Foibe, restituire alla Storia quello che il Comunismo ha cancellato

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Foibe, restituire alla Storia quello che il Comunismo ha cancellato

10 Febbraio 2016

C’è una storia che inizia nel 1943, in Italia. Il 3 settembre, e non l’8 come tutti credono. L’armistizio di Cassibile, di cui erano a conoscenza gli slavi, quelli che facevano la resistenza, ma non gl’italiani, non i nostri soldati, aprì le danze ad una tra le più agghiaccianti tragedie della storia dell’umanità. Fu la tragedia d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia.

 

L’ambizione dei barbari, dei popoli slavi, è sempre stata quella di arrivare al mare, al sole, e quelle terre avevano proprio tutte le carte in regola. Il 9 settembre cominciarono ad entrare gli eserciti stranieri in Italia. Intere città divennero preda dei partigiani slavi, e dei comunisti italiani, loro complici. In quegli anni, infatti, un disegno perverso permeava le menti di chi, per il sogno del comunismo internazionalista, aveva scelto di vendere la propria anima di italiano, i tanti fratelli e la propria terra, a chi italiano non era, affinché s’ingrandisse il territorio della repubblica comunista jugoslava. E nel novembre del 1944, trovarono come alleati anche i garibaldini che aderirono al "Nono Corpus" sloveno, quello che poi fu responsabile dei massacri.

 

Il signor Togliatti era così fiero dei suoi italiani che avevano sposato la fede comunista, e dei suoi colleghi jugoslavi, che scrisse a proposito della loro occupazione: <<[…] È un fatto positivo, di cui dobbiamo rallegrarci e che dobbiamo in tutti i modi favorire>> perché significa <<che  in questa regione non vi sarà né occupazione, né una restaurazione dell’amministrazione reazionaria italiana, cioè si creerà una situazione profondamente diversa da quella che esiste nella parte libera dell’Italia>>. […]<<Ci sono le forze democratiche e antifasciste più decise e disposte alla stretta collaborazione con l’esercito e l’amministrazione di Tito»[…].

 

Mentre Togliatti parlava e scriveva, la strategia comunista, con i fatti, mostrava al mondo che il successo militare non era che un mero punto di partenza. Arrivare per primi nella Venezia Giulia era la condizione essenziale per il controllo del territorio. E indispensabile era anche una radicale opera di epurazione capace di eliminare, in tempi rapidissimi, tutti coloro che erano contrari al nuovo potere, e che avrebbero potuto organizzare un’opposizione interna. Dirà Kardelj echeggiando Stalin: "Diventerà nostro tutto ciò che si troverà nelle mani del nostro esercito". Saldando così rivoluzione proletaria ed interesse nazionale, e legittimando l’occupazione militare in ogni angolo del territorio italiano.

 

I comunisti (non semplicemente i "titini"!) cominciarono, allora, ad andare nelle case, e a prelevare migliaia d’italiani. E in rima con il perfetto stile comunista, decisero che di quelle persone non si sarebbe più dovuto avere neanche il lontano ricordo. Le accompagnarono ai margini di quei baratri naturali, chiamati foibe, dal latino “fovea”. Quei salti in verticale nelle viscere della terra di anche 200 metri.

 

Oggi guardiamo la provincia di Gorizia e non sappiamo che è un terzo di quella ch’era, vediamo la provincia di Venezia e non sappiamo che non c’è più niente, vediamo Trieste e ignoriamo che di tutta la provincia è rimasta solo la città di Trieste. Quello che i comunisti fecero a tutti coloro che avevano la sola colpa di essere nati italiani, non può essere ancora ignorato o mistificato.

 

Non ci abbasseremo ad un conteggio delle vittime. Ma va detto che insieme agli infoibati vanno ricordati quanti sono stati sepolti vivi nelle cave di bauxite, di cui l’Istria è ricca, e quanti sono stati gettati a mare con una pietra al collo. Il 10 febbraio vuole ricordare perché ai libri di storia vengano restituite le pagine che il comunismo ha stracciato e riscritto. Affinché ci venga restituita almeno la storia che il comunismo ha insanguinato.