Fondi immobiliari e affitti d’oro, il rischio è scoraggiare investitori esteri

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Fondi immobiliari e affitti d’oro, il rischio è scoraggiare investitori esteri

14 Febbraio 2014

Lo scorso 15 dicembre è stato convertito in legge il D.L. 120/2013.  L’articolo 2 bis permette alla pubbliche amministrazioni, al fine di  ridurre la spesa pubblica, di recedere dai contratti di locazione in  corso. Termine di preavviso 30 giorni, diritto esercitabile entro il 31  dicembre 2014.

La legge creò non poche agitazioni negli ambienti della finanza, dato che molti di questi palazzi sono di proprietà di fondi comuni  d’investimento, così intervenne la legge di stabilità 2014, l. 147/2013,  che escluse dall’ambito di applicazione del sopracitato articolo i  contratti di locazione di immobili di proprietà di fondi comuni di  investimento immobiliare costituiti ai sensi di una legge del 2001 (per  esempio il fondo Patrimonio, Fip). Tutto sembrava risolto ma il M5S  protestò vivacemente parlando di "porcata" che avrebbe salvato i c.d.  affitti d’oro. Forse però ci si era dimenticati che molti "Palazzi  romani" sono di proprietà di una semplice s.r.l. e quindi il favor nei  confronti dei fondi non li avrebbe comunque salvati.

Così, nel Decreto Milleproroghe (D.L. 151/2013), al comma 389  dell’articolo 1, viene escluso il favor nei confronti dei fondi comuni come previsto dalla legge di stabilità, ed il termine per la recessione  dai contratti è anticipato al 30 giugno 2014 con un preavviso di 6 mesi.  Sul D.L., ora in sede di conversione in aula, sono stati presentati  diversi emendamenti; uno introdurrebbe la facoltà di recesso "libero",
per ragioni di pubblico interesse, da parte delle P.A. locatarie con un  preavviso di 6 mesi dalla data in cui il recesso avrà efficacia.

E’ evidente che se il D.L. Milleproroghe venisse approvato senza emendamenti si produrrebbe una situazione di netto squilibrio giuridico a discapito del locatore, spesso fondi comuni d’investimento legati a  banche estere che potrebbero perdere ulteriore fiducia nel nostro paese.

Tanto rumore per nulla? Forse sì dato che:

– La disposizione di cui sopra del D.L. Milleproroghe non comporta  risparmi per la finanza pubblica, considerato che ai commi 388 e 389  della legge di stabilità – di carattere procedimentale – non erano stati
ascritti effetti per la finanza pubblica; eventuali effetti finanziari  positivi in termini di risparmio di spesa per locazioni passive prudenzialmente non erano stati stimati perché rilevabili solo a consuntivo

– Sul punto, pur ribadendo che alla norma in esame non risultano associati risparmi da considerare già scontati a legislazione vigente, va sottolineato che la stessa ridefinizione del termine per l’esercizio  del recesso, al 30 giugno 2014 anziché al 31 dicembre 2014, unitamente  all’obbligo di un preavviso di non meno di 180 giorni, si traduce nel far salve, di fatto, le sole risoluzioni per cui risulti ad oggi già  notificata, da parte delle amministrazioni locatarie, la volontà di  interrompere il rapporto di locazione;

– Vale la pena rilevare ancora che l’articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012,come modificato dall’articolo 49, comma 1, del decreto-legge n. 69 del 2013, ha già concesso alle regioni e agli  enti locali la facoltà di recedere, entro il 31 dicembre 2013, dai contratti di locazione in essere alla data di entrata in vigore del decreto (ossia al 7 luglio 2012), anche in deroga ai termini di preavviso stabiliti dal contratto. Tale facoltà di recesso è rimasta però pressoché inattuata.

In merito alla quaestio fondi chiusi immobiliari è in corso la liquidazione di diversi. Istituiti nel 1997 per diventare l’alternativa "finanziaria" all’acquisto diretto di immobili, ad oggi, dopo una vita  piuttosto tormentata, vi è la pratica impossibilità di vendere i beni sottostanti e dunque di rimborsare i quotisti senza rilevanti perdite in conto capitale. Con una crisi così profonda dell’immobiliare, tra prezzi
e compravendite in forte calo e la mancanza di liquidità nel mercato, una eventuale vendita forzata nel 2014 potrebbe rivelarsi un’ecatombe.

Sono questi i motivi per cui dalle società di gestione dei fondi immobiliari è partito da qualche tempo un messaggio di allarme al governo e alla Banca d?Italia. Lo scopo è quello di rendere possibile  uno slittamento in avanti, almeno alla fine del 2018, della chiusura dei  fondi. Sono infatti diversi i fondi immobiliari che andranno in scadenza nel 2014.

Benchè il DL Destinazione Italia abbia cercato di rendere più appetibile il nostro paese agli occhi degli investitori esteri (ampliamento asset cartolarizzabili, imposte sostitutive), come hanno scritto i giovani di
Youth_NCD nel loro blog, le questioni "recesso ad nutum" e liquidazione  fondi, con la conseguente immissione nel mercato di 5 miliardi di euro, non vanno sicuramente ad incoraggiare ulteriormente gli investitori esteri.