Fuoco incrociato contro Follini da due attenti lettori

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Fuoco incrociato contro Follini da due attenti lettori

14 Giugno 2007

Due nostri affezionati e prolifici lettori – entrambi molto attenti alle cose politiche itaiane – ci hanno inviato nello stesso giorno una riflessione su Marco Follini. Lo spunto è l’adesione dell’ex deputato Udc al gruppo dell’Ulivo, ma la coincidenza dei due scritti richiede particolare attenzione. L’analisi di Enzo Sara e di Vito Schepisi è lucida e non benevola. Noi per ora ci asteniamo ma la tentazione di non dargli tutti i torti è forte.

Follini: io c’entro

Il cerchio si chiude. Il senatore
Marco Follini è passato ufficialmente dal gruppo misto al gruppo dell’Ulivo.
Nessuna sorpresa, per carità, visto che l’ex leader dell’Udc era già stato
cooptato nel maxi-comitato dei demiurghi del Partito democratico. In Italia,
d’altra parte, il trasformismo è una malattia antica e fin troppo
radicata. Eppure ci sono comportamenti, come nel caso in questione, che
superano abbondantemente ogni confine della logica e della decenza.

Una premessa: da sempre il
sottoscritto ammira i Grandi Matti, i coraggiosi visionari, i talenti
genialoidi. E li preferisce di gran lunga ai “piccoli folli”. Ma la
parabola dell’occhialuto parlamentare è oggettivamente quanto di più mediocre,
deprimente e sconcertante abbia offerto il nostro panorama politico da
parecchio tempo a questa parte. Stiamo parlando, infatti, di un signore che
nella scorsa legislatura non era (ahinoi) un pincopallino qualsiasi, costretto
a subire un progetto politico come un soldatino semplice senza voce in
capitolo. Per chi se ne fosse dimenticato, Follini è stato il leader di
uno dei partiti-chiave del centrodestra ed ha ricoperto appena appena la carica
di vicepremier. Già, pensate un po’ :  fu uno dei due vice di quel
Berlusconi che adesso finge di considerare come un peso o addirittura come una
minaccia per le “magnifiche sorti e progressive” del Centro moderato
in Italia. Non riuscirà mai, dunque, a farci credere di essere stato soltanto
uno spettatore impotente di fronte al destino cinico e baro. No, lui c’entra.
Eccome se c’entra. Ma forse sta proprio qui l’equivoco. Credo che tutti
ricordino perfettamente gli spot elettorali in cui Follini pronunciava la
fatidica frase: “Io c’entro”. Diciamo la verità: avevamo pensato
tutti a un gioco di parole che indicasse la volontà di rafforzare il Centro.
Invece il neo-ulivista si stava limitando a preannunciare la sua intenzione di
accedere a una qualsiasi stanza dei bottoni opportunamente arredata con un
congruo numero di poltrone. Di qui o di là, poco importa. Lo chiamano Harry
Potter, ma di sicuro assomiglia più a Fregoli. Quelli come Follini parlano di
Centro, ma hanno in mente solo un contenitore pieno di mastellini e mastelloni,
trasformisti e travestiti della politica.

Solo pochi mesi fa, comunque, lo
stesso Follini sembrava in grande apprensione per il futuro del centrodestra e
pontificava  su come renderlo più assennato e pulitino, meno
“chiassoso e populista” (parole sue, ovviamente). Lo statista
incompreso – anche da se stesso – trascurava clamorosamente un altro fastidioso
optional: la volontà della gente, il voto degli elettori. E sì, perchè alle
scorse politiche Forza Italia, An e Lega ottennero complessivamente più del
40%: mica male per degli avventati populisti. Peraltro ricordo che, quando
Giuliano Ferrara propose a Berlusconi di trasformarsi da leader e manager in
“azionista di maggioranza” della coalizione, uno dei giovani adepti
del senatore Follini si affrettò a commentare: “Pensiero stupendo”.
Doveva esserci un quid di freudiano, in quella reazione. Follini vola troppo
alto per saperlo, ma “Pensiero stupendo” è il titolo di una vecchia
canzone di Patty Pravo, che raccontava un amplesso a tre: un uomo e due donne.
Ora l’una, ora l’altra. A pensarci bene, sembra la quintessenza di una certa
concezione italica (e “folliniana”) del centrismo. Anche alla luce
degli ultimi sviluppi, quel brano potrebbe diventare un inno e un simbolo della
moralità politica e della fedeltà di certi personaggi.

La Cdl, dunque, può salutare il
senatore Follini senza rimpianti. E con l’augurio che il resto dell’Udc non lo
segua mai sulle paludi dell’opportunismo, lasciandolo solo in quella sua
“Italia di mezzo” tra il passato prossimo e il passato remoto. 
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   Enzo Sara

                                                                                                                          


Follini: la stampella di
Prodi

 Non se se Follini l’abbia pensata
di recente, ma quando era nell’Udc, appena un anno fa, si è candidato con
questo partito ricevendo i voti che l’hanno promosso senatore dagli elettori
della Cdl e del centrodestra. Di suo non contava un bel niente.  Ora si accorge di essere un fautore della
vecchia democrazia cristiana che guarda a sinistra. Eppure anche un anno la Cdl era schierata sul
centrodestra. Un anno fa esisteva già l’Ulivo ed all’interno una componente
politica di estrazione democratico cristiana che si schierava con il
centrosinistra. Il buffo è che ha sostenuto di non temere l’accusa di
tradimento. Ma stia tranquillo il senatore Follini, nessuno pensa che quelli
come lui arrivino a temere d’esser ridicoli! Spericolati, forse, e coriacei
nella loro faccia tosta.

Folgorato sulla via di Damasco,
il nostro, o coinvolto dal fallimento di un azzardo politico? Da segretario
dell’Udc, il peggiore, ed esser più inconsistente di Cesa significa molto,
aveva tentato il colpaccio. Approfittando di un incarico istituzionale di alto
profilo concesso dalla Cdl a Casini, ha ritenuto che non ci fosse dimeno da
chiedere se non la testa di Berlusconi e la restaurazione della nuova democrazia
cristiana, allora però in contrapposizione alla sinistra. La via di Damasco
deve esser proprio molto articolata e deve essere anche abbastanza assolata.
Solo un’insolazione, infatti, poteva 
provocare un così sgradevole rimescolamento di pensieri e strategie.

Ha sostenuto la discontinuità
nella proposta politica della Casa della Libertà, senza però mai spiegare come
dovesse svilupparsi. In molti infatti ne hanno tratto la convinzione che fosse
l’espressione dell’idea tutta folliniana di sottrarre la leadership a  chi aveva credibilità politica e soprattutto elettorale,
per sostituirla con quella di un altro leader politico. Non si osa, però, credere
che intendesse sostituire la leadership di Berlusconi con la sua candidatura. Sarebbe
proprio un vero peccato di presunzione! E senza neanche rendersi conto di
essere accreditato di cifre appena decimali!

Follini aveva dichiarato cose del
tutto contrarie appena un anno fa e si era risentito sulle voci che lo volevano
attento alle sirene della sinistra! “Alla peggio andrò a casa. A sinistra no.”
Eppure è persona che rilascia dichiarazioni dopo essersi allenato dinanzi
allo  specchio. Chissà cosa ci avrà visto
allo specchio in questa circostanza! Cosa pensare, infatti, di uno che aveva dichiarato,
dopo aver fatto le consuete prove allo specchio: “Sia chiaro che non farò da
stampella a un governo che dovesse zoppicare”?. Ora, invece, nel suo profilo si
può scrivere che ha fatto da stampella a Prodi nei suoi momenti più difficili  e che grazie al suo voto al Senato la sinistra
ha la maggioranza numerica.

“Il partito Democratico –
sostiene Follini – sarà una DC che guarda a sinistra”. Per ora, però,
nell’attesa, si è iscritto al Gruppo al Senato dell’Ulivo, capeggiato dalla DS
Anna Finocchiaro.

Non si ha niente contro la vecchia
democrazia cristiana. Se si percorre l’itinerario di un’analisi politica seria,
si deve riconoscere che la DC
ha costituito nel dopoguerra un riferimento importante per l’indirizzo politico
del Paese. Oggi, però, si sono modificate le situazioni. L’appello al mondo
cattolico non ha più la valenza della vecchia richiesta di condivisione di una
scelta di riferimento storico e culturale che vedeva l’Italia, al pari degli
altri paesi europei, concorrere all’affermazione di una civiltà che affondava
le radici nella tradizione del cristianesimo e del pluralismo. Sono caduti i
blocchi ed il pericolo, avvertito nella seconda metà del ventesimo secolo, del
precipizio verso l’alternanza totalitaria al fascismo si è indebolito.

E’ maturata nella destra italiana
una forte convergenza nel respingere ogni tentazione autoritaria. La democrazia
cristiana non rappresenta più, in Italia, la domanda di centralità di una
collocazione etico-sociale fatta di solidarietà e di valori. Oggi è superata
dalla riscoperta dell’esigenza di porre la nuova centralità sui fattori
economico-sociali che determinano lo sviluppo di una società moderna. Si è
scoperto che lo sviluppo è anche benessere e potenzialità e che invece la
solidarietà, senza che sia il frutto virtuoso della crescita, fatta solo di
spesa pubblica e di pressione fiscale, ha un scopo effimero e temporaneo ed è
destinata ad esaurirsi ed ad impoverire tutto il Paese.

Se il Partito Democratico vuol
essere il nuovo nome della sinistra di estrazione socialista è un conto. Se
deve, invece, essere la sintesi di visioni antitetiche di diversi indirizzi
politici è evidente che si presenta e si presenterà per il futuro, in tutta la
sua gravità, quel fallimento della mediazione dei partiti che alcuni chiamano
crisi politica. Appare, infatti, evidente che si stia dinanzi piuttosto ad una
crisi di identità della sinistra. Non si possono sostenere i bisogni delle
fasce più deboli, se non si sostiene la crescita produttiva e la ricchezza del
Paese.

Follini ora afferma che il
Partito Democratico sia la nuova democrazia cristiana. Ammettendo che in Italia
se ne senta il bisogno, vorremmo sapere cosa ne pensano D’Alema e Fassino e
sentire anche la base del vecchio Pci. Consentiranno costoro che l’ultimo
arrivato delinei il percorso, già di proprio tortuoso, del nuovo soggetto
politico?

       Vito Schepisi