Fini spera nel passo indietro del Cav. Il Pdl: “O con noi o apra la crisi”

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Fini spera nel passo indietro del Cav. Il Pdl: “O con noi o apra la crisi”

02 Novembre 2010

Da Roma a Perugia: una settimana. Ma potrebbe essere quella decisiva per le sorti del governo e della legislatura. Perché da Roma domenica Gianfranco Fini ha lanciato un nuovo affondo contro il Cav. e a Perugia potrebbe pure annunciare il ritiro della delegazione dal governo, come fanno circolare alcuni dei suoi.

Nella convention capitolina Fini ha spostato in avanti l’asticella dello scontro col Cav., non  solo esaltando il monito della Marcegaglia a Palazzo Chigi o ripetendo il refrain che no, il suo partito (in nuce) non sosterrà mai leggi ad personam, cioè ad Berlusconem, quanto piuttosto per il concetto che gli è stato attribuito e che ieri il suo lugotenente Italo Bocchino ha seraficamente confermato: il premier faccia “un passo indietro” nel caso in cui fossero confermate le indiscrezioni sul caso Ruby e in particolare se risultasse vero che – aggiunge il capogruppo di Fli alla Camera – “un premier ha usato il nome di un Capo di Stato per sottrarre al normale iter delle leggi una persona che ha commesso un furto. Un fatto così, in tutti i paesi del mondo porterebbe alle dimissioni. Ma le mie valutazioni le farò solo al termine di ciò che stabilirà la magistratura”.

Intanto però, l’insinuazione è stata lanciata nel frullatore mediatico-politico, secondo la migliore tattica futurista. Risultato? Agitare le acque, gettare il sasso e poi fare una mezza marcia indietro. Come è stato di fronte all’ultimatum, durissimo, del Pdl che a Fini chiede di decidere, una volta per tutte, da che parte stare e con chi stare. Gasparri, Quagliariello e Cicchitto firmano una nota congiunta che suona così: Gianfranco Fini dica chiaramente se intende continuare ad appoggiare il governo o, al contrario, aprire una crisi. Berlusconi a fare passi indietro non ci pensa neppure. Replica Fli coi moderati Viespoli e Moffa i quali fanno sapere di non volere staccare la spina (in rotta di collisione coi falchi Granata e Briguglio che invece quella spina la vorrebbero staccare subito), anche se insistono sulla necessità di rilanciare l’azione di governo.

I vertici Pdl non ci girano intorno quando scrivono che “Fini dovrà fare le sue valutazioni: o confermare l’appoggio al governo o prendersi la responsabilità di una crisi. Ci auguriamo che la scelta di Fini vada nella prima direzione, di carattere positivo e costruttivo. Nel secondo caso, invece, non ci si potrebbe stupire se la crisi finisse per condurre dritto alla elezioni”. Perché, è chiaro che – ragionano i capigruppo di Camera e Senato – al punto “in cui siamo arrivati, è indispensabile la più assoluta chiarezza da parte di tutti perchè ognuno deve assumersi le sue responsabilità davanti alle istituzioni e al popolo italiano”. Quanto all’auspicio del presidente della Camera sul “passo indietro” del premier, Gasparri, Quagliariello e Cicchitto auspicano che si tratti di una “battuta polemica destinata ad esaurirsi nel circo mediatico. Dal canto suo, Berlusconi non intende compiere alcun passo indietro perchè non esiste alcuna ragione per farlo. Si tratterebbe solo di una fuga dalle responsabilità, che invece impongono di procedere senza indugi nell’attività di un governo voluto dalla maggioranza degli elettori e al quale il Parlamento ha recentemente rinnovato la sua fiducia”.

E’ su questa determinazione che il Pdl vuole mettere l’ex leader di An di fronte alle sue responsabilità politiche, prima delle quali il rispetto del mandato elettorale che con appoggi esterni o ribaltoni, di certo tradirebbe. Non esistono governi tecnici ma solo politici – è il ragionamento di fondo dei berlusconiani -, ragion per cui se non ci saranno più le condizioni per governare l’unica via è il ritorno alle urne. Come del resto anche ieri ha rilanciato il ministro Calderoli confermando che la Lega non è interessata ad alcun esecutivo diverso da quello votato dagli elettori nel 2008.

Qualcosa in più di schermaglie tra ex alleati. E se si contestualizza il botta e risposta tra Pdl e Fli e le triangolazioni con l’Udc (che di fare da stampella al Cav. non ne vuole sapere) e l’opposizione che ieri hanno galvanizzato il dibattito politico, è facile comprendere come in questa settimana possa succedere di tutto: dalla rottura definitiva dei finiani con la conseguenza del ritiro della delegazione dal governo e l’appoggio esterno – ipotesi non esclusa dal finiano Buonfiglio e rimandata alle deliberazioni della convention di Perugia -, all’idea di un accordo complessivo tra Fini e il Cav. che ad ora appare del tutto irraggiungibile, all’opzione voto anticipato.

Giovedì il passaggio chiave con la direzione nazionale del Pdl, attesa da molti nel partito come il punto di svolta. Quella svolta che si aspettano proprio dal leader. “Il presidente farà un discorso ad ampio raggio che toccherà tutti i temi dell’attualità, dall’agenda di governo, alle riforme per poi concentrarsi sulle nuove regole del partito. Il segnale che ha mandato in questi giorno, rompendo il silenzio e tornando a indicare la rotta, è servito anche a calmare preoccupazioni e fibrillazioni tra molti parlamentari che leggevano in quel silenzio quasi un segnale di resa”, analizza un berlusconiano della prima ora. Ma al di là delle attese, sul tavolo della maggioranza resta, tutto intero, lo scontro tra Berlusconi e Fini. Che ormai travalica il piano politico.

Uno scontro mai sanato, nonostante i tentativi di mediazioni in tutti questi mesi, la tela tessuta dai pontieri, i ramoscelli d’ulivo depositati a Montecitorio dalle ‘colombe’ pidielline. Il nodo sta tutto qui e da qui dipende il destino della legislatura. E quello del Paese. Tutto (o niente) in una settimana.