Giacalone: “Il bipolarismo non ha funzionato perchè è fatto all’italiana”
19 Novembre 2010
E’ vero che l’Italia vive prigioniera del suo passato? Forse si, perché da troppo tempo ormai il Paese appare come “imbalsamato”. E soprattutto non c’è più nessuno che si occupa del suo futuro, tutti impegnati a conservare o ritagliarsi piccole rendite di posizione, a coltivare il proprio giardino, incuranti di ciò che accade fuori.
E fuori, nel frattempo, si consuma la tragedia. Manca una classe dirigente, mancano idee e programmi e si vive di retorica.
Eppure l’Italia è un Paese dalle mille risorse e potenzialità, che merita di riprendere la via della crescita e dello sviluppo. A una condizione però, chiudere la lunga agonia della Prima Repubblica, superando la Seconda, mai nata, e dare vita alla “Terza Repubblica”. E’ questa la teoria di Davide Giacalone, che nel suo ultimo libro, “Terza Repubblica”, traccia un’appassionata analisi della situazione attuale.
E nei giorni scorsi la presentazione del suo libro è stata l’occasione per una vivace tavola rotonda organizzata dal Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione degli Industriali della Provincia di Pescara. Proprio prendendo spunto dalle riflessioni di Giacalone, esponenti del mondo politico e imprenditoriale abruzzese – erano presenti il presidente dei Giovani Industriali di Pescara, Alessandro Addari, i consiglieri regionali Federica Chiavaroli e Marinella Sclocco , hanno discusso, insieme all’autore e a Florindo Rubettino, editore del libro oltre che direttore di QualeImpresa, del futuro dell’Italia e in particolare della Regione Abruzzo.
“Siamo davanti ad una crisi evidente – è la constatazione di Rubettino -. Una crisi che investe la poltica e soprattutto la percezione che gli italiani hanno di chi è chiamato a governarli e in certo senso ha fallito nella propria missione. E’ evidente che qualcosa non ha funzionato. La cosiddetta seconda repubblica è arrivata al capolinea”.
Di qui l’interrogativo che è stato il filo conduttore del libro e sul quale si è sviluppato il confronto: in che modo, cioè, l’Italia può traghettarsi verso la Terza Repubblica? In che modo si può superare l’errata visione di un Paese diviso a metà, che vede da una parte i garantiti e dall’altra i non garantiti? E’ possibile realizzare una grande riforma, politica e sociale insieme?
L’analisi di Giacalone è chiara: quello che serve al Paese è una presa di coraggio verso il cambiamento. “Il bipolarismo, che dal 1994 ha soppiantato il sistema proporzionale in vigore dal 1948, non ha funzionato – ha sottolineato -. Perché è un bipartitismo all’italiana, dove i peggiori sono quelli che stanno dalla tua parte, ma non sono con te (l’allusione evidentemente è ai finiani). Da noi l’unico ricambio è quello assicurato da madre natura: sono tutti vecchi, inamovibili, e in questa situazione nessuno si preoccupa del domani, perché se ne vanno solo “mortis causa”.
La vera colpa di questa legislatura, secondo Giacalone, è che con una maggioranza ampia sono riusciti a fare le riforme costituzionali. Perché la soluzione per aprire le porte al nuovo – ha sottolineato l’autore – è quella di una repubblica presidenziale, con maggiori poteri al governo, però limitati nel tempo. E la garanzia che chi perde se ne va a casa. Nel mondo del lavoro non va meglio, perché anche lì regna l’inamovibilità: “Questo è un paese di corporazioni e di egoismi. Con il risultato che non si riesce mai a cambiare”.
L’analisi di Giacalone ha suscitato riflessioni appassionata da parte dei presenti. Per il consigliere regionale, Federica Chiavaroli, “si può e si deve uscire da questa fase di ristagno politico”. Una responsabilità che spetta soprattutto alle giovani generazioni, che con coraggio hanno scelto di impegnarsi nella vita pubblica: “esiste la possibilità di una terza Repubblica – ha sottolineato Chiavaroli – a patto che ci si impegni verso la riscrittura di un nuovo patto sociale, fondato sulle regole della meritocrazia”.