“Fusionismo” è la parola magica per capire cosa sono i Tea Party
06 Maggio 2010
Raccontiamo oggi una storia tutta americana che, iniziata nei lontani anni Cinquanta del secolo scorso, è ben lungi dall’essere conclusa. Il suo nome è “fusionismo”: un nome spurio, certo, ma oramai famoso. Chi ne fu all’origine certamente non chiamò così quel fenomeno, anzi non lo chiamò affatto. Il “padre” del “fusionismo” aveva infatti ben altro da fare che perder tempo a inventare neologismi e sopratutto nessuna intenzione di fondare scuole o correnti, tanto meno la voglia di farsi adorare come uno di quei guru di cui troppi esemplari circolano ancora a piede libero.
Chi invece coniò quel nome, “fusionismo”, era animato da tutt’altro che buone intenzioni. Il termine “fusionismo” fu infatti inventato per stigmatizzare ciò che veniva giudicato essere del mero velleitarismo tutto inutilmente teso a conciliare ciò che conciliare (si diceva) è impossibile, riuscendo solo a essere (si accusava) né carne né pesce. Ma così facendo i critici astiosi del “fusionismo” hanno finito per rendere un gran servizio alla sua causa; anzitutto quel nomignolo, per quanto male sonante sia e male augurante avesse l’intensione di essere, ha fornito a una realtà profonda e davvero esistente un codice identificativo spendibile in pubblico; in secondo luogo (chi disprezza compra), ogni e qualsiasi voce si sia man mano levata per prendere le distanza dalla propria personale interpretazione di quella realtà seria che, mal compresa, veniva celiata come “fusionismo” lo ha de facto fatto in perfetta funzione “fusionista”.
Cos’è allora il “fusionismo”? Il cosiddetto “fusionismo” è quell’idea forte e di fatto centrale all’elaborazione politico-culturale del movimento conservatore statunitense che è assai più della semplice illusione di poter mettere tatticamente d’accordo mondi culturali diversi sulla base di una comune seppur diversa rivalità rispetto a uno stesso nemico. Il “fusionismo” è l’idea secondo cui le culture che “a valle” si scoprono accomunate dal medesimo nemico “a monte” condividono una medesima origine. Non lo ricordano più, cioè, ma il libertarian da un lato e il tradizionalista dall’altro sono le facce di una medesima medaglia. Il primo reagisce alla ferita arrecata dal progressismo alla cultura della libertà, il secondo al vulnus aperto da quello stesso avversario alla cultura dell’ordine.
Talora il libertarian e il tradizionalista si pensano in antitesi, ma in realtà l’uno non può esistere senza l’altro. Talvolta si guardano in cagnesco (e magari sprecano il proprio tempo a ringhiarsi vicendevolmente addosso invece che digrignare congiuntamente i denti contro il vero nemico di entrambi), ma senza ordine la libertà impazzisce e senza libertà l’ordine soffoca. Così pensava l’ebreo secolarizzato morto credente cattolico Frank S. Meyer (1909-1972), ossia il “padre fondatore” di quella storia in continua crescita che si chiama “fusionismo”. Come ce lo spiegheremmo sennò un fenomeno portentoso qual è oggi il “Tea Party Movement”, un fenomeno perfettamente incomprensibile ai molti che non sanno ragionare in termini “fusionisti”?
Marco Respinti è il Direttore del Centro Studi Russell Kirk [www.russellkirk.eu]