Fiorito, Renzi, il Pdl, il Pd, i giornali, le regioni. La storia è sempre la stessa

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Fiorito, Renzi, il Pdl, il Pd, i giornali, le regioni. La storia è sempre la stessa

07 Ottobre 2012

Le regioni sono da quarant’anni una più delle costose invenzioni della repubblica e, dopo la riforma del Titolo V dei governi D’Alema e Amato nel 2000-2001, sono diventate dei veri e propri stati autonomi, con spese folli, stipendi, rimborsi e assunzioni incredibili. Come scrive Alessandro Campi sul sito dell’Istituto di Politica, sarebbe necessaria una vera e propria controrivoluzione costituzionale, ma tutto si risolverà in annunci di tagli e controlli più rigorosi e non se ne riparlerà più fino al prossimo scandalo. E’ anche significativo che i reati di Fiorito siano stati scoperti per beghe interne al Pdl, non denunciati dall’opposizione. Intanto, sono state subito indette nuove elezioni per la regione Lazio e la sinistra preme per riconquistare una rendita così importante.

Fin troppi film e serial cult americani, compreso l’ultimo di moda, The Good Wife, mostrano come in democrazia, non diversamente da qualsiasi altro regime, dappertutto, anche in tribunale, al centro della lotta politica vi sia la corsa ai soldi e al potere personale. Come diceva il buon Hume, l’umanità è sempre la stessa e la storia va studiata solo perché lo scienziato politico può comprendere i principi costanti e universali del comportamento umano. Così, il desiderio del bene pubblico non è diviso dall’ambizione e dall’avidità personale, come dalla generosità verso parenti e amici. Dal ‘92-‘93 sembra di essere a Londra del ‘600, dove tutti si davano di ladro e venivano arrestati come Bacone  per corruzione, o in una delle guerre civili di Roma antica: corruzione, orge sessuali, politici ladri. Manca Lucrezia violata e allora si rimedia con una minorenne marocchina, presunta ospite del lettone di Putin. Il solito canovaccio per il popolo bue.

Dagospia ha buon gioco a prendere in giro Paolo Mieli, che si è dimenticato di avere diretto la “rivoluzione italiana” e forse anche di aver pubblicato nel ’94 l’avviso di reato a Berlusconi al G8 a Napoli nel ‘94, quello che fece arrabbiare l’ambasciatore Bartholomew perché mancava di rispetto a Clinton. Mentre il segretario generale della Nato Rasmussen preannuncia il ritiro anticipato della Nato dall’Afghanistan, nascono tensioni tra Turchia e Siria, in Georgia vince il leader filorusso (e sappiamo quali cable inviasse a Washington da Roma l’ambasciatore Spogli nel 2008 su Berlusconi, responsabile di avere impedito la guerra tra Georgia e Russia) i nostri media  parlano solo di Fiorito. Nel frattempo, pompano Renzi col camper e l’accento fiorentino, bravo ragazzo ruspante, come il primo Bossi che arrivò a Roma in camper, beveva Coca Cola e aveva l’accento lumbard. Almeno Bossi, però, non aveva fatto donazioni al Mit per accreditarsi negli States e non considerava Bill Cinton e Blair i due più grandi politici del ‘900. Aveva Miglio alle spalle e il federalismo fiscale era ben diverso da quello della legge D’Alema-Amato.

Galli della Loggia s’indigna perché la sinistra delegittima Renzi, ma Renzi è stato eletto sindaco di Firenze dalla sinistra e vuole licenziarne i capi, perché sono più vecchi di lui, non twittano e non hanno giocato alla playstation. Non si capisce  perché Bersani e D’Alema non dovrebbero reagire: non reagirebbe Galli della Loggia se dai social network partisse un movimento di giornalisti sotto i quaranta che chiedessero il suo posto al Corriere? Né si capisce perché i delusi dal centrodestra dovrebbero votare Renzi e, in caso il ragazzone di Rignano vincesse le primarie, votare centrosinistra. I “delusi dal centrodestra” che voterebbero Renzi e centrosinistra, come Sofia Ventura, ricordano il piano di uno studente del mio liceo, conquistato dalla sinistra, che propose ai non comunisti di entrare nel Pci per cambiarlo dall’interno. Chi lo seguì si accorse che era un’idea fallimentare. Idea brillante per uno studente liceale, non so quanto per una attenta politologa.

In realtà, il problema, come ha più volte sottolineato Sartori, è che noi abbiamo un sistema maggioritario per tre quarti proporzionale, che dà un forte potere di ricatto ai piccoli partiti. Ora, mentre Berlusconi aveva una televisione a diffusione nazionale (con personale a cui poteva attingere, il famoso partito azienda), Prodi non aveva alcun partito. Romano Prodi avrebbe potuto cambiare la sinistra se avesse avuto un proprio partito; fu scelto candidato premier con le primarie, ma per governare dovette sempre trattare dopo le elezioni con forze politiche, di cui non era l’azionista di maggioranza. Così fu un re travicello. Renzi, se fosse eletto alle primarie e diventasse premier farebbe una fine peggiore di quella di Prodi, perché non ha il suo passato, né la sua statura. Né si capisce quale interesse avrebbero gli elettori di centrodestra a votare un premier che non avrebbe alcun potere nel decidere l’agenda di governo.

Per il bene dell’Italia in questa difficile congiuntura storica sarebbe importante non avere governicchi, ma governi solidi ed è quindi da augurarsi che sia il centrosinistra sia il centrodestra si consolidino, come il sistema bipolare, seguendo quanto accade negli altri stati europei. E’ purtroppo mancata una riforma costituzionale e l’introduzione del presidenzialismo. La situazione è grave e se vogliamo uscire dal declino avremo bisogno di due solidi partiti pronti ad alternarsi al timone dell’Italia o anche ad accordarsi, se sarà necessario. Certamente, se la sinistra diventasse socialdemocratica sarebbe un bene per tutti, ma questo è un lavoro interno che deve fare la sinistra: non la cambieranno certo i “delusi del Pdl” che s’imbucano per votare Renzi, il quale rappresenta comunque una novità per il Pd.