Fini s’è scollato dal partito perché lavora già al dopo-Berlusconi

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Fini s’è scollato dal partito perché lavora già al dopo-Berlusconi

12 Febbraio 2009

Alla ricerca di un percorso diverso da quello di Berlusconi. Un affrancamento grazie alla sua attuale carica di Presidente della Camera. Gli intenti di Gianfranco Fini sono chiari: non morire all’ombra di Silvio. Questo è noto, risaputo, sull’argomento c’è un’infinita letteratura. D’accordo, non morire, d’accordo, ritagliarsi un profilo altro e alto, ma per cosa? Per il Quirinale? Per il dopo Silvio? Nessuno sa, ma tutti ipotizzano. Di certo ci sarà un motivo se il leader di An rincorre “il consenso di Ezio Mauro e non i complimenti di Belpietro” per usare le parole di Maurizio Gasparri.

Di certo la sua non è una corsa al consenso elettorale. E questo l’ex segretario giovanile del Msi, cresciuto all’ombra di Almirante lo sa bene. Massimo D’Alema, uno che non parla mai a caso, lo ha sempre sostenuto: il popolo italiano è un popolo di centrodestra nella sua maggioranza. Fini, con le sue uscite, dimostra chiaramente che non è al suo elettorato che egli si rivolge. L’ultimo affondo in difesa di Napolitano ha dato vita a nuovi mal di pancia e confermato questa tesi.

C’è chi parla di un Fini rintanato nella sua torre d’avorio, lontano da tutto e da tutti. Chi lo dipinge come un leader senza più partito. Chi invece sostiene che stia interpretando il suo ruolo istituzionale in maniera eccellente. Sono varie le interpretazioni sul personaggio e sulla strategia che starebbe adottando.

Dopo aver dato dell’irresponsabile a Gasparri e aver preso le parti del Presidente Napolitano Fini è sembrato un leader solo che ha prodotto una scollatura con il resto del partito. Se non fosse così la direzione di An, riunitasi ieri l’altro in un albergo romano, non avrebbe sommerso di applausi l’ingresso nella sala di Gasparri.

“In realtà Fini è sempre stato solo, anche quando An era solo An, perché ha sempre mantenuto una posizione più moderna rispetto allo zoccolo duro del suo partito”, è la visione di Fabio Torriero editorialista de Il Tempo e direttore del mensile La Destra, “in questo momento l’interesse di Fini è portare la destra all’interno delle istituzioni, e si spiega in questa direzione l’asse con Napolitano. Diversa la strategia dei suoi colonnelli il cui compito è di portare An dentro il Pdl”. 

Ogni volta che la base rimane disorientata spetta ai suoi fedelissimi gettare acqua sul fuoco. Dopo l’ultimo diverbio con il suo capogruppo in Senato, i vari La Russa, Matteoli, Urso, Mantovano, si sono dati da fare per chetare gli animi. Tutto a posto, tutto in ordine, le diversità di visione rientra nella normale dialettica politica, hanno fatto tutti intendere. Per quanto i colonnelli si affatichino a tamponare, spiegare e giustificare le sue uscite, la base fatica a comprendere e si interroga.

Basta entrare in una delle tante sezioni territoriali sparse per il paese, quasi tutte lamentano poca informazione verticale. Il concetto è facile e lo spiega Augusto Boi, responsabile della sezione ex An ora Pdl, di Monteverde. “Tutti si inchinano di fronte alle grandi dinamiche che coinvolgono i leader a livello nazionale, però poi la stragrande maggioranza degli attivisti, dei militanti, dei semplici cittadini viene da noi a domandarci se Fini non sia impazzito, se abbia cominciato a patteggiare per Napolitano. Vagli a spiegare il perché di certe scelte, se non lo sappiamo nemmeno noi. Insomma non è che possiamo pretendere che tutti leggano Il Foglio o l’Occidentale, colmare questo vuoto, rispondere a certe domande sta alla preparazione personale di ognuno di noi e molto spesso anche noi abbiamo delle oggettive difficoltà a farci spiegare le situazioni. Ieri ho telefonato ad un parlamentare vicino alla nostra sezione per farmi spiegare la situazione, per avere dei chiarimenti, e poi spiegare il tutto a nostri iscritti, ebbene, anche chi passa tutte le sue giornate in Parlamento ha allargato le braccia e non ha saputo fornirci una spiegazione esauriente”.

Cosa si evince da cio? Che neanche i semplici parlamentari hanno una idea chiara di quanto stia accadendo. E quindi le letture arrivano attraverso intellettuali e politologi. Marcello Veneziani ad esempio guarda con diffidenza il percorso intrapreso da Fini.

“La sua è una partita personale, che va oltre il partito e oltre il centrodestra in generale, la sua è la ricerca di una posizione alternativa, iniziata molto tempo fa, da Presidente della Camera ha esasperato tale situazione, che secondo me conduce ad un non luogo della politica, anche perché oggi la posizione terza appartiene a Casini”. Per l’editorialista di Libero, Gianfranco Fini sta facendo tutto da solo, “ai tempi di Tatarella era indirizzato verso una direzione ed era ben consigliato, ora secondo me agisce da solo e dimostra così il suo poco spessore, è chiaro che il ruolo di vice gli stia stretto, secondo me sta scommettendo sulla scomposizione politica che avverrà nel post berlusconismo, ma lo scenario che io vedo al momento è al quanto nebuloso”.

Tutti ora attendono lo scioglimento di An e la nascita ufficiale del Popolo della Libertà. Appuntamento per il terzo e quarto fine settimana di marzo. Molti sono pronti a scommettere che per quella data Fini non rimarrà all’ombra del Grande Capo.