“Fitna”, il film sull’Islam censurato per paura
29 Marzo 2008
“Fitna” viene dalla radice araba “fatana”, ed è una parola trilitterale la cui etimologia ha come significato primario “seduzione”.
Ma come connotazione secondaria, molto più usata,
ha invece il segno della “sedizione”. La sommossa, la divisione. La stessa che si sollevò subito dopo la morte di Maometto.
Ieri l’uscita dell’omonimo film di Geert Wilders sul sito internet Leaveleak.com ha creato invece una sedizione, una “fitna”, nel mondo occidentale islamically correct, dal segretario dell’Onu Ban Ki Moon in giù. Lo stesso che si era affrettato a derpecare e condannare le vignette del giornale damese Jylland Posten su Maometto. Tutti a deprecare e a scusarsi con gli ulema senza neanche avere visto prima di che si trattasse.
E questa reazione, combinatasi con la “geometrica potenza” delle minacce sui siti islamisti, compreso quello di Al Qaeda, ha determinato da parte del server in questione la rimozione del film pietra dello scandalo.
Chi andasse adesso a cliccare per vedersi i 14 minuti del cortometraggio “Fitna” resterebbe deluso dal leggere la seguente scritta bianca in campo nero :
“In seguito a minacce al nostro staff e ad alcuni articoli di stampa distorti da parte di certi angoli oscuri dell’informazione britannica che potrebbero provocare problemi di incolumità ad alcuni membri della nostra azienda, Liveleak.com non ha avuto altra scelta che quella di rimuovere dai nostri server il film “Fitna” di Geert Wilders.”
“Questo è un giorno molto triste per la libertà di espressione sulla rete – continua lo statement ufficiale di Liveleak.com – ma siamo stati costretti a prediligere la sicurezza personale dei nostri lavoratori alla libertà di stampa. Grazie ai milioni che ci hanno cliccato , la speranza è che da questo evento nasca una discussione di cui tutti beneficeremo e da cui tutti verremo educati al rispetto e all’accettazione reciproca”.
Ancora più amara la chiosa finale del comunicato: “tutti sanno che noi siamo stati sempre dei militanti per le idee in cui crediamo, tra cui l’abilità di farci sentire dagli altri, ma stavolta il prezzo da pagare era davvero troppo alto”.
Parole che dovrebbero imbarazzare tutte le istituzioni mondiali, dall’Onu alla Ue, passando per la cosiddetta stampa libera che ha dato un giudizio di censura preventiva sul film invece che discuterne dopo averlo visto.
Il film infatti merita più di una critica, per la qualità delle sue immagini, quasi tutte già viste; per il montaggio e per qualche eccesso propagandistico ad uso politico interno.
“Fermate l’islamizzazione, difendete la nostra libertà.”
Il messaggio del film “Fitna”, che in questo caso andrebbe tradotto con la parola “divisione” (cioè noi e loro, ndr), dell’olandese Geert Wilders, arriva proprio un attimo prima dei titoli di coda.
E rappresenta l’ideale proseguimento della denuncia del film “Submission” di Theo Van Gogh, il regista sgozzato da un immigrato marocchino, Mohammed Bouyeri in pieno giorno ad Amsterdam il 2 novembre del 2004.
Ma “Fitna”, benchè usi lo stesso metodo di accostare le immagini di prediche dell’odio e di decapitazioni ai versetti delle sure del Corano (tecnica adoperata, mutatis mutandis, anche da Van Gogh per spiegare la violenza dell’Islam sulle donne e sul loro corpo nell’indimenticabile “Submission”) non ha la stessa carica provocatoria.
E sembra più un documentario – collage, neanche particolarmente ben fatto, dei peggiori attentati e misfatti di sangue compiuti in tutto il mondo dal terrorismo islamico negli ultimi sette anni, dall’11 settembre 2001 in poi.
Certo, l’immagine iniziale del cortometraggio dove si vede la vignetta del Jiylland Posten con Maometto con il turbante a forma di bomba (e si sente che questa “testa,turbante, bomba” sta ticchettando come un ordigno a orologeria) non farà molto piacere ai fanatici di Allah e forse nemmeno ai moderati di questa religione. Ma più che un pugno nello stomaco la trovata sembra appartenere alla categoria dello spirito degli effetti speciali.
Vengono fatti vedere in sovraimpressione alcuni versetti di tre sure, la 4, la 8 e la 47, i quali, sia pure con una traduzione in inglese un po’ troppo semplificata da quella araba, di fatto incitano ad uccidere gli infedeli e coloro che non si convertiranno sulla via di Allah.
Poi una volta finita la sovraimpressione si vedono esempi concreti di questa “punizione divina”: come la decapitazione di un ostaggio in Iraq, filmati di bambine che confessano la propria vocazione al martirio anti ebraico, prediche di imam famigerati che incitano all’odio e alla violenza. In genere però tutta roba già abbondantemente vista su al Jazeera, su Memri, su al Manar, la tv degli hezbollah, e sui siti internet della jihad o sulla tv iraniana. Nulla di inedito insomma. Quello che è veramente esplicito è il discorso che riguarda l’Olanda e il proprio appeasement politically correct all’islam radicale.
Tanto da far pensare al manifesto politico di un partito di estrema destra più che a un film di denuncia.
C’è anche una tabella di cifre che dimostra come in meno di 40 anni nei Paesi Bassi si sia passati da 3 mila e 139 islamici a oltre 944 mila.
Poi c’è il grafico minaccioso che indica le persone di religione islamica nel resto d’Europa. E viene sottolineata “l’incredibile cifra” di 54 milioni, che sono poco meno della popolazione di un paese come l’Italia. Si vedono in sovraimpressione titoli di giornali olandesi che raccontano fatti quotidiani come le denuncie delle donne immigrate picchiate dal marito. O quelli sul governo che non vuole vietare il burqa. O infine quelli che raccontano delle prediche di alcuni imam che chiedono la messa a morte dei “froci”.
Ci si interroga in questa sezione del film, intitolata “L’Olanda sotto il giogo dell’Islam”, se il futuro di Amsterdam sia quello di assistere alla pubblica impiccagione dei gay in piazza o alla lapidazione delle adultere negli stadi come avviene a Teheran.
E il tutto condito con una musica di sottofondo da documentario sui campi di concentramento nazisti.
Il cortometraggio finisce dopo 14 minuti dal count down della bomba disegnata sulla testa di Maometto nella vignetta con un’esplosione che in realtà è il tuono di un temporale. Esplosione preceduta da alcune scritte bianche in campo nero che dovrebbero rappresentare la vera “welt und schauung” di Geert Wilders nonché il suo testamento spirituale e politico: “i musulmani vogliono farvi diventare una strada per l’Islam, ma l’Islam non costruirà una via per voi”,
“il governo insiste che voi dovete rispettare l’Islam,
ma l’islam non ha alcun rispetto per voi”, “l’islam vuole comandare, sottomettere e distruggere la nostra civiltà occidentale”, “nel 1945 il nazismo fu sconfitto dall’Europa, nel 1989 il comunismo fu sconfitto dall’Europa, ora va sconfitta l’ideologia islamica”.
La frase finale prima del tuono-esplosione dice “Fermate l’islamizzazione e difendete la nostra libertà”.
Se si può fare una critica al film questa riguarderebbe la qualità delle riprese, tutte di repertorio, e il montaggio. Non solo van Gogh ha fatto di meglio,
e avrebbe saputo fare di meglio anche con lo stesso materiale usato da Wilders, ma tutto il taglio di questa pellicola sembra più adatto per una festa estiva della Lega Nord a Ponte di Legno che per ricordare il grande regista scomparso e per continuare le battaglie della sua sceneggiatrice Ayan Hirsi Ali.
Il che ovviamente non significa che il film andava censurato preventivamente, come volevano fare in Olanda.
Né, tantomeno è ammissibile, che da oggi anche per Wilders, dopo avere messo in rete sul sito queste immagini, la vita sia in serissimo pericolo.