Gheddafi (sembra) più saldo al potere

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Gheddafi (sembra) più saldo al potere

18 Febbraio 2011

Il "giorno della rabbia" non è ancora arrivato per la Libia. Ieri, quella che doveva essere la giornata dedicata alla protesta contro Gheddafi si è trasformata nel suo contrario: con centinaia di sostenitori del Colonnello a sbandierare per le strade di Tripoli la loro fedeltà al governo.

Certo, lontano dalla capitale, a Bengasi e ad Al Bayda, dove da anni è più forte la presa dell’opposizione, qualche disordine si è registrato anche ieri, dopo i più gravi tumulti di martedì. Fonti della protesta e siti internet con base all’estero parlano anche di quattro vittime tra i manifestati anti-regime. La potente polizia del regime ha comunque avuto giuoco facile nel sedare e arrestare i dissidenti.

La miscela libica poteva essere esplosiva dopo la cacciata di Ben Ali dalla Tunisia e di Mubarak dall’Egitto che hanno creato un’ondata emotiva forte attraverso una popolazione altrimenti piuttosto rassegnata. A questo si era aggiunto l’arresto di Fatih Tarbel, uno degli avvocati delle famiglie dei detenuti del carcere di Abu Salim, teatro di uno dei momenti più oscuri del regime gheddafiano: una protesta repressa sanguinosamente a freddo nell’estate del 1996, le cui vittime furono più di mille, uccise a colpi di kalashnikov e lanci di granate. Per questo le famiglie dei detenuti scomparsi (i loro corpi non sono mai stati ritrovati) si erano subito riversate in piazza a chiedere la sua liberazione.

Ma la scintilla non è scoccata e subito gli analisti si sono precipitati a illustrare i motivi per cui la Libia non può essere paragonata all’Egitto. Il paese dei Faraoni era un gigante dai piedi di argilla con quasi 80 milioni di abitanti da sfamare e scarse risorse naturali, con un Pil pro capite di appena 2,700 dollari. Al confronto la Libia è un ricco, piccolo paese di appena 6,5 milioni di abitanti, con le più ampie riserve petrolifere del nord Africa e con un Pil pro capite di 12.000 dollari. Un paese dove il regime ha ampi spazi di manovra, grazie ai proventi petroliferi, per comprare il consenso e mettere a tacere il malumore di giovani e disoccupati.

Eppure questi stessi dati potrebbero presto portare al ribaltamento dell’attuale situazione di favore per Gheddafi e il suo clan. L’enorme ricchezza della Libia è in realtà concentrata in pochissime mani, le disparità sono quindi più evidenti ed esplosive, la corruzione degli apparati pubblici è più diffusa che in Egitto o in Tunisia e il tasso di disoccupazione è più alto che nei paesi vicini. In Libia come in Egitto il potere è nelle mani della stessa persona da decenni e la successione, ormai imminente è, anche qui, già destinata alla figliolanza.

L’Economist ha appena elaborato un nuovo indice ponderato per aiutare le previsioni sul diffondersi della "rivoluzione dei gelsomini" all’interno dei 22 paesi della Lega Araba e lo ha chiamato "The Shoe-Thrower’s index", (l’indice del lanciatore di scarpa, inteso come indicatore della massima esasperazione popolare). Il calcolo comprende elementi come la permanenza al potere (Gheddafi regna dal 1969 ed è il più longevo tra i leader dei 22 paesi), il tasso di disoccupazione tra i giovani, la censura, la percentuale di abitanti sotto i 25 anni, il tasso di democrazia e altro ancora. Dal grafico risulta la Libia si colloca al secondo posto come paese maggiormente a rischio "rivoluzionario" subito dopo lo Yemen. Seguono l’Egitto (dove i fatti hanno anticipato i dati), la Siria e poi tutti gli altri.

C’è una grossa scarpa in volo da mesi nei cieli dei paesi arabi e molto lascia ritenere che la prossima tappa sia proprio a Tripoli.

(tratto da Il Tempo)