvocati che non dovrebbero potersi avvalere di simili espedienti tecnicistici. Sono un difensore delle garanzie di tutti, ma sempre nell’ambito di una deontologia corretta.

La palla ora è nelle mani del legislatore. Secondo lei in che modo si possono velocizzare i tempi dei processi?

Non ho ricette, posso dire che il problema politico che si incontra qui è quello che viene posto da Fini della cosiddetta retroattività o meno delle scelte. Penso che il presidente della Camera voglia dire: fate pure scelte che riguardano il futuro, cioè da qui in avanti, ma non toccate i processi pendenti.

Condivide?

Questa è una scelta politica perché dal punto di vista giuridico se il legislatore introduce una nuova disciplina processuale e procedimentale d esempio sui tempi, questa si applica automaticamente a tutte le procedure aperte, ovvero a tutti i processi pendenti. Se si vuole fare una scelta diversa lo si deve dire. E’ una posizione che merita di essere considerata, tanto più che se come leggo sui giornali, si affronta il problema dello scudo giudiziario per chi ricopre cariche di governo, si sgombera il campo dalla preoccupazione che le scelte sul processo breve servano a bloccare determinati procedimenti. Credo che si debbano fare scelte intelligenti che riguardino il servizio giustizia, scelte ragionevoli e andarci molto cauti nel toccare il lavoro giudiziario che è stato fatto.

Che intende?

Lo dissi già a suo tempo rispetto alla prima versione della legge sul processo breve: non si possono ammazzare i processi con l’idea di fare i processi brevi. Occorre assumere decisioni ragionevoli che non distruggano il lavoro già compiuto. Non c’è dubbio che siano ormai indispensabili tempi il più possibile contingentati, ma è necessario far entrare in vigore questa disciplina con ragionevolezza e anche con misure finanziarie e organizzative che consentano alla macchina giudiziaria di stare dentro i termini e funzionare al meglio.

Fini dice che sulla giustizia il governo può cadere davvero. Secondo lei è una minaccia o una previsione realistica?

Se Fini non fosse l’avversario di Berlusconi, le sue parole sarebbero già state stigmatizzate dalla comunità degli illustri opinionisti e dei paladini del politicamente corretto. Trovo quantomeno inopportuno che un presidente della Camera si spinga fino a questo punto, pur nella consapevolezza che il ruolo della terza carica dello Stato negli ultimi dieci anni è cambiato. Il modo in cui Fini sta torcendo l’incarico che ricopre credo vada oltre ogni limite del deontologicamente corretto dal punto di vista istituzionale, perché in sostanza sono le dichiarazioni di un presidente della Camera che minaccia una crisi di governo. Francamente, questo è troppo.

Processo breve e Lodo Alfano costituzionale sono due leggi ad personam?

Il processo breve serve a tutti e il messaggio del presidente Napolitano lo rende ancora una volta ben chiaro. I tempi della giustizia sono un problema dappertutto e in particolare in Italia. Il punto vero è che non è il problema di una persona ma della società, del servizio giustizia. E una legge che affronta questo problema non è ad personam ma riguarda tutti i cittadini.

E lo scudo giudiziario per le alte cariche dello Stato?

Non è fatto per Berlusconi. Il premier se ne gioverà se e quando verrà approvata la norma prevista per coloro che ricoprono alti incarichi istituzionali e di governo e che devono essere posti al riparo da iniziative giudiziarie avventate durante il loro mandato. Ciò tuttavia non azzera il procedimento che infatti viene solo sospeso. Si tratta di una misura di ordine costituzionale e come tale dovrebbe durare possibilmente negli anni, quindi a beneficiarne saranno tutti coloro che nel tempo, assumeranno incarichi del genere. Io sgombererei il campo da questo tipo di polemiche politiche che trovo di basso profilo perché ci si attarda in strumentalizzazioni sterili senza invece dire con franchezza se lo scudo giudiziario o il processo breve sono questioni che riguardano il nostro ordinamento; la prima perché interessa tutti i cittadini, la seconda perché affronta il rapporto tra giustizia e politica. E questo a prescindere da Berlusconi. Non ragiono sulle singole persone ma sull’utilità per l’ordinamento. Del resto, stiamo parlando di norme che incidono strutturalmente sul nostro sistema. E se si risponde che sì, sono questioni relative all’ordinamento, allora si deve abbandonare la critica sulle leggi ad personam.

Il Guardasigilli lavora a una riforma complessiva della giustizia che prevede modifiche costituzionali e che tra i suoi punti di forza, avrà la separazione delle carriere tra pm e giudici. Che ne pensa?

So che il ministro Alfano dà priorità a riforme costituzionali e quindi non si può certo dire, come invece spesso accade, che si tratti di interventi di settore. Il Guardasigilli intende presentare la riforma costituzionale e questo è ciò che ci interessa. Spero accadrà nelle prossime settimane in modo tale che, finalmente, questa maggioranza metta una sua firma sotto una scelta che viene promessa da molto tempo, ovvero quella di una riforma complessiva del sistema giustizia. Perché a quel punto si comincia a ragionare sui contenuti e si mettono da parte – auspicabilmente – polemiche, politiche e non, che appaiono davvero insopportabili. Ci si scontrerà anche sui contenuti ma meglio scontrarsi su quelli che sulle strumentalizzazioni.