Fisco. Sangalli: “Occorre impegno comune contro l’evasione”

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Fisco. Sangalli: “Occorre impegno comune contro l’evasione”

16 Giugno 2010

"Occorre impegno comune contro l’evasione e l’elusione, che sono patologie che tagliano trasversalmente tutta l’economia e la società italiana". Lo ha detto il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli, aggiungendo che "all’avanzamento di questo impegno non può che giovare il più compiuto rispetto dei principi dello Statuto del contribuente come il diritto alla tassazione del reddito effettivo e non semplicemente stimato".

Assicurato il rispetto dei principi dello Statuto del contribuente, "redditometro e studi di settore – dice Sangalli – si confermano entrambi come strumenti preziosi per l’accertamento delle posizioni dei contribuenti". "Parimenti – aggiunge Sangalli – un equilibrato ricorso alla tracciabilità dei pagamenti può significativamente concorrere al contrasto di quell’economia sommersa che, particolarmente in una fase difficile congiuntura, altera il confronto concorrenziale con il mercato, zavorra il circuito legale dell’economia, contrasta ricorsi di stabile sviluppo".

Secondo il presidente di Confcommercio, per chi paga regolarmente tasse e contributi, "la pressione fiscale complessiva ed effettiva è ben superiore al 43,2% del Pil", dato ufficiale relativo al 2009, "e può essere stimata prossima al 52%". Per questo, ha rimarcato Sangalli, è necessario condurre in porto quella che ritiene essere "la riforma strutturale fondamentale. Una riforma fiscale che, incrociandosi con la costruzione del federalismo fiscale, consenta di ridurre le tasse che gravano sulle imprese e quelle che gravano, con un cuneo fiscale e contributivo del 46,5%, sul lavoro".

Nel 2009, evidenzia il numero uno, "la pressione fiscale complessiva è stata pari, nel nostro Paese, al 43,2% del Pil. Si tratta, però, della pressione fiscale complessiva ed ufficiale, che tiene dunque conto anche di un’economia sommersa che genera un imponibile evaso nell’ordine dei 260 miliardi di euro e determina mancati introiti fiscali nell’ordine dei 110 miliardi di euro". Ecco perché il Presidente pone l’accento sulla pressione effettiva ormai prossima al 52% del Pil. Sangalli si sofferma poi sull’altra nota dolente del nostro Paese: la spesa pubblica che va controllata e ristrutturata. "Nel 2009 – ricorda – è stata pari al 52,5% del Pil. Le sue inefficienze, le sue improduttività, i suoi sprechi – dice – sono stati ripetutamente quantificati nell’ordine dei 70 miliardi di euro all’anno, pari ad un pò meno di 5 punti di Pil". Non vi è dubbio dunque che, primo, "la pressione fiscale andrà al più presto ridotta per sostenere crescita ed occupazione, rafforzando a questo fine l’azione ‘essenziale’ di contrasto e recupero dell’evasione e dell’elusione"; e, secondo, "la spesa pubblica non può più essere considerata una variabile indipendente".

Evasione ed elusione, afferma, sono "patologie che tagliano trasversalmente tutta l’economia e la società italiana" e richiedono "un impegno comune", nella consapevolezza che il dividendo economico di un’azione di contrasto è la riduzione della pressione fiscale. Nel condurre in porto questa lotta "non può che giovare il più compiuto rispetto dei principi dello Statuto del contribuente: il diritto alla tassazione del reddito effettivo e non semplicemente stimato; l’agibilità del contraddittorio con l’amministrazione finanziaria; la non retroattività delle disposizioni; la stabilità, la certezza e la chiarezza delle norme; la semplicità degli adempimenti".

"Assicurato il rispetto di questi principi, redditometro e studi di settore si confermano entrambi come strumenti preziosi per l’accertamento delle posizioni dei contribuenti. Parimenti, un equilibrato ricorso alla tracciabilità dei pagamenti – argomenta il presidente – può significativamente concorrere al contrasto di quell’economia sommersa, che, particolarmente in una fase di difficile congiuntura, altera il confronto concorrenziale con il mercato, zavorra il circuito legale dell’economia, contrasta percorsi di stabile sviluppo. Basta pensare, al riguardo, alla patologica diffusione dell’abusivismo commerciale ed alla piaga della contraffazione".

Tornando poi alla spesa pubblica che, tuona Sangalli, "va strettamente controllata, ristrutturata e riqualificata, ed anche ridotta", deve essere chiaro che questo "’bancomat’ non può essere più generosamente alimentato dalla ‘cassa continuà delle tasche dei cittadini e delle imprese!".

"Oggi, si è intervenuto con il blocco delle retribuzioni del pubblico impiego. Scelta dolorosa, ma inevitabile – osserva Sangalli – perchè nel solo quadriennio 2005-2008, le retribuzioni dei dipendenti pubblici sono cresciute del 15%. Quasi il 50% in più rispetto a quelle del settore privato. E perche, oggi ed in prospettiva, va invece sempre meglio riconosciuto e premiato il merito di chi bene opera nella pubblica amministrazione, di chi concorre alla sua maggiore efficienza e produttività, rendendo così un servizio essenziale al nostro Paese". In questo scenario, secondo il presidente, "ogni riduzione e semplificazione di regole ed adempimenti è benvenuta. Le regole occorrono, ma esse sono giuste se ed in quanto effettivamente necessarie. La riforma delle Camere di Commercio, il nuovo sportello unico per le attività produttive, le agenzie per le imprese sono opportunità rilevanti sia per la maggiore produttività della funzione pubblica, sia per la liberazione e la mobilitazione delle energie imprenditoriali del nostro Paese".

Sangalli ritiene, infatti, che chi lavora, produce e risparmia deve essere "concretamente incoraggiato a farlo". Quanto alla riduzione di spesa chiesta a Regioni e Enti locali, il numero uno di Confcommercio parla di "scelta dolorosa che sollecita la ricerca di un più equilibrato concorso di tutti i livelli istituzionali ed amministrativi al raggiungimento degli obiettivi della manovra". Una scelta che "richiede comunque una maggiore agibilità della spesa per gli investimenti da parte degli Enti virtuosi". Ma, aggiunge, "va ricordato che la spesa pubblica del nostro Paese è ormai suddivisa, al netto della spesa per pensioni ed interessi, a metà tra lo Stato da una parte, e le Regioni e gli Enti locali dall’altra. Regioni ed Enti locali hanno però una responsabilità impositiva inferiore al 18%. Insomma – dice – quello che non regge più è un deresponsabilizzante modello di ‘finanza derivata’".