Fuggire da Boko Haram per essere ammazzato da un ultrà italiano

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Fuggire da Boko Haram per essere ammazzato da un ultrà italiano

07 Luglio 2016

Di solito sull’Occidentale non ci occupiamo di cronaca ma la storia di Emmanuel, il 36enne nigeriano picchiato e ucciso dopo che aveva reagito agli insulti rivolti da un italiano a sua moglie, Chimiary, va raccontata.

Emmanuel e Chimiary passeggiano per una strada di Fermo, nelle “tranquille” Marche, diretti verso un negozio. Incrociano una coppia di ultras della squadra locale: uno dei due italiani insulta la donna (“scimmia africana”), la strattona, provocando la reazione di Emmanuel. Risultato: il giovane viene preso a botte, colpito con un paletto della segnaletica stradale, finito a calci quando era già a terra.

Un atto ignobile di razzismo ma che deve farci riflettere sulla più generale perdita di senso nella nostra società, dove il rispetto verso gli altri, verso le donne, bianche o nere che siano, verso le persone più fragili che andrebbero difese e protette, è andato a farsi friggere. La perdita totale di ogni regola di convivenza civile la dice lunga sulla realtà che ci circonda.

Fino al paradosso per cui questo nigeriano fuggito dal suo Paese per scampare alle persecuzioni delle milizie islamiste di Boko Haram, dopo aver attraversato mezza Africa sperimentando sulla propria pelle la violenza degli scafisti libici (Chimiary abortisce durante la traversata nel Mediterraneo), arriva nel nostro Paese in cerca di tolleranza, convivenza civile, libertà religiosa, e invece trova insulti, odio, il suo assassino. Italiano.