Genocidio armeni, Berlino e la reazione di Ankara

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Genocidio armeni, Berlino e la reazione di Ankara

03 Giugno 2016

Il Parlamento tedesco ha approvato in queste ore una risoluzione con la quale definisce “genocidio” la strage degli armeni del 1915. La reazione della Turchia non si è fatta desiderare: è stato richiamato l’ambasciatore ad Ankara, mentre il presidente Recep Tayyip Erdogan da Nairobi ha annunciato “serie ripercussioni” nei rapporti tra i due Paesi ma anche con l’Europa. 

A meno di 24 ore dal voto con cui il Parlamento tedesco ha riconosciuto come genocidio il massacro di 1,5 milioni di armeni durante l’Impero Ottomano, cambia già il tono delle dichiarazioni che arrivano da Ankara. Dopo l’ira di ieri oggi spetta al nuovo primo ministro, Binali Yildirim, aggiustare il tiro. I rapporti tra Ankara e Berlino “non si deterioreranno completamente”.

Secondo l’Armenia furono un milione e mezzo i morti, il triplo di quelli riconosciuti da Ankara , ma al di là dei numeri sono le modalità a costituire il nervo scoperto di una questione che appare non avere sintesi né soluzione. Per gli armeni rastrellamenti, campi di sterminio e pulizia etnica non laciano spazio a dubbi: fu genocidio. Per i turchi la carenza di cibo e il freddo glaciale che attanaglia sistematicamente una regione dove le temperature raggiungono anche i -50°C, furono tra i principali fattori alla base di una strage che vide morire, secondo Ankara, anche più del 60% dei soldati turchi.

E’ bastato il termine “genocidio” ad aprire una crisi tra la Turchia e il suo principale partner commerciale. Erdogan aveva già messo in guardia la cancelliera Angela Merkel con una telefonata di venerdì, invitando la cancelliera a considerare i rapporti tra i due Paesi e i tre milioni e mezzo di cittadini turchi residenti in Germania, prima di dare alcun tipo di giudizio sulla vicenda storica.

E infatti Erdogan ha avvertito: si tratta di una decisione che “comprometterà seriamente i rapporti tra i due Paesi”. E di “errore storico”, ha parlato il governo turco che ha respinto la risoluzione del Bundestag come “nullo e mai avvenuto”, e richiamando l’ambasciatore. 

L’approvazione della risoluzione da parte della Camera bassa tedesca arriva proprio al culmine delle tensioni per l’accordo sulla crisi dei migranti che prevede, in cambio dell’aiuto di Ankara, l’abolizione del visto Ue per i cittadini turchi se la Turchia rispetterà le condizioni poste da Bruxelles. Un prezzo politicamente elevato per Berlino che in caso di apertura delle frontiere europee rischia di vedere intensificato l’arrivo di cittadini turchi. 

Per il neo premier Binali Yildirim si tratta invece del primo banco di prova in ambito di politica internazionale. Negli scorsi giorni Yildirim aveva definito “ridicola” la discussione della risoluzione da parte del Bundestag, per poi riferire i tragici fatti del 1915 a “dinamiche normali in tempo di guerra, avvenuti in qualsiasi territorio che abbia combattuto la prima guerra mondiale”. 

Il ministro degli Esteri tedesco, Wolfgang Steinmeier, da Buenos Aires ha cercato di gettare acqua sul fuoco: “Ci aspettavamo il malcontento da parte di Ankara, lavoreremo nelle prossime settimane per evitare che le reazioni diventino sproporzionate”.

I repubblicani del Chp, principale partito di opposizione, attraverso il portavoce Ozturk Yilmaz ha definito “inaccettabile” il voto tedesco, un voto che danneggia i cittadini di origine turca e pone un ulteriore ostacolo al processo di riavvicinamento di Turchia e Armenia, mentre i nazionalisti del Mhp hanno invitato Berlino “a riprendersi gli immigrati”. 

Nel 1915 gli imperi centrali erano alleati a quelli ottomano e “101 anni dopo il genocidio è tempo di riconoscere i propri torti”, ha affermato Özdemir. “Sapevamo esattamente cosa stesse succedendo agli armeni. Da Erdogan non ci aspettiamo nulla di buono ma invitiamo i nostri amici turchi a riconsiderare la loro storia”. Quanto infine alle minacce ricevute: “Non andrò in galera per le mie idee né perderò il mio lavoro: qua non siamo in Turchia, qua c’è la democrazia”.