Garantire la democrazia e la piena operatività del Parlamento. I parlamentari: anche noi in prima linea
18 Marzo 2020
“In una situazione che per la maggior parte delle persone viventi è la più drammatica mai vista, non solo per la gravità in sé ma anche per le notevoli incertezze sulla durata e sugli sviluppi della stessa, è importante che le istituzioni, a partire da quella in cui ciascun componente rappresenta tutta la nazione, ci siano”. Andrea Pertici è un Professore di diritto costituzionale all’Università di Pisa. Con queste parole si è espresso sull’Huffington Post: senza mezzi termini infatti, chiede che il Parlamento torni a riunirsi e le Camere a legiferare. Com’è noto, il diffondersi del Coronavirus ha provocato uno stallo anche nelle aule parlamentari, con una conseguente sospensione della democrazia e del normale sistema di rappresentanza democratica. Il Parlamento è sostanzialmente bloccato per evitare che il Covid-19 possa ulteriormente attecchire, dopo che, soprattutto tra i banchi del Pd, si è registrato più di qualche soggetto positivo.
Pertici, che chiede a gran voce di preservare il vero ruolo del Parlamento, non è il solo a condurre questa battaglia. Insieme a lui, molteplici parlamentari riconducibili ai diversi schieramenti in campo, in primis il senatore Gaetano Quagliariello che, da giorni ormai e in più occasioni, continua ad interrogarsi su come garantire la funzionalità dell’assemblea parlamentare in un momento straordinario come quello attuale.
Secondo Quagliariello (IDeA-Cambiamo!), mettere in quarantena l’intero sistema democratico non è possibile né auspicabile; di qui la proposta di trovare ampi spazi a Roma come palazzetti dello sport, palestre o stadi che, dopo un’opportuna sanificazione, possano essere attrezzati per ospitare i lavori di Camera e Senato. Fare questo serve – è il pensiero di Quagliariello – proprio per evitare che in un futuro Casaleggio torni a ribadire l’inutilità del Parlamento perché se avremo fatto a meno della democrazia rappresentativa “nel momento più difficile della storia della Repubblica, sarà difficile dargli torto. E sarà troppo tardi per rimediare”. Su questa linea troviamo anche Paolo Romani (Cambiamo!) secondo il quale “sotto le bombe tedesche la Camera dei Comuni si riuniva regolarmente; come dice Quagliariello, troviamo ampi spazi a Roma per riunirci ma non ci possiamo sottrarre. Non si può delegare tutto al governo, sia la funzione esecutiva e ora anche quella legislativa”. Per Adolfo Urso di Fratelli d’Italia “il Parlamento non si può chiudere mai, per nessun motivo. Bisogna conciliare le esigenze del Parlamento con quelle della discussione del Cura Italia che per noi è insufficiente e non si può accettare a scatola chiusa. Si può svolgere il lavoro nelle commissioni competenti per materia e i parlamentari che sono a Roma, se possibile, possono sostituire i colleghi fuori”.
Dal partito di Giorgia Meloni quindi massima collaborazione nel far sì che le Camere possano operare.
Fa eco ad Urso Giovanni Donzelli, secondo il quale “il Parlamento deve funzionare, dobbiamo mettere in sicurezza l’intera Nazione, non il singolo parlamentare. Noi parlamentari, spostandoci da Roma nei nostri territori, rischiamo di essere vettori di diffusione del virus. Ora è il momento di tenere aperto il Parlamento al cento per cento, credo sia possibile farlo funzionare. Se dovrà restare chiuso, vanno vagliati i mezzi tecnologici o anche altre soluzioni. Sforziamo la nostra fantasia, finora non era mai capitata una situazione simile”.
Da Forza Italia, Andrea Cangini sostiene che bloccare il Parlamento porterebbe ad una “deriva pericolosa in un’epoca in cui la democrazia rappresentativa è sotto attacco, questo a causa della retorica dell’antipolitica e dell’anticasta. Chiudere il Parlamento è inconcepibile, limitarne le funzioni è grave in uno Stato di diritto. Non far lavorare i parlamentari significa certificarne l’irrilevanza sociale. Eppure si chiama Parlamento, non votificio. Il Parlamento ha senso non perché lì si vota, ma perché lì si parla. L’appello è semplice: fermiamo almeno un attimo la deriva in corso, poniamoci il problema degli effetti simbolici e politici che il congelamento dell’attività parlamentare comporterebbe. E di conseguenza, solennemente, teniamo aperto il Parlamento”.
Si domanda dal Pd Stefano Ceccanti: “che cosa accade in un’assemblea rappresentativa se si assiste a una selezione casuale? Se cioè per malattia, positività, quarantena, vengono esclusi singoli eletti a cui peraltro difficilmente potrebbe comunque essere proibito l’accesso con atti del Governo (Dpr, Dpcm) ledendo la separazione dei poteri e, di conseguenza, si alterano gli equilibri politici e territoriali? Se accade ad esempio che un’intera zona rossa è esclusa dal voto per il decreto economico o se, per caso, i gruppi di opposizione si ritrovano in maggioranza perché i gruppi che danno la fiducia al Governo sono più falcidiati dal virus? O immaginiamo che tutto si possa risolvere con la reiterazione dei decreti, invocando una nuova necessità e urgenza, peraltro nei limiti della sentenza 360 del 1996 della Corte? E’ una questione di separazione ed equilibrio dei poteri”. E sempre dal Pd Luigi Zanda afferma che “la democrazia non è un negozio, nessuno pensi di chiudere il Parlamento. Una democrazia, anche in presenza di eventi di gravità eccezionale, deve sapere che esiste un confine invalicabile. Perciò il Parlamento e così pure la stampa e i grandi servizi pubblici non debbono chiudere mai”.
Si spera dunque, come auspicato da più esponenti politici, che il sistema della democrazia rappresentativa possa tornare a funzionare, dopo aver adottato le misure di prevenzione e di contenimento del contagio da Coronavirus. Tutte le principali istituzioni sono sensibili a questo tema: paralizzare il Parlamento, in un momento così fragile, è impensabile. Si assumano i provvedimenti opportuni e si torni finalmente a garantire la piena operatività di Camera e Senato.