Fuoco su Berlusconi. Ma la gente crede al premier

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Fuoco su Berlusconi. Ma la gente crede al premier

08 Settembre 2009

Si susseguono gli articoli dei grandi giornali che sostengono che Silvio Berlusconi ha attentato alla libertà di stampa con la sua azione giudiziaria contro Repubblica per le diffamazioni contro di lui.

Negli stessi e in altri articoli negli stessi giornali si pone il quesito sul perché la popolarità di Silvio Berlusconi non sia sostanzialmente calata, né in generale, né nell’elettorato cattolico nonostante i presunti comportamenti privati disdicevoli di cui è stato accusato, nonostante gli “attacchi” che Il Giornale ha fatto al direttore de l’Avvenire e nonostante le sue “intimidazione” ai giornalisti , con cui lui intaccherebbe la  libertà di stampa.

La risposte di tali giornali oscillano fra la tesi che Silvio Berlusconi , mediante le Tv e l’ editoria da lui controllata avrebbe instaurato una sorta di regime di conformismo che soffoca il libero pensiero; la tesi che gli italiani sono politicamente immaturi e cinici e accettano un leader che ha i loro vizi perché li rappresenta; e la tesi per cui Berlusoni è apprezzato perché non è la solita figura politica ma rappresenta l’antipolitica  ed è un abile persuasore.

Dalla lettura di questi articoli, spesso di firme illustri, ho ricavato due osservazioni di carattere generale. La prima è che sembra che in questi ambienti, forse a causa della loro indigestione di giustizialismo, si sia persa la dimensione del diritto come legalità. La seconda che essi vivano nei salotti, a Capalbio, a Cernobbio, a Davos, nei piani alti dei centri direzionali, non fra la gente comune.

Sul primo punto, il principio di legalità. E’ privo di senso  sostenere che chi si avvale di una azione giudiziaria per difendersi da un attacco mediatico particolarmente grave,  facente  parte di una campagna sistematica contro di lui, attenti alla libertà di stampa. Chi fa questa querela dimostra alla pubblica opinione  di non avere paura di un procedimento giudiziario che riguarda il suo onore. Non si era affermato, negli stessi giornali, da parte di firme autorevoli, che ci si deve difendere “nei processi”, non già “dai processi”?. Dove è finito lo spirito legalitario di chi sosteneva questa tesi? Inoltre nel caso specifico, Silvio Berlusconi non ha azionato, con la sua querela, un procedimento penale ma un processo civile. Ha fatto una causa per danni chiedendo, a riparazione del danno che ritiene di aver subito, una somma che devolverà a un ente benefico. Nessun giornalista rischia, pertanto, una condanna penale.

L’editore de “La Repubblica”, se il tribunale gli desse torto, dovrà versare a Silvio Berlusconi una somma di denaro che, per quanto elevata, è  nell’ambito delle sue possibilità finanziarie. Certo , questa somma potrebbe essere troppo pesante per il direttore del giornale in questione. Ma se l’editore non si accollasse la sanzione, dimostrerebbe di non avere nessuna considerazione per chi dirige il suo giornale e per chi vi scrive. Non è pensabile che ciò accada. Dunque chi ha firmato il manifesto di “La Repubblica" a difesa della libertà di stampa o ignora la distinzione fra cause civili e penali o presume che l’editore di quel giornale  sia così  gretto da non addossarsi l’eventuale  spesa derivante dalla sentenza di condanna o, ancora, ha firmato senza riflettere perché ogni firma contro Berlusconi gli dà un non effimero piacere. Ma l’attentato alla libertà di stampa non esiste, perché non c’è nessun killer. C’è invece, in chi lancia questa accusa, un disprezzo ingiustificato per il modo legale di dirimere le controversie d’onore

La popolarità di Berlusconi? Per la gente comune, Silvio Berlusconi è un leader politico affidabile non perché è un bravo persuasore, una sorta di imbonitore di fiera, come nella vulgata di tanti suoi critici, ma perché risolve bene problemi concreti. La gente si ricorda della situazione della spazzatura di Napoli, che aveva inondato la città, i sobborghi, e i paesi circostanti. E pareva un problema irresolubile in quanto tutte le località in cui si sarebbero potuti smaltire i rifiuti erano in rivolta. Berlusconi ha annunciato che avrebbe risolto il problema e alle promesse sono seguite i fatti e ora la situazione dei rifiuti campani è sotto controllo e Napoli e i suoi dintorni sono tornati ad essere meta del turismo internazionale.

Il terremoto dell’Aquila ha presentato, per Berlusconi, una sfida ancora più difficile. Le scosse hanno generato una distruzione a largo raggio con migliaia di persone senza casa e danni difficili da quantificare. I precedenti terremoti – da quello del Belice a quello dell’Irpinia, ai successivi – hanno lasciato negli italiani due cattivi ricordi: quello di inasprimenti fiscali per finanziarli e quello di lungaggini senza fine per la ricostruzione, con gente nelle tendopoli per lunghissimo tempo, spese crescenti e progetti faraonici incompiuti. Questa volta la vicenda non si è ripetuta. Non vi sono stati aggravi fiscali pèr il finanziamento dei soccorsi e della ricostruzione. Non si è ampliata indebitamente l’area del sisma per includere nei benefici per la ricostruzione località estranee. La promessa del premier di ridurre al minimo i tempi dell’intervento straordinario è stata rispettata, nonostante che le scosse si siano protratte oltre il previsto. Le baraccopoli sono state un fenomeno transitorio. E le prime case ai terremotati sono state già consegnate a pochi mesi di distanza dalla distruzione di quelle precedenti.

Anche il progetto di svolgere all’Aquila il G8  è stato portato a termine con efficienza. Unfit to rule? Inadatto a governare, come avevano scritto importanti organi di stampa inglesi, a proposito di Silvio Berlusconi? La riposta sta in questi fatti concreti, che sono sotto gli occhi di tutti e che per la gente comune contano molto di più delle maldicenze sulla vita privata del premier.

Si potrebbe affermare che questi sono episodi importanti di managerialità applicata alla politica ma la conduzione generale della politica nazionale e internazionale è cosa ben diversa. Ma anche a questo proposito, Berlusconi ha dato alla gente comune risultati concreti, difficili da dimenticare. Mi riferisco  in particolare  al periodo di panico che si è determinato quando è esplosa la crisi bancaria internazionale e i risparmiatori hanno temuto per i loro conti in banca. L’azione del governo di protezione assicurativa addizionale dei depositi bancari è stata rapida ed efficace, il panico è rientrato e la gente si è sentita rassicurata. La successiva politica di intervento mediante gli ammortizzatori sociali ha permesso di contenere la disoccupazione e di mantenere nel paese un clima di fiducia che è valso a dare serenità per il futuro, nonostante il periodo difficile.

Perché gli italiani hanno dato così poco peso alle chiacchere sulle faccende private di Silvio Berlusconi e hanno mantenuto una elevata stima per lui e perché ciò valga anche per l’elettorato cattolico, particolarmente sensibile alla questione morale? La risposta sta in questo modo con cui il suo governo affronta la crisi. Al primo posto, per l’ impegno politico e finanziario, il governo  guidato da Berlusconi non ha messo il tema del soccorso alle banche ma quello del sostegno ai lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro, dell’aiuto alle famiglie a minor reddito, della casa a chi ancora non ce la ha, della abrogazione dell’ICI sulla prima casa. In parte si tratta di interventi finanziariamente molto rilevanti, in parte di iniziative finanziariamente modeste. Ma il senso di questo indirizzo è che, prima di tutto, viene la persona umana, la famiglia. Si dirà che, allora, nella percezione della gente Berlusconi ha guadagnato consensi soprattutto per azioni  concrete che riguardano la vita economica e sociale di tutti i giorni. Ma resta da verificare la sua capacità di affrontare i grandi temi della politica internazionale e di progettualità economica. Invece  anche da questo punto di vista il premier “unfit tu rule” ha offerto risposte concrete che gli hanno guadagnato considerazione e fiducia. L’ultimo esempio è costituto dalla partecipazione di Berlusconi al cinquantesimo anniversario della rivoluzione con cui Gheddafi ha dato vita alla Repubblica libica, che da poco è stata  riammessa dalle Nazioni Unite fra gli stati che fanno parte della comunità internazionale pacifica. Tutti gli altri capi di stato e di governo hanno declinato l’invito temendo una situazione imbarazzante. Sui giornali italiani si è profetizzato che la missione politica ed economica di Berlusconi era impossibile e che l’esibizione delle “frecce tricolori” nel cielo di Tripoli era una pericolosa avventura perché esse non avrebbero potuto volare con la scia dei colori della bandiera italiana, ma solo con quella del verde della bandiera libica.

Ma le “frecce tricolori” hanno volato con i nostri colori. Un consorzio di imprese italiane costruirà l’autostrada che dall’Algeria andrà sino all’Egitto collegando fra loro gli stati dell’Africa settentrionale, in un unico mercato. E’ stato rafforzato l’accordo fra Libia ed Italia  sul controllo dell’immigrazione. E fra l’autorità del petrolio libico e l’Eni è stato concluso un accordo a lungo termine per lo sviluppo delle risorse di petrolio e gas della Libia, che costituisce un importante pilastro nel rifornimento energetico del nostro paese. Perché gli italiani danno così tanto credito a Berlusconi? Perché rappresenta l’antipolitica o perché presenta un nuovo modo concreto ed efficace di fare politica?