Georgia, la piazza si ribella contro Saakashvili. Ma Washington attende
09 Aprile 2009
Gli Stati Uniti guardavano con simpatia a quel movimento democratico di massa e ad un cambio di orientamento nella politica georgiana in direzione filoccidentale. Ma a distanza di sei anni la piazza sta nuovamente montando contro il proprio presidente, accusato di aver tradito gli ideali democratici della rivoluzione per aver messo il bavaglio alla stampa (l’ultimo giornale a dover sospendere le tirature è il "Georgian Times", il maggiore quotidiano dell’opposizione), per aver accentrato nelle proprie mani poteri sempre più ampi (il presidente ha licenziato sei primi ministri in sei anni) e aver portato il paese alla crisi finanziaria (la disoccupazione attualmente al 9 per cento continua a crescere).
Per non parlare della guerra contro la Russia dell’estate scorsa, costata molto alla piccola repubblica caucasica, e le cui origini sono tutt’oggi controverse. La più benevola delle ricostruzioni indica quantomeno una certa ingenuità da parte del presidente caduto nella trappola della provocazione russa. Il risultato è che gli investitori stranieri sono in fuga e il paese versa in condizioni critiche.
In queste condizioni è quasi inevitabile che le opposizioni protestino. Ma quella che inizia oggi è una protesta che merita particolare attenzione perché per la prima volta raccoglie l’adesione e la partecipazione di 17 partiti dell’opposizione dal Democratic Movement-United Georgia dell’ex speaker del parlamento Nino Burjanadze, alla Alliance for Georgia dell’ex ambasciatore georgiano alle Nazioni Unite Irakli Alasania, al Republican Party di Davit Usupashvili, al Movement for a United Georgia di Eka Beselia.
Non solo, persino alcuni membri del governo stanno iniziando a fare pressioni sul presidente affinché rassegni le dimissioni e accolga le richieste dell’opposizione indicendo nuove elezioni. Ma Saakashvili ha già fatto sapere che non intende dimettersi. "Non importa quante persone parteciperanno alla protesta, nessuna manifestazione, per quanto grande, può sovvertire il risultato di libere elezioni democratiche" ha dichiarato Davit Bakradze, portavoce del Parlamento georgiano e alleato del presidente all’interno del partito United National Movement.
Nel frattempo Saakashvili ha messo in stato d’allerta le forze armate, pronte ad intervenire per reprimere i manifestanti, come già accaduto durante la protesta del novembre 2007 spenta con l’aiuto di proiettili di gomma e lacrimogeni. Ma quella protesta raccolse circa 15.000 manifestanti, mentre la speranza delle opposizioni, allora divise ma oggi unite in un fronte comune, è di chiamarne a raccolta più di 100.000 (le prime notizie che arrivano dalla capitale parlano per il momento di circa 50.000 manifestanti), ed è quantomeno dubbio se il presidente avrebbe la capacità di intervenire contro un numero così elevato di cittadini.
A questo punto gli occhi sono puntati non solo su Tbilisi ma anche su Washington. Il rappresentante del Dipartimento di Stato americano, Matthew Bryza, in una conferenza stampa all’Hotel Marriott lo scorso mese ha dichiarato che “il mandato del presidente scadrà nel 2013” chiudendo implicitamente la porta alle richieste dell’opposizione. Ma se la manifestazione sarà un successo e riuscirà davvero a raggiungere il livello di partecipazione annunciato dagli organizzatori sarà difficile per Washington fare finta di niente.