“Fini non può permettersi di armare i suoi vietcong per sfiduciare Caliendo”

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“Fini non può permettersi di armare i suoi vietcong per sfiduciare Caliendo”

02 Agosto 2010

Nervi saldi e barra dritta sui due principi-guida per affrontare la ‘tempesta Fini’ che si è abbattuta sulla nave di Berlusconi: l’interesse nazionale e il fatto che l’eventualità di elezioni anticipate gioca ancora a favore del Cav., non di chi gli sta remando contro. Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori Pdl, usa prudenza e fermezza per guardare dentro e oltre ciò che accade nella maggioranza. Con un punto fermo, la chiarezza: “Si va avanti, ma se si dovesse arrivare a un Vietnam parlamentare, l’unica via è il voto. Noi possiamo permettercelo, altri no”.

Senatore Quagliariello, e adesso che succede?

Adesso teniamo i nervi saldi. E ci facciamo guidare da due principi che, grazie al cielo, non sono in contraddizione.

Quali?

Primo: l’interesse della nazione e gli impegni assunti con gli elettori. Il secondo: sfruttare il vantaggio strategico nel quale ci troviamo rispetto ai nostri avversari, ma anche rispetto ai nostri nuovi competitori.

Si spieghi meglio. Partiamo dall’interesse della nazione.

Ci troviamo in una crisi epocale nel corso della quale la situazione del Paese è cambiata. Eravamo uno degli anelli deboli dell’Europa, tra l’altro privi di una vera prospettiva strategica se non quella di fare gli “juniores partners” di un asse franco-tedesco in declino. La nostra situazione è mutata, abbiamo assunto una politica estera, con implicazioni economiche, che guarda più al mondo come sarà che al mondo come è stato. In questa strategia rientra la conferma del rapporto con gli americani, la ricerca di un rapporto privilegiato con la Russia e soprattutto, puntando sulla nostra vocazione mediterranea, una strategia di penetrazione economica in Medio Oriente che nel corso della ‘guerra fredda’ sarebbe stata resa impossibile dalla logica dei blocchi. In Europa questa è l’unica strada che può consentire che l’Unione non si spacchi in una ‘serie A’ baricentrata sulla Germania e una ‘serie B’ nella quale, inevitabilmente, confluirebbe anche l’Italia.

Ma che c’entra tutto questo con la crisi che si è aperta nel Pdl?

È la parte non provinciale della comprensione degli interessi della nazione. Oltre a ciò, grazie a un mutamento dei parametri attraverso i quali calcolare la ricchezza delle nazioni, o considerare oltre ai vizi (debiti pubblici)  anche le virtù private (i risparmi), la situazione dell’Italia adesso è diversa. Siamo tra quanti danno stabilità a un’Unione che ha perso spinta propulsiva. E la manovra, dura quanto non mai, ha visto un paese reagire assai meglio di altri e garantire una coesione sociale difficile da riscontrare in passato.

Insisto: e la crisi del Pdl?

In questo contesto l’interesse della nazione è che il governo vada avanti con decisione, anche perché il peggio è alle spalle e da qui in poi la coerenza dimostrata pagherà. Già gli indicatori economici più importanti stanno cambiando di segno.

Sì, ma il quadro politico attuale è fatto anche di numeri. Alla Camera con il gruppo dei 33 deputati finiani il governo non è più autosufficiente.

Fin qui l’interesse della nazione che il Pdl deve essere in grado di interpretare. Da qui in poi c’è il vantaggio strategico che possiamo sfruttare. Vede, alla Camera si è formato un gruppo di 33 parlamentari ed è possibile che qualcun altro se ne aggiunga, così come non è improbabile, invece, che qualcuno raggiunga le fila della maggioranza. E’ fisiologico: anche in politica quando c’è un terremoto, seguono piccole scosse di assestamento.  

Torniamo ai numeri della maggioranza a Montecitorio e il primo banco di prova, ovvero la mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo. Cosa accadrà?

Dei  33 parlamentari finiani la maggiorparte non voterà, si è impegnata in pubblico e in privato a non votare contro il governo. A Palazzo Madama si è formato un gruppo di dieci senatori ma la maggioranza resta saldamente nelle mani di Pdl e Lega. In questa situazione la sinistra vaneggia di esecutivi tecnici e cose del genere che appaiono velleità o uno sterile ‘waiting for timing’.

In politica contano le intenzioni ma pure i numeri. Le rifaccio la domanda: il governo rischia di cadere sulla mozione di sfiducia a Caliendo?

Il presidente della Camera che ha promosso nuovi gruppi parlamentari ha disperatamente bisogno di tempo. La maggioranza è l’unica in grado di fare questo discorso: si va avanti finchè il governo può provvedere senza tema di smentita e di logoramento. Viceversa, se ci si dovesse presentare la prospettiva di un ‘Vietnam’ parlamentare, lo si chiarisce agli elettori e si chiarisce che l’interesse della nazione è quello di andare a nuove elezioni. In questo momento siamo gli unici che se lo possono permettere. Voglio essere paradossale…

Prego.

Se i numeri restano questi, la tenuta dell’esecutivo è più un problema per Fini e per l’attuale opposizione che non per Berlusconi. Credo che questa realtà nei prossimi giorni diventerà evidente proprio con l’epilogo del caso Caliendo.

In che senso?

Pdl e governo fanno bene a non indietreggiare e a non aver paura del verdetto. Dall’altra parte, si cercherà con ogni probabilità una via d’uscita che possa garantire Caliendo e la tenuta dell’esecutivo. Insomma, assisteremo a una sorta di prova generale di ciò che accadrà nei prossimi mesi.  

Le avvisaglie non sono buone: il presidente della Camera non si sbilancia ma dice di avere le idee chiarissime e tra i suoi c’è chi preme per sfiduciare il sottosegretario alla Giustizia.

In politica non si dovrebbero mai fare pronostici ma penso che il comportamento dei finiani sarà tale da garantire che la mozione venga bocciata. E se devo essere sincero fino in fondo, credo che contro la mozione voterà anche qualche parlamentare dell’opposizione, perché oltre alle strategie della politica vi è un merito delle cose.  

Quale?

Se si leggono gli atti ci si rende conto che Caliendo non ha fato nulla  per cui possa essere seriamente censurato. Se la mozione dovesse essere approvata, passerebbe un principio: ogni politico che finisce in un’inchiesta giudiziaria deve rassegnare le dimissioni. Alla luce di quanto accaduto negli ultimi 14 anni, significherebbe l’abdicazione dei partiti al compito di selezionare la propria classe dirigente e si passerebbe lo scettro direttamente nelle mani delle procure.

E’ proprio sicuro che coi numeri alla Camera Berlusconi non rischi ciò che due anni fa accadde a Prodi al Senato?

La maggioranza deve mantenere coesione e non deve avere timidezza. Se dovesse paventarsi quel rischio allora meglio le elezioni ma non mi pare che quel rischio vi sia. Vede, nell’ultima settimana oltre alla manovra economica che ha una portata epocale, al Senato è passata una riforma per certi versi storica, dell’università che riabilita meritocrazia e concorrenza e mette fine alla lunga stagione dell’egualitarismo. Sa chi era il relatore della riforma?

Lo dica lei.

Giuseppe Valditara, uno degli scissionisti finiani, in prima linea per garantire il concretizzarsi di uno dei punti del programma. Ripeto: se si mantengono i nervi saldi il governo può continuare a operare bene e ciò che ha fatto e farà, sarà più evidente perché finalmente cesseranno le polemiche intestine quotidiane e, se Dio vuole, non avremo più la nostra ‘granata’ quotidiana.

Secondo lei quello dei finiani è solo un gruppo autonomo del Pdl o si prepara a uscire dalla maggioranza con l’appoggio esterno? In quel caso che fine fanno deleghe e incarichi al governo, nei gruppi e nel partito?

Non bisogna avere fretta. Affinchè la legislatura vada avanti, l’appoggio non può né essere tiepido né esterno. Per quanto riguarda i ruoli, io penso che quello che veramente già da ora è incompatibile con l’appartenenza ai nuovi gruppi è ricoprire incarichi di partito. Ma anche qui invito a non avere fretta. Attendiamo l’assestamento e facciamo confluire le necessarie sostituzioni  in un più ambizioso programma di rilancio del Pdl. Vede, paradossalmente questa vicenda può farci bene, perché ora non abbiamo più alibi: dobbiamo tornare all’iniziativa politica, anche sui territori.  

Le prove tecniche di dialogo riavviate con Casini oggi possono trasformarsi in qualcosa di più concreto nonostante il leader Udc abbia detto che non farà da stampella al governo oppure no?

Con Casini quello che può valere, pur nella differenziazione dei ruoli, è fare delle cose insieme sulla base dei principi che ci uniscono. Non sarà facile perché Casini deve percorrere questa strada senza dare l’impressione di ‘svendersi’ a Berlusconi. Non so se sarà in grado di gestire questa oggettiva ambiguità.

Il Secolo vede analogie tra l’espulsione di Fini dal Pdl e quella degli ‘eretici’ del Manifesto ad opera del Pci. E’ così?

Niente di più sballato. Quelli del Manifesto, facevano la scissione perché avevano le idee troppo chiare. I finiani mi sembra che l’abbiamo fatta perché avevano le idee troppo confuse. In più, quelli del Manifesto temevano di interpretare meglio della Chiesa ufficiale il Verbo, cioè di guardare con più lucidità la strada verso il Sol dell’Avvenire. Qui, se valesse il parallelo si potrebbe dire che forse, il Sol dell’Avvenire è stata la suggestione che ha ispirato il nome dei gruppi autonomi del presidente della Camera: Futuro e libertà.