Fiscalità comune? Per gli inglesi meglio rimettere in discussione l’Europa

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Fiscalità comune? Per gli inglesi meglio rimettere in discussione l’Europa

13 Ottobre 2011

Poco più di due anni fa qualcuno era convinto che la Gran Bretagna sarebbe entrata nella zona euro. I sudditi di sua maestà erano alle prese con i primi effetti della crisi finanziaria esplosa negli Stati Uniti. Forse solo uno shock come l’abbandono (dopo oltre 900 anni) della sterlina avrebbe rivitalizzato il Paese. Naturalmente non se ne fece nulla ma i problemi della Gran Bretagna restano gli stessi.

Anzi sono peggiorati. Il Pil langue, i disoccupati sono oltre due milioni e mezzo e le politiche monetarie espansive non hanno risollevato l’economia. Il welfare ha subito drastici tagli, la spesa pubblica è diminuita e la tensione sociale è in aumento. E’ vero che non è possibile fare shopping a Londra pagando in euro ma i politici britannici sono preoccupatissimi riguardo al destino della moneta unica.

Se la crisi dovesse affondare le banche e poi mandare in frantumi la moneta unica, anche per la Gran Bretagna sarebbero dolori considerata l’interdipendenza tra l’economia della perfida Albione e lo stato di salute dell’euro. Una preoccupazione che ha portato il premier David Cameron, e il suo ultimo predecessore Tory, John Major a tracciare il futuro dell’Eurozona e del rapporto tra la Gran Bretagna e l’Unione europea.

Il primo ministro che ai tempi di Maastricht negoziò la clausola dell’opt britannico dall’euro (la possibilità prevista dalla Ue di non partecipare alle strutture comuni in un determinato campo), è convinto che alla fine si troverà una soluzione. Ma, ha spiegato alla Bbc, questo porterà inevitabilmente ad una unione fiscale e quindi politica della zona euro.

Sarà solo il primo passo verso la revisioni dei Trattati. "In quell’occasione – ha pronosticato – Londra dovrà riprendere sovranità su aree specifiche: dalla pesca alle politiche sul lavoro". La sensazione è che si faccia sempre più acuta la frattura a cavallo della Manica.

E’ vero che il futuro economico della Gran Bretagna dipende dal salvataggio dell’euro. Londra vuole contribuire a gestire l’emergenza ma sta già pensando a prendere le distanze. Parlare di unione fiscale nell’ambito della Ue fa venire l’orticaria a molti britannici.

Per David Cameron, invece, la storia è più complessa. Il salvataggio dell’euro non appare così scontata. Per questo si è messo in scia al presidente americano Obama chiedendo ai colleghi del Vecchio continente di fare in fretta. Al Financial Times ha detto chiaramente che non c’è un solo giorno da perdere perché i tempiper salvare l’ euro sono ormai diventati molto brevi e i leader europei dovrebbero intervenire con un “grande bazooka” per scongiurare la crisi.

Tirare fuori l’artiglieria pesante per salvare l’Unione. Non è che all’improvviso i britannici si siano innamorati dell’euro. Cameron sa bene che dal destino della moneta unica dipenda la stabilità del sistema finanziario globale. Per il premier britannico le munizioni di grosso calibro da sparare sono tre.

Rapida  gestione della crisi greca con uno swap del debito in bond di lunga durata garantito dall’Eurozona; blocco del contagio per evitare che arrivi anche all’Italia ponendo a leva i fondi dell’Efsf (il super fonda salva stati finanziato dai membri dell’Eurozona) mettendo a garanzia migliaia di miliardi; aumenti di capitale delle banche da effettuare in contemporanea alla gestione del rischio sovrano, se stress test credibili lo renderanno necessario. 

Ma i timori dell’inquilino del numero 10 di Downing Street appaiono più che giustificati. E non solo per i continui rinvii sugli aiuti alla Grecia o per il continuo temporeggiare di Angela Merkel, ormai ostaggio del suo elettorato.

Appena ieri, il voto contrario del parlamento slovacco sull’ampliamento del fondo salva- Stati mostra la drammatica fragilità di un’unione valutaria ma non fiscale. Per questo le Gran Bretagna farà di tutto per mettere in sicurezza l’euro ma poi farà di tutto per allontanarsene.