Gheddafi tiene a Tripoli ma le sue truppe non riconquistano al-Zawiya

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Gheddafi tiene a Tripoli ma le sue truppe non riconquistano al-Zawiya

01 Marzo 2011

La situazione in Libia è sostanzialmente allo stallo. Tutto rimane fluido. Lo scontro tra le forze lealiste e quelli ribelli continua e nessuna delle due fazioni ha oggi le risorse e il favore del campo per imporsi sull’altro. Fatto sta che, nonostante i fiumi di parole e i canti di vittoria dei sostenitori interni e esterni della rivolta libico, che la partita della conquista del potere Libia è lungi dall’esser stata vinta. La contro-offensiva delle forze fedeli a Gheddafi, iniziata ieri e continuata sino alle prime ore della giornata di oggi, non sembra aver portato ai risultati sperati.

L’assalto dei lealisti della scorsa notte nella città a Zawiyah, a 50 km a Ovest di Tripoli, non sembra aver dato i risultati attesi dal governo. I ribelli, secondo testimonianze di cui ha dato conto il Wall Street Journal, avrebbero resistito a attacchi su sei fronti differenti da parte delle forze lealiste del colonnello. Sempre secondo il giornale newyorkese giovani ribelli avrebbero presidiato i tetti della città per scorgere i movimenti delle truppe lealiste.

Da par sua, il colonnello Gheddafi, il quale controlla ancora Tripoli, si troverebbe nel campo di Azizyeh. Avrebbe inoltre disseminato i propri figli Seif al-Islam, Saadi e Khamis rispettivamente a Est, Ovest e Sud della città al fine di prevenire eventuali assalti da parte dei ribelli. Il territorio libico è ormai spaccato: la Tripolitania e il Fezzan rimangono saldamente in mano alle truppe lealiste del colonnello.

Le forze gheddafiane ammonterebbero a 20-30 mila unità, secondo le fonti disponibili, tra le quali spiccherebbero le forze speciali: 3 mila uomini ben addestrati, estremamente fedeli al regime e con interessi personali in qualche modo legati alla sopravvivenza della dittatura. Oltre alle famose milizie che da ieri sono guidate da Mansour Dhu al-Qabasi che è andato a sostituire Abdullah al Senussi. Sempre di ieri la notizia che Bouzid Durda, ex-capo dell’intelligence libica all’estero, è stato nominato dal colonnello capo negoziatore per il lancio di trattative con i vertici delle forze dell’Est.

Sul fronte opposto, le forze dei ribelli restano ben salde nella roccaforte di Bengasi. Guidate dall’ex-ministro della giustizia libico, Mustafa Abdul Jalil, oltre a essere condotte sul campo da figure di spicco come l’ex-ministro degli Interni libico, Abdel Fattah Yunis e il Generale Abdul al-Obeidi, a lungo numero due del regime. Le truppe dei ribelli ammonterebbero a circa 8 mila unità, per lo più composte di ex-militari dell’esercito regolare, giovani volontari o militari in servizio che hanno defezionato.

Le stime di questi giorni danno inoltre a circa 12 mila quelle unità dell’esercito che avrebbero abbandonato la divisa per tornare alla vita civile, probabilmente per non ritrovarsi a combattere i propri ex-commilitoni. I ribelli avrebbero conquistato una non trascurabile quantità di armi dalle varie caserme che, di volta in volta, sono cadute nelle loro mani. In particolare i ribelli disporrebbero di batterie e fucili anti-aerei oltre che a qualche unità blindata. Mezzi militari, quelli dei rivoltosi, che non reggono l’urto dei jet libici, la cui disponibilità resta il grande vantaggio competitivo del colonnello Gehddafi.

Ma la Libia non è solo un partita che si gioca dentro i confini libici, come noto. Secondo il sito debkafile, l’Egitto starebbe aiutando i rivoltosi di Bengasi fornendo armi e savoir faire militare alle forze dell’Est. In particolare forze speciali egiziane starebbero tentando di fornire ai rivoltosi libici sostegno logistico per un comando militare integrato da costituirsi in una cittadina vicina la confine libico-egiziano.

In Europa, il governo inglese ha proposto, tanto pubblicamente in Parlamento che sulla stampa britannica, ‘fantomatici’ scenari di imposizione di no fly zone sulla Libia, i tutto nella giornata di ieri. Proposte di opzioni militari, quelle britanniche, peraltro già prontamente ridimensionate nella mattinata di oggi da un portavoce del premier David Cameron: “E’ ancora il tempo della diplomazia”.

Da parte loro gli americani fanno ritornare la portaerei USS Enterprise nel Mediterraneo e schierano la USS Kearsarge non lontano dalle acque territoriali libiche (forse per fare un po’ paura al colonnello o per forzare la mano alla comunità internazionale), oltre ad avere imposto sanzioni internazionali nei confronti di tutti i beni libici riconducibili al clan Gheddafi.