Finti tonti su Brexit e immigrazione

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Finti tonti su Brexit e immigrazione

25 Giugno 2016

Raccontano le cronache che dopo la vittoria di Brexit nei sobborghi londinesi abitati in prevalenza da immigrati romeni cresce il disagio e il timore di dover a tornare a casa, in Romania, nonostante le rassicurazioni giunte ieri dal neosindaco della capitale inglese Khan, che molto si era speso per la campagna del Remain e invece è uscito tramortito dal responso delle urne. 

Del resto, se anche il Remain avesse vinto, David Cameron aveva già negoziato con la Ue un nuovo corso sulla immigrazione, con la possibilità per Londra di sottrarre welfare ai nuovi arrivati in Gran Bretagna, risultato a dir poco assurdo se paragonato alle briciole ottenute in materia da Paesi come il nostro su a Bruxelles 

Gli inglesi votando però si sono spinti ben oltre: dalle roccaforti laburiste dove il Leave è cresciuto oltre tutte le previsioni alla fascia costiera britannica sulla Manica più vicina agli accampamenti di Calais, il messaggio forte e chiaro arrivato dalla Gran Bretagna è stop all’immigrazione illegale e magari pure a quella economica. 

Nigel Farage, uno dei vincitori di questo referendum, ha interpretato gli umori poco oxfordiani delle grandi masse di inglesi stufi di dover competere per lavoro e welfare con i nuovi arrivati, inondando tv e web dell’ormai celebre cartellone sulla invasione vera o presunta – il “punto di rottura” – che ha convinto la maggioranza del popolo britannico a mollare l’unione. 

Tanto da far tremare chi, dall’altra parte dell’Atlantico, sul punto di lasciare la Casa Bianca, guarda all’Inghilterra, al risultato del referendum, e pensa con preoccupazione crescente agli slogan vincenti di Donald Trump, giudicati razzisti e xenofobi esattamente come si faceva nel Regno Unito con Farage, salvo poi scoprire che vince l’Indipendence Day e accorgersi che milioni di persone la pensano così. 

A meno di non voler credere che stiamo tornando al nazismo – e non ci sembra il caso – qualcosa vorrà pur dire tutto questo e in Paesi tanto diversi.

L’immigrazione è un tema epocale che i cittadini europei mettono tra le priorità della agenda politica – non solo i nativi, se è vero che in Gran Bretagna le seconde generazioni ormai integrate sono state tentate dal Leave temendo anch’esse la concorrenza degli illegali o di una apertura indiscriminata delle frontiere. 

Dipinto il quadro, vedremo se la strizza messa addosso alle leadership politiche dei 27 dalla Brexit servirà a far cambiare passo alla Ue, e nelle ultime ore sono arrivate la solita selva di dichiarazioni sulle tante e belle cose che si dovrebbero fare sulla immigrazione e che invece non si fanno mai, mentre altre migliaia di disperati sbarcano sulle nostre coste, nostre italiane. 

A voler essere critici e senza malizia viene da chiedersi che diavolo di politica migratoria stia seguendo il governo Renzi, oltre agli annunci periodici, all’aver strappato alla Merkel il minimo sindacale di flessibilità sui conti pubblici in modo tale da garantirsi un qualche consenso interno con delle mancette elettorali, in cambio del dire nulla o quasi a Bruxelles sugli immigrati. Lontani i tempi quando dovevamo sbattere i pugni sul tavolo per cambiare gli accordi di Dublino. Noi sì che siamo british nell’atteggiamento. 

Come abbiamo già spiegato su queste pagine, l’impressione è che la politica sulla immigrazione del governo Renzi sia solo comunicazione, accoglienza per l’accoglienza, senza una idea precisa di come gestire il fenomeno. 

A voler essere maliziosi, invece, verrebbe da suggerire ai neosindaci grillini eletti a Roma e Torino – in ansia da audit – di farsi un bel giro di verifica in quel nodo di gordio (Anci, rete Sprar, comuni ed enti locali, associazioni) che lascia nelle tasche dei richiedenti asilo un paio di euro al giorno mentre ci si cucca il grosso dei circa 40 euro a cranio giornalieri della accoglienza, soldi che servono evidentemente a pagare questo o quel progetto, questa o quella consulenza, stipendi e poltrone, in un complesso sistema di sigle, uffici e organizzazioni su cui si fonda il nuovo welfare della immigrazione. 

Welfare in cui spuntano nomi renziani, piddini (e pure alfaniani), con tanto di costi schizzati in su negli ultimi anni e numeri che si ingrossano con il passar del tempo. Che fanno i grillini? Precisamente qual è la loro politica sulla immigrazione? Non è che se diventano loro il ‘partito della nazione’ assisteremo ai soliti rituali e sentiremo le altrettanto scontate dichiarazioni dove si dice tutto e niente, per non scontentare gli elettori di tante parrocchie?

E anche la Lega Nord che s’intesta e festeggia Brexit ha delle proposte davvero alternative o si è semplicemente impadronita di un tema per tentare di volgerlo a suo vantaggio senza cogliere davvero i punti vitali di un problema politico? Il “Cantiere” che la Lega ha aperto oggi a Parma potrebbe servire a definire meglio e con più pragmatismo la politica sulla immigrazione, provando a trovare una quadra con le altre forze e i movimenti del centrodestra?