Garlasco. Secondo la difesa il pc è stato manomesso

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Garlasco. Secondo la difesa il pc è stato manomesso

20 Marzo 2009

Il pc di Alberto Stasi sarebbe stato manomesso. Così come resta ipotetico l’alibi di Alberto. Quello che invece è certo è che dalle 10.17 alle 11.57 del 13 agosto nessuno interagisce con il pc, secondo quanto scrivono gli esperti del Ris. Non solo: le quattro pagine scritte tra il 12 e il 14 agosto non sono sufficienti per rendere Alberto innocente.

Secondo l’ingegnere di parte civile, il giorno prima del delitto "alle 23.34 erano già state scritte, oltre alle 2 pagine oggettivamente riscontrate, una ulteriore porzione di testo". A dirlo, spiega Reale, sono le parole inserite dall’indagato nel suo dizionario "virtuale". Infine, l’ex studente modello si limita a modificare e perfezionare un capitolo ormai ultimato.

L’alibi di Alberto resta perciò in bilico, così come resta incerto l’uso del computer al centro del duplice dibattimento. Tra foto, filmati hot e pedopornografici si nasconde, secondo l’accusa, il movente del delitto di Garlasco. File contenuti nel computer portatile e in un hard disk esterno su cui la difesa è pronta a dare battaglia. Dal 14 al 29 agosto il pc viene "aperto" 42 volte dai carabinieri prima di essere consegnato ai colleghi di Parma. Tanto quanto basta per insinuare il dubbio che qualcuno potrebbe averlo manomesso.

"Inoculare all’interno di un pc file o altro è un’operazione che a sua volta lascia tracce riscontrabili, a meno che non vengano utilizzati metodi sofisticati", sottolinea Reale. Un’eventualità che l’esperto esclude categoricamente: "è palese che tali modificazioni, pur avvenute, (si fa riferimento alla visualizzazione di immagini o altro, ndr) non hanno compromesso la possibilità di determinare tutte le tracce informatiche evidenziate nelle relazioni del Ris, del consulente della difesa Enrico Cerati e della parte civile".

In sintesi, il contenuto del computer, al di la della tesi, non è stato in alcun modo "alterato". Una macchia minima che non cancella le immagini pedopornografiche, ma che potrebbe aver cancellato l’alibi dell’unico sospettato.