Franceschini cerca di conquistare gli ex Ds giocando la carta Touadi
23 Ottobre 2009
“Lo statuto prevede due vicesegretari. Uno sarà Touadi, l’altro sarà una donna che sceglieranno con me le donne del Pd”. Dario Franceschini, a due giorni dalle Primarie, vara il ticket e lancia Jean Leonard Touadi, nato in Congo, già assessore al Comune di Roma e transitato nel recente passato nell’Italia dei Valori. Una scelta in puro stile veltroniano, dal forte carattere mediatico e perfettamente fedele ai dettami del politicamente corretto.
“L’ho scelto per la sua storia, perché è un politico di livello e, non voglio essere ipocrita, perché è nero”. Una ammissione sincera che nasconde però un’evidente debolezza. E’ sempre più chiaro, infatti, che la deriva antiberlusconiana, consolidatasi in queste ultime settimane, non è servita a Franceschini a fare breccia presso l’elettorato di sinistra e a conquistare consensi presso la pancia dei militanti diessini. L’appoggio di Walter Veltroni e Piero Fassino non è riuscito a regalargli piena credibilità tra i post-comunisti, a consegnargli quella patente di affinità politica e culturale su cui può invece contare Pierluigi Bersani. La mossa di Touadi, dunque, altro non è che un piccolo segnale lanciato verso quel mondo ma anche verso la fascia degli elettori di età compresa tra i 16 e i 20 considerata più sensibile a questo tipo di messaggio oltre, ovviamente, agli immigrati regolari con permesso di soggiorno che, secondo il regolamento, potranno partecipare al voto di domenica.
La risposta degli altri candidati alla mossa franceschiniana è improntata al fair-play. “Apprezzamento per Touadi ma ho in mente un altro modo di organizzare il gruppo dirigente che non sia il ticket” replica Bersani, mentre ad alzare i toni ci pensa la deputata Paola Concia. “A due giorni dalle primarie trovo di cattivo gusto la scelta di Touadi. Trovo di cattivo gusto soprattutto l’aver detto che avrebbe nominato Touadi e una donna. Le donne sono un indistinto? Lo trovo offensivo nei confronti di tutte le donne di questo partito. Noi non possiamo fare i processi al centrodestra e poi comportarci verso le donne in questo modo”. Bersani, piuttosto che su Touadi, preferisce piuttosto concentrarsi sul significato politico delle primarie per lanciare, con una lettera, l’ultimo appello al voto e riassumere le sue parole d’ordine. “Abbiamo bisogno – sostiene l’ex ministro – di buona politica, onesta e responsabile; di un partito radicato tra la gente; di democrazia reale e non mediatica; di una credibile alternativa alla destra. Abbiamo bisogno di un Pd più solido e più forte”.
L’ex ministro, insomma, cerca di stare alla larga dalle polemiche. Ma, nel rush finale della campagna congressuale, la tensione resta alta. E se c’è chi, come Romano Prodi, fa sapere che voterà on line dagli Stati Uniti, dove si trova per un ciclo di lezioni, c’è anche chi, come Francesco Rutelli, non torna indietro e manifesta in maniera sonante i suoi dubbi e le sue critiche. “L’obiettivo di molte persone nel Pd è una sorta di desertificazione, cioè si vuole usare il napalm” attacca l’ex leader Dl. “In una parte della sinistra – continua il senatore – c’è l’idea che la battaglia politica sia la liquidazione di chi non la pensa come te, e questa è una cosa drammatica. La politica è tenere insieme opinioni diverse e portarle in una direzione chiara. La mia idea è che il Pd rischia di non tenere insieme opinioni diverse e di sicuro non ha una direzione chiara”. Una sortita che suscita la replica filo-bersaniana di Rosi Bindi. “Io spero – dice – che Rutelli resti nel Pd: senza di lui saremmo più poveri. Ma se ha deciso di gettare la spugna, non sia così scorretto da dare la colpa ad un segretario che ancora non c’è”.
E’ l’ultimo segnale di un malumore che tra i cattolici del Pd fatica a sopirsi. Al di là del mescolamento di carte e di provenienze che queste primarie hanno prodotto (con una larga parte dei dirigenti ex Dc schierati accanto a un ex Pci come Bersani) è sui temi eticamente sensibili che la sintesi appare sempre più difficile da trovare, come dimostra la violenza degli attacchi che hanno colpito Paola Binetti all’indomani del suo voto contro l’omofobia. Ma in una condizione complicata si trovano spesso e volentieri anche Giuseppe Fioroni, Dorina Bianchi, Luigi Bobba, Emanuela Baio. E nessuno dubita che all’indomani della sempre più probabile elezione di Bersani il nodo dovrà finalmente venire al pettine e il Pd sarà costretto a interrogarsi sulla propria identità, dimostrando di non essere la prosecuzione del Pci-Pds-Ds. Anche se sono pochi quelli davvero disposti a scommettere sull’ipotesi di un vero e proprio Big Bang, con tanto di scissioni o fughe in solitaria da parte dell’ala cattolica.