Germania vs Spagna, l’Europa che conta cerca un posto in prima fila
07 Luglio 2010
“Parlo in spagnolo a Dio, in italiano alle donne, in francese agli uomini e in tedesco al mio cavallo”. Un poliglottismo di tutto rispetto, quello di Carlo d’Asburgo, che certo gli generò pure una qualche confusione il 24 febbraio del 1530, incoronato Imperatore a Bologna nella basilica di San Petronio da Papa Clemente VII di fronte ai suoi sudditi e con al fianco la moglie e consorte Isabella del Portogallo.
Le avrà usate tutte per dire che sul suo Impero non tramonta mai il sole, un dominio assoluto e sterminato su tre continenti iniziato proprio con l’eredità dei domini spagnoli da parte di madre e l’elezione dei principi tedeschi ad Imperatore del Sacro Romano Impero alla morte del nonno paterno Massimiliano I.
Una monarchia e una federazione di Stati, in Germania e Spagna dopo cinque secoli le forme di governo sono le stesse e ora come allora una Repubblica Federale e una Monarchia Parlamentare si contendono la supremazia, stavolta “solo” calcistica, nella seconda semifinale del mondiale sudafricano. Protestanti tedeschi contro cattolicissimi spagnoli, opposti nella Guerra dei Trent’anni, a braccetto alla fine degli anni trenta. La prima economia europea da ottanta milioni di abitanti e 35mila dollari di pil pro-capite contro la Spagna del “fu” boom economico.
Angela Merkel “la cancelliera” e i suoi “neit” di rigore finanziario parevano lasciare immune la Spagna zapateriana dalla crescita smisurata. Almeno fino al 2008: col tasso di disoccupazione triplicato al 20%, la crescita ad un terzo e il debito pubblico che sale, giusto la nazionale di calcio pare in ascesa, e solo quella però, vista l’ultima finale di Champions League fra l’Inter mourinhiana e il Bayern Monaco, vera ossatura della nazionale tedesca.
Che sorprende sia a sinistra che a destra: “Bianco non è soltanto il colore di una maglia. Vogliamo una vera Mannschaft”. I volantini razzisti stampati dai nazionalisti dell’Ndp prima del mondiale mai come adesso risultano anacronistici in una rosa “colored” con undici giocatori di sangue straniero, Dennis Aogo, Sami Khedira e Jerome Boateng figli di immigrati venuti dalla Nigeria, dalla Tunisia e dal Ghana, Ozil turco e pure musulmano, Klose e Podolski polacchi. Nessuno in rosa gioca all’estero e Loew gongola. Altro che palmares imbarazzante, retrocesso in serie C, esonerato in Turchia, uno scudetto col Tirol Innsbruck ma con successiva bancarotta del club, riesce lo stesso pure senza Ballack ad esaltare i tanti gregari rispolverando panchinari come Klose e Podolski in un trionfo strategico per gioco e motivazioni infuse ad una squadra dall’età media di 24,9 anni e con cinque elementi pescati dall’Under 21 (Manuel Neuer, Jerome Boateng, Mesut Ozil, Marko Marin e Sami Khedira). Il maglioncino blu più famoso del momento è a un passo dalla consacrazione mondiale.
Sarà pure "Una finale contro la storia" (Fidel Castro sul sito Cubadebate.cu), un mondiale “maleducato” che butta fuori subito le ultime finaliste e scaccia ad una ad una le blasonate sudamericane, ma resta sempre puntuale e inossidato il valore della scuola calcistica tedesca. Per la dodicesima volta in semifinale, per gli spagnoli è invece la prima, in un remake dell’ultimo atto degli europei austro-svizzeri.
A Vienna decise la classe del niño Torres, che però operato per la seconda volta in tre mesi il 18 aprile scorso per ora recita solo la parte del fantasma di se stesso. Tutto l’opposto di Klose e Villa: quattro gol il tedesco, e sono quattordici in tre edizioni mondiali, come Gerd Muller e ad un passo dai quindici di Ronaldo, cinque reti Villa. I campioni d’Europa cercano concentrazione nel campus universitario di Potchefstroom, un ex monastero di clausura ora università dove l’ordine di Xavi, lo stile di Iniesta e tanta, troppa qualità in mezzo al campo fanno comunque da contrappasso a una condizione fisica meno pimpante di quella tedesca. Tecnica contro potenza: "Deutschland uber alles" canta l’inno, la Germania sopra tutto.
Che vinceranno loro ne è convinto anche il fenomeno mediatico dei mondiali, e vista la precisione e l’esattezza dei precedenti pronostici di Paul, pare che i ristoranti tedeschi abbiano smesso di servire da un pezzo insalata di polpo.