Gentiloni-Boschi: governo clonato, governo sfortunato

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Gentiloni-Boschi: governo clonato, governo sfortunato

13 Dicembre 2016

Avevamo avuto governi balneari, tecnici, di scopo, elettorali, ma ancora ci mancava il “governo duplicato”, peggiore dell’originale non tanto nei volti – praticamente gli stessi – ma nella dinamica che ne ha permesso la creazione. Perché, se ci pensiamo prima, racchiude tutti gli elementi degli esecutivi citati prima. E’ balneare (anche se la stagione fa propendere più per la settimana bianca) perché da subito Renzi ha chiarito che non avrà né vita né facile né tantomeno duratura. E’ tecnico, perché studiato a tavolino per esaltare la “nostalgia canaglia” del povero Matteo costretto a giocare a playstation non più con Orfini ma con i bambini (se differenza c’è). E’ di scopo, perché in questo modo rafforza il “giochetto” con Verdini dello sceriffo buono e cattivo in ottica Partito della Nazione e, infine, è chiaramente elettorale perché se c’è una cosa che Renzi vuole, e alla svelta, è andare alle urne avendo le mani libere e cercando di menare con le stesse con gli slogan più populistici del millennio.

Tutto chiaro, dunque? No, tutt’altro. Perché si dà il caso che nel frattempo il Paese stia scivolando nell’abisso finanziario dell’insostenibilità di bilancio, con le banche che saltano come tappi di spumante mentre lo champagne, francese e di marca, scorre a fiumi per le operazioni che nessuno vede – o vuol vedere – in Generali, Telecom, Mediaset e Unicredit, solo per fermarci ai dossier più rilevanti. Non è questioni di squali o speculazione, ma della colossale incapacità dei nostri decisori pubblici di reagire a una colonizzazione in piena regola. Perché non sta in piedi la storia del “è il mercato, bellezza”, se nel frattempo ti fai bello con la favoletta della nazionalizzazione del Monte dei Paschi di Siena, esempio paradigmatico di come il nostro Paese sia rimasto davvero fermo agli anni Settanta, e non per nostalgia vintage. In tutto questo, la povertà galoppa nella prateria della paura e del disagio e la corruzione continua a generare flussi migratori verso le carceri.

Paolo Gentiloni sa bene di essere un premier con la data di scadenza impressa in fronte. Una data che non necessariamente è quella di fine legislatura, come invece egli auspicherebbe, ma legate alle ubbie del giovin signore di Rignano, pronto a usare ogni mezzo per tornare a esercitare il potere in prima persona e non solo attraverso il giglio magico, attrezzatosi per la bisogna anche e soprattutto in vista della tornata di nomine pubbliche di primavera. Chi ha visto nel gesto della Boschi di rimanere a tutti i costi nell’esecutivo una impuntatura caratteriale forse non ha capito che al contrario Maria Elena deve farsi carico delle richieste di Matteo, eseguirle e metterci la faccia, con il rischio di saltare davvero se qualcosa andasse storto. Proprio per questo Lotti si è defilato, preferendo la sinecura dello Sport, un dicastero che gli si addice solo per la specialità del tiro al piattello. Insomma, sarà ancora una volta la gestione del potere il filo rosso che racconterà molte cose di questo governo “duplicato”, affidato a un (vis)conte dimezzato.