Germania e Polonia ai ferri corti sulla memoria della II Guerra Mondiale

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Germania e Polonia ai ferri corti sulla memoria della II Guerra Mondiale

18 Marzo 2009

Erika Steinbach ha dunque rinunciato. Dopo aver conteso per settimane la ribalta dell’opinione pubblica tedesca ad una Angela Merkel duramente impegnata tra campagna elettorale e piani speciali d’intervento a sostegno di economia reale e banche, la presidente di ferro della BdV (“Bund der Vertriebenen”, l’Unione dei Profughi, che il prossimo 22 agosto festeggerà i suoi 50 anni dalla fondazione) ha rinunciato alla candidatura a far parte del comitato consultivo per l’erezione di un monumento commemorativo dei profughi della Seconda Guerra Mondiale. A nulla è valsa la sua lunga appartenenza alla CDU (è tuttora membro del Consiglio Federale del partito della cancelliera).

Le vicende drammatiche dei milioni di profughi tedeschi dai territori orientali, i cosiddetti Vertriebener, complice la quarantennale divisione della Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono rimaste a lungo dimenticate. In particolare, dopo un paio di decenni nei quali la SPD riuscì a raccogliere il consenso dei profughi in virtù della sua “Ost-Politik”, la svolta decisiva venne impressa da Willy Brandt nel 1969, quando da cancelliere si decise per la soppressione di quello che era stato fino ad allora il “Ministero per i profughi”.  Da quel momento la distruzione della memoria e la soppressione di qualsiasi sentimento nostalgico verso una patria perduta si sono rivelate per decenni un’efficace strumento nelle mani della sinistra tedesco-occidentale per esaltare l’esperimento comunista nella sua versione tedesco-orientale.

Dopo che nel dicembre scorso era stata approvata dal Bundestag la legge per la costituzione di una Fondazione “Fuga, Cacciata e Riappacificazione”, la candidatura della Steinbach era stata sollecitata dalle varie associazioni riunite nella BdV. Immediata la reazione di quegli intellettuali e politici polacchi che vedono nell’esponente della CDU, da così lungo tempo impegnata nella difesa della memoria e dei diritti dei profughi, l’esponente di punta di un movimento politico-culturale teso a rimettere in discussione i confini tra Germania e Polonia, stabiliti nel 1945 con la “linea Oder-Neiße”.

Fin dagli inizi di febbraio ci sono state forti pressioni su Angel Merkel da parte del Primo Ministro polacco, Donald Tusk, come pure dall’anziano ex Ministro degli Esteri Wladyslaw Bartoszewski, tutt’oggi incaricato di seguire i rapporti tra Polonia e Germania, il quale si è lanciato in un avventuroso paragone: “Se le verrà riconosciuto quel posto,” ha detto, “sarà come se il Vaticano inviasse il vescovo negazionista Richard Williamson come nunzio apostolico in Israele”.

Un paragone tanto più infelice, in quanto Bartoszewski, come tutta la stampa polacca, è sembrato voler ignorare il fatto che la Steinbach è stata membro per dieci anni della francofortese WIZO (Womens International Zionists Organisation) e che venne chiamata fin dal 1985 a far parte della DIG, la Società per l’Amicizia Israelo-Tedesca. Da gran parte dei media polacchi è stato creato così ad arte un vero caso di “psicosi nazionale”, tanto che al suo nome della politica tedesca è stata accostato il davvero poco simpatico attributo di “bestia bionda”.

Non risulterà troppo strano poi che la dura presa di posizione anti-Steinbach dei nazionalisti polacchi sia stata accolta e sostenuta in Germania da esponenti politici socialdemocratici, comunisti e verdi. Dato conto del grande imbarazzo manifestatosi in queste settimane negli ambienti CDU, gli attestati di stima e sostegno alla sua candidatura sono giunti alla Steinbach, oltre che da gran parte della stampa più moderata, da singoli esponenti dei liberali della FDP, dall’ala cosiddetta “conservatrice” della CDU e dai cristiano-sociali della CSU.

E Angela Merkel? Dopo che per giorni si è astenuta dal manifestazione pubbliche di solidarietà alla sua collega di partito, auspicando una soluzione “nello spirito della riconciliazione”, è arrivata infine la svolta di ieri, quando ha annunciato all’ultimo momento la propria presenza alla giornata annuale di ritrovo delle associazioni di profughi, a Berlino. Finalmente la volta, dunque. Accolta calorosamente, è stata la stessa Steinbach, intervistata dalla FAZ, a prendere le difese della cancelliera dalle dure critiche che le sono piovute addosso da una buona parte dell’Unione. “Siamo state sempre in contatto”, ha rivelato e infine, citando il brano evangelico dal Discorso della Montagna e pensando all’imprevista visita della cancelliera, ha aggiunto: “Li riconoscete dalle loro opere”.