Franceschini sbanda su “dipendenti” e figli del Cav.
27 Maggio 2009
di redazione
In due giorni Dario Franceschini ha infilato due imperdonabili gaffe: della prima ("fareste educare i vostri figli da Berlusconi?") hanno già fatto giustizia i sui figli, dichiarandosi orgogliosi e fieri del loro padre e intimando al segretario del Pd di non permettersi mai più di mettere in dubbio la loro stessa educazione. Sulla seconda gaffe c’è invece ancora qualcosa da dire.
Anche perchè ha a che fare con le regole dell’informazione e ci riguarda più da vicino. Per la seconda volta infatti in pochi giorni, Franceschini ha messo in discussione la professionalità e la correttezza di giornalisti definendoli "dipendenti di Berlusconi".
E’ successo per due volte e la reiterazione aggrava molto il fatto: non si tratta di una svista, di una battuta sfuggita, ma di una palese strategia di delegittimazione. In entrambi casi Franceschini era ospite della trasmissione di Rai3 "Ballarò", una volta aveva di fronte Carlo Rossella e la seconda Maurizio Belpietro. La scena è stata identica: prima di rispondere alle loro domande Franceschini ha chiesto di fare una premessa per annunciare: "Forse non tutti sanno che questo signore è un dipendente di Berlusconi".
Le reazioni dei due giornalisti sono state diverse ma ovviamente entrambi hanno reagito con decisione alla sottointesa accusa di essere dei "venduti". Ma anche il conduttore Floris si è trovato in imbarazzo e anche se con scarsa decisione ha difeso i due colleghi peraltro da lui invitati alla trasmissione.
Siccome non c’è due senza tre, Floris dovrebbe quantomeno non invitare più Franceschini a Ballarò. Stupisce anche moltissimo il silenzio dell’ordine dei giornalisti, dei sindacati di categoria, solitamente così pronti a difendere l’onorabilità dei colleghi quando la minaccia sembra sorgere dal centro-destra mentre sono del tutto distratti quando politici di sinistra prendono di petto giornalisti "non osservanti". Due righe di solidarietà a Rossella e Belpietro ce le saremmo aspettare. O forse no.
Quanto a Franceschini dovrebbe riflettere meglio prima di parlare. E’ un marchio di infamia prendere soldi dalla berlusconiana Mondadori? Vorrà dire che la prossima volta che in qualche talk show televisivo ci sarà ospite Massimo D’Alema, Fausto Bertinotti, Giuliano Amato o Enrico Letta, i giornalisti presenti potranno annunciare al pubblico che le loro opinioni sono falsate dal fatto di prendere soldi da quella stessa Mondadori. Costoro infatti sono solo alcuni dei tanti esponenti del centro-sinistra che hanno scelto quella casa editrice per pubblicare i loro pregevolissimi libri.
E Michele Santoro che è stato a libro paga della berlusconiana Mediaset per quattro anni, forse che Franceschini non frequenta il suo salotto televisivo per questo? O che la sinistra non andava a Moby Dick quando Santoro conduceva quella trasmissione su Canale5.
E cosa vuole sostenere Franceschini, che i giornalisti pagati – per esempio – da De Bendetti sono tutti liberi, indipendenti, cristallini, mentre quelli pagati da Berlusconi sono automaticamente dei servi sottoposti al giogo del padrone, incapaci di fare il loro mestiere e persino di fare una domanda in un talk show senza che il "Caimano" tiri i loro fili?
Perchè la buona fede dei giornalisti di sinistra è sempre scontata, mentre quelli di destra sono per definizione dei venduti, abituati a tradire la verità in nome della busta paga. Forse che i bravissimi e temibili D’Avanzo, Travaglio, De Gregorio, Giannini, lavorano tutti per la gloria e rispediscono gli stipendi ai loro editori in nome della "causa"?
Non è così ovviamente e Franceschini lo sa benissimo. Acquisire un vantaggio dialettico in un dibattito televisivo screditanto l’interlocutore con il chiamare in ballo chi lo paga è una mossa pusillanime, un piccolo escamotage di chi ha poco da dire e teme che divenga evidente.