Gelmini: «Vi spiego perché il Centrodestra ha i numeri per vincere»
03 Settembre 2017
Si avvicinano le elezioni politiche. Il tema dei confini della coalizione di centrodestra si fa sempre più attuale. Esso in parte dipende dalle determinazioni che verranno prese, alla ripresa, sulla legge elettorale. In parte, però, risponde a una concezione di fondo della politica e dei princìpi che dovranno ispirare la coalizione. La nascita della Federazione della Libertà al Senato ha fornito, su questo terreno, una prima risposta. Pubblichiamo una serie di interviste suscitate da alcune domande che l’Occidentale ha sottoposto ad alcuni dei protagonisti del dibattito interno al centrodestra. Oggi ne discutiamo con Mariastella Gelmini, parlamentare di Forza Italia, già ministro dell’istruzione del governo Berlusconi IV.
Si avvicinano le elezioni, il centrodestra ha ottime chance di prevalere ma dovrà decidere con che schema di gioco presentarsi in campo. Nel caso in cui la legge elettorale non venga modificata e si vada a votare con i sistemi usciti dalla Consulta, e dunque alla Camera resti il premio alla lista che raggiunge il 40 per cento, il centrodestra dovrebbe presentare una lista unica di coalizione? E in tal caso, chi ne dovrebbe far parte?
Noi lavoreremo fino all’ultimo per dare al Paese una legge elettorale che permetta governabilità senza umiliare la rappresentanza. Tocca al Pd trovare una voce unitaria e consentire all’Italia di avere una nuova legge elettorale. Da parte nostra, c’è il massimo impegno per trovare una quadra e dare maggiore stabilità al Paese. Come in Sicilia, dove abbiamo appena siglato l’accordo Musumeci-Armao, che rappresenta l’occasione giusta per voltare pagina e per garantire cinque anni di buon governo alla Regione, confido che anche a livello nazionale ci presenteremo uniti. Sappiamo bene che la nostra coalizione – nessuno escluso – ha i numeri per vincere. Il centrodestra, infatti, rappresenta l’unica alternativa al disfattismo della sinistra e al dilettantismo del Movimento 5 Stelle.
Nel caso invece vi sia una legge basata sulle coalizioni, la Federazione della Libertà sperimentata al Senato – e cioè un raggruppamento delle forze di centrodestra liberali, cristiane e conservatrici, distinte dalla Lega ma alleate con il Carroccio – potrebbe essere un modello da riproporre?
E’ prematuro ma credo che per conquistare la guida del Paese occorra dare agli italiani la dimostrazione di una coesione straordinaria, fondata su un programma forte, in grado di dare al Paese le risposte che merita. Nelle Regioni in cui governiamo non ci sono divisioni, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, spesso con formazioni centriste stanno lavorando efficacemente. E i cittadini se ne sono accorti. Per quanto riguarda la Federazione della Libertà, credo rappresenti una vera e propria ricchezza per la coalizione, un’esperienza positiva per un centrodestra unito, largo e di governo.
Il rapporto con la Lega è antico, esiste fin da quando esiste il centrodestra di governo. Al di là delle schermaglie dialettiche, nel quadro politico attuale quali difficoltà e quali opportunità presenta oggi l’alleanza?
Difficoltà reali non ne vedo. Certo ci sono sensibilità diverse ma sui temi che guardano a riformare il Paese c’è piena sintonia. Parlo della riforma fiscale, di quella del welfare ma anche della necessità di rivedere i trattati in sede Ue. Sui migranti sono spesso i toni che cambiano ma ormai mi pare che – almeno a parole – anche il governo Gentiloni si sia arreso e proponga la ricetta voluta da Berlusconi anni fa.
Un quadro di accordo federativo tre le forze conservatrici, liberali e cristiane può contribuire a valorizzare la componente della destra nazionale?
Vedremo come sarà la legge elettorale. Personalmente credo che le forze della coalizione di centrodestra debbano avere pari dignità. Occorre coinvolgere quel 50% di elettori che, ad oggi, non trovano ragioni per andare a votare e, per farlo, credo sia necessaria un’apertura alla società civile, alle associazioni, al mondo delle professioni, della scuola e dell’Università. Non è il momento di favorire divisioni, ma di costruire intese chiare e ampie, nell’interesse del Paese.