Gheddafi torna a fare comizi in piazza e continua a uccidere
23 Marzo 2011
Certo, l’insorgenza avrebbe complicato tutto. Gli errori di Bremer. La sottovalutazione del revancismo sunnita. Lo sbarco in grande stile di Al Qaeda. Una guerra vinta che sembrava persa riacciuffata in extremis grazie al generale Petraeus. Poi il limbo di Obama. Ma quando americani e inglesi invasero l’Iraq per liberarlo dalla dittatura di Saddam Hussein, il 20 marzo del 2003, gli ci vollero in tutto una ventina di giorni per costringere il rais a rifugiarsi in qualche buca segreta da cui poi lo avrebbero tirato fuori, con la barba lunga e visibilmente provato, qualche mese dopo. A neanche trenta giorni di distanza dall’ingresso delle truppe dei "volenterosi" nell’antica Mesopotamia, la prima fase della guerra si concludeva con la presa di Tikrit, la città natale di Saddam. Il blitz di Bush e Blair, condotto in modo veloce e deciso, avrebbe dimostrato l’incapacità del sistema militare iracheno di reggere il confronto sul terreno dei conflitti convenzionali. Il resto della storia la conosciamo tutti e non è ancora finita.
Quando tempo ci vorrà per far cadere Muammar Gheddafi, sempre che cada, visto che questo non è lo scopo della missione "Odissea all’Alba"? Fino adesso, se escludiamo le batterie di missili americani, circa 150, scaricate sulle postazioni militari del Colonnello, in Libia non abbiamo assistito a chissà quali straordinari movimenti bellici. E’ vero, quand’è scattata l’operazione i francesi hanno incenerito una colonna di carri armati diretti su Bengasi. Negli ultimi tre giorni, sono stati abbattuti un paio di aerei del Rais. Questo non vuol dire che la coalizione non stia infliggendo dei danni al nemico, ma non sembrano tali da spingere soldati ed ufficiali di Gheddafi alla diserzione o a cambiare casacca, elemento risolutivo del conflitto. E in ogni caso l’obiettivo della missione, per adesso, non è stato del tutto raggiunto. Abbiamo evitato il massacro di Bengasi, come ha dichiarato il premier Cameron, ma negli ultimi due giorni Gheddafi ha continuano ad ammazzare i suoi avversari, compresi i civili: 40 morti a Misurata, 15 a Zenten, 9 morti a Yefren, centinaia di feriti. Morti anche 4 bambini che viaggiavano su un’auto diretta sempre a Bengasi. Artiglieria pesante, carri armati, cecchini, il rais non si sta facendo mancare niente.
Di fronte a questa situazione, Obama e Sarkozy conversano al telefono sul ruolo della Nato nel conflitto, il presidente francese si mostra disponibile, l’Europa va in ordine sparso, e il tempo passa, inesorabilmente. Gheddafi non può che rafforzarsi in una situazione del genere. Anche grazie alle sue ipnotiche capacità propagandistiche. Ieri il rais ha ordinato in grande pompa la liberazione dei giornalisti americani arrestati nei giorni precedenti. Si era detto che voleva usarli come scudi umani. Adesso vengono rilasciati, "potranno ricongiungersi ai loro familiari, se lo desiderano, o rimanere e lavorare legalmente a Tripoli". Poi il Colonnello va in tv nella sua casa, opportunamente diroccata, e arringa la folla, la prima volta in pubblico dal 15 marzo scorso. "Alla fine vinceremo noi," dice, "Queste bombe mi fanno ridere. Niente mi fa paura, nessun tiranno mi può spaventare". L’Occidente è "nazista", l’attacco che sta subendo è "ingiustificato" e "viola la Carta dell’Onu".
Gheddafi non si piegherà con la no-fly zone. Potrebbe fermarsi solo nel momento in cui capisse che ha ripreso il controllo del Paese, del petrolio del Paese, magari abbandonando Bengasi al suo destino. Di fronte a lui, in fondo, ha interlocutori aperti al dialogo, nonostante la mole di fuoco che gli hanno scatenato contro. Ieri il segretario di Stato americano Clinton ha detto che il Colonnello starebbe "cercando una via d’uscita". Secondo la Clinton: "pensiamo che stia esplorando quali siano le opzioni che ha a disposizione, dove possa andare, cosa possa fare". Bene, invece di impedirglielo, invece di costringerlo a nascondersi come accadde con Saddam, il capo della politica estera americana non ha meglio da dire che aggiungere un laconico "Noi incoraggiamo tutto ciò". Ma sì, temporeggiamo, arte in cui è supremo maestro il presidente Obama. Rimandiamo ai prossimi giorni la decisione sul futuro comando della missione in Libia.