“Fini vuole l’omicidio politico del Cav. e noi colonnelli di An lo combattiamo”
22 Luglio 2010
Ci sono due fronti che insidiano il Pdl. Da un lato i finiani con un piano chiaro: "l’omicidio politico di Berlusconi". Dall’altro i Liberamente, ribattezzati "berlusconiani per forza" che seppure più o meno inconsapevolmente "stanno facendo il gioco di Fini". Ci va giù duro Maurizio Bianconi, vicepresidente dei deputati Pdl, "fino a poco tempo fa finiano da sempre", passato armi e bagagli nella grande area berlusconiana, insieme ai colonnelli di An e alla maggioranza del partito di via della Scrofa.
Onorevole Bianconi, siamo al redde rationem nel Pdl?
Il quadro è chiaro: c’è una parte di Pdl che ha preso undici voti in direzione nazionale contro 178 della maggioranza, ha un manipolo di parlamentari e seppure con grande movimentismo, a livello locale raccoglie numeri marginali e ammanta con l’argomento più di moda a seconda del momento – ora la cittadinanza breve, ora le neo-politiche dipietriste, ora la pseudo-legalità – la sua ferrea volontà di far cadere Berlusconi, non certo di cercare spazi all’interno del partito.
E’ sicuro che sia questo l’obiettivo finale?
Le opzioni di questa tattica sono solo due: o l’omicidio politico di Berlusconi se il piano gli dovesse riuscire, oppure il loro suicidio politico. Ma c’è un altro dato drammatico che è il vero problema del momento…
Quale?
Sono quelli di Liberamente che io definisco ‘berlusconiani per forza’ che predicano il partito etereo e non capiscono che stanno facendo più danni della grandine perché, seppure inconsapevolmente e molti di loro in buona fede, legittimano il ‘correntino’ finiano e soprattutto rompono il fronte unitario del Pdl dove ormai non ci sono più avversari o ex, perché il partito è uno ed è di tutti.
Secondo i promotori, l’iniziativa di Liberamente serve per arginare lo scontro dentro An tra finiani e colonnelli.
Hanno la sindrome degli ex An, ovvero hanno paura che gli si ‘tocchi’ il capo. Ma gli ex An non ci sono più, oggi c’è il Pdl e c’è gente che vuole fare un partito unitario, ragionevolmente strutturato in grado da un lato di supportare l’azione del governo e in particolare di Berlusconi, dall’altro consentire che il messaggio si trasmetta in maniera organica nel territorio. Un uomo solo al comando funziona se dietro c’è un esercito. Rivendicare l’esclusiva di Berlusconi, come fa Liberamente, è un errore politico perché lui appartiene a tutti ed ha il merito storico di aver fatto una cosa che non è riuscita a Mussolini, De Gasperi e Craxi: rappresentare tutti gli italiani che non vogliono essere governati dalla sinistra. Un leader così va sostenuto, altro che rivendicare il diritto di primazia sul Cav. distanziando quelli che vengono considerati eretici…
Vuol dire che questo è un modo per guardare al dopo-Berlusconi?
Faccio politica da 40 anni, una lunga gavetta e so di cosa parlo. La politica ha i suoi tempi e i suoi passaggi per arrivare a una selezione della classe dirigente all’altezza del compito. Stare intorno al capo per accorciare i percorsi è un errore fondamentale, sia per il capo che per il progetto del centrodestra. Se si comprende che Berlusconi è il leader carismatico, si capisce che va supportato e non si deve pensare alla successione, perché il futuro è il presente. Il paradosso è che in molti pensano a come succedergli e non a come sostenerlo. Il presente è ancora lungo, peraltro l’età anagrafica del premier non è proibitiva e l’età politica è assolutamente adolescenziale.
Perché Fini è così concentrato sul futuro?
Penso che non sia una questione di contenuti perché li ha cambiati molte volte negli ultimi anni, se poi guardo a chi ha intorno traggo le mie conclusioni. Lei mi chiede qual è il movente? Le rispondo così: è un giallo, ciascuno dice la sua.
Eppure i finiani rivendicano un maggiore spazio all’interno del Pdl e Fini un riconoscimento del suo ruolo di co-fondatore.
Fini non è un analfabeta politico e sa perfettamente che per mettere insieme il partito socialista e quello socialdemocratico ci vollero tre anni e dopo ci fu la scissione e che per fare An ci vollero due anni e le difficoltà non mancarono, basta ricordare la vicenda Rauti. Per fare un partito che comprenda Fi e An, due forze politiche con proprie nomenclature e modi di pensare, che ha l’ambizione di rappresentare il 51 per cento degli italiani in un sistema bipolare, serve tempo. Per questo dico che chi chiede il congresso ora è in malafede, idem per quanti dicono che nel Pdl non c’è democrazia interna. Oggi Fini guida una corrente quando in An le definì ‘metastasi’ e ce le fece sciogliere. Ricordo inoltre che nel giro di una mattinata azzerò i vertici del partito perché un giornalista gli riferì il colloquio tra alcuni big in un bar di Roma.
La convergenza tra Liberamente e i finiani da molti nel Pdl viene letta come una mossa tattica per depotenziare i colonnelli che hanno scelto di stare con Berlusconi. Siete dunque sotto assedio? E come vi difendete?
Non ci sentiamo sotto assedio perché abbiamo l’esperienza politica di lunghi anni di militanza e non abbiamo paura di nessuno. Siamo convinti che l’urgenza della realizzazione del progetto politico del centrodestra non consenta questi giochetti. Tra l’altro non è un assedio agli ex An perché non ci sono più, ma alla maggioranza del Pdl (dunque anche la parte di Fi) che ha capito l’importanza del progetto e la necessità di sostenere il leader carismatico.
Ma sul coordinatore unico dicono la stessa cosa e dunque porteranno avanti l’istanza.
La convergenza tra le due componenti è la riprova del danno che al partito stanno facendo le correnti. E chi dice che vuole più bene al capo degli altri, finisce per creare un’ulteriore elemento di divisione. Non attribuisco loro un credito di malafede ma è chiaro che quando chiedono il coordinatore unico stanno facendo un errore politico enorme.
Perché?
Perché il vero obiettivo è fare fuori Verdini a prescindere ma non hanno capito che lui è un uomo di grande equilibrio perché è riuscito a tenere dritta la barca in mare facendo sintesi delle diverse componenti e provenienze. I tre coordinatori fanno questo e di questo c’è bisogno. Un solo coordinatore, chiunque esso sia, favorirebbe il suo segmento di provenienza scontentando gli altri e favorendo la balcanizzazione del partito; oppure si troverebbe alle prese con una tale ondata di malcontento – per accontentarne uno ne scontenti cento -, da non reggerebbe l’impatto. In questo momento un’ipotesi del genere sarebbe deleteria. E Fini spinge in questa direzione perché sa che creerebbe ulteriore destabilizzazione.
I finiani in nome della legalità hanno chiesto la testa di Brancher, Cosentino e Verdini ma almeno per il momento non quella del sottosegretario Caliendo. Secondo lei perché?
Cosentino, Brancher e Verdini sono personalità politicamente emblematiche, mentre Caliendo sotto questo profilo lo è meno. Se poi ci siano altri motivi non lo so, ma so che un atteggiamento del genere conferma ancora di più che le loro battaglie dipietriste sono strumentali. Se si dice, come fa Granata, che pezzi dello Stato non vogliono la verità sulla strage di via D’Amelio, vorrei sapere come è possibile stare in sintonia con la Bongiorno (e come può lei stare con loro) che nel processo Andreotti ha difeso e sostenuto il concetto contrario.
Esiste una questione morale nel Pdl?
Siccome non sono fra quelli che ai tempi di Mani Pulite si misero i guanti bianchi, le rispondo come risposi allora.
Prego.
Delle due l’una: o la politica fa il suo mestiere o altrimenti alla politica si sostituiscono i gruppi di pressione che sono i sacerdoti dell’integralismo, la cui mamma è sempre incinta, e i poteri forti tra i quali annovero tutti quelli che in questo momento stanno aiutando Fini e una parte della magistratura. In questo disegno, i temi possono cambiare a seconda della bisogna: oggi si può sventolare la bandiera della questione morale, domani quella dei parlamentari nominati, domani l’altro quella dei costi della politica. Insomma, ogni motivazione è buona per fare del qualunquismo che ha un solo scopo: minare alla base la democrazia liberale. E la prima bomba per screditarla è quella della questione morale. Che poi ci siano persone impegnate in politica che fanno i propri interessi è purtroppo vero, ma questo accade quando si ha a che fare con degli imbecilli e ogni partito ha i suoi. Ciò che in questo momento mi lascia perplesso – e qui parlo da uomo delle istituzioni – è che la terza carica dello Stato cambi cappello a seconda della bisogna: una volta fa il presidente della Camera, un’altra il capo dell’opposizione, un’altra ancora il leader di una micro-corrente.
Secondo lei qual è la via d’uscita?
Facendo capire a quelli di Liberamente che stanno agevolando il gioco dei finiani. E se in Aula i finiani hanno il coraggio di mandare sotto la maggioranza, ad esempio sulle intercettazioni, se ne assumeranno la responsabilità politica. Il punto è che se noi stiamo al gioco dello sfiancamento quotidiano, allora non abbiamo futuro. Il corpaccione del Pdl ha davanti avversari interni che conoscono benissimo la strategia dell’opposizione, la strategia della comunicazione e la mettono in pratica con una buona dose di spregiudicatezza, funzionale all’obiettivo da raggiungere.
Che cosa è l’appuntamento di Orvieto promosso dai Circoli La Nuova Italia di Alemanno? Un meeting di corrente?
E’ un’iniziativa che segue Arezzo e l’evento di qualche settimana fa a Roma e nella quale mettiamo a disposizione il nostro patrimonio, le nostre organizzazioni politico-territoriali e il nostro impegno per consolidare il Pdl. E’ il partito che si riunisce e porta avanti il suo progetto politico. Trent’anni fa io e Fabrizio Cicchitto ci saremmo accapigliati. Oggi la penso esattamente come lui sul Pdl, condivido le sue tesi, siamo vicini di banco in Aula e io sono il suo vice al gruppo parlamentare. Dove sono le correnti?