Giappone, dopo 75 anni il tabù è rotto: Abe va a Pearl Harbor, “ma non chiederà scusa”

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Giappone, dopo 75 anni il tabù è rotto: Abe va a Pearl Harbor, “ma non chiederà scusa”

06 Dicembre 2016

E’ l’alba del 7 dicembre 1941 e l’impero del Sol levante infligge un duro colpo agli Stati Uniti. Con l’apertura dello scacchiere del Pacifico, la Seconda guerra diventa realmente ‘Mondiale’. Il primo ministro giapponese Shinzo Abe onorerà i morti di Pearl Harbor, ma non chiederà scusa per l’attacco a sorpresa sferrato dal Giappone agli Usa il 7 dicembre 1941. Lo ha annunciato un portavoce del governo di Tokyo a proposito della prima visita di un premier nipponico sulle isole. L’annuncio era stato dato ieri dallo stesso Abe: “Mi recherò a Pearl Harbor”, ha dichiarato alla stampa. La visita avverrà in occasione di un viaggio alle Hawaii per colloqui con il presidente americano Barack Obama tra il 26 e il 27 dicembre. 

É la prima visita in assoluto di un capo di governo giapponese a Pearl Harbor, e rappresenta una risposta positiva a quella che nel maggio scorso Obama aveva reso – e anche quella fu una «prima» assoluta – alla città di Hiroshima, rasa al suolo il 6 agosto 1945 da una bomba atomica americana che provocò la morte di circa 140mila persone. In confronto la strage causata dalle bombe giapponesi a Pearl Harbor (3500 uccisi) può sembrare poca cosa, ma non è certo il calcolo dei poveri morti a contare: vale il gesto volto a suturare una volta per tutte le ferite che a tre quarti di secolo di distanza dai fatti ancora separavano due Paesi che hanno stretto un’alleanza ferrea, resa oggi ancor più strategica dalle nere nubi che si addensano sull’Estremo Oriente con il peggiorare delle relazioni tra gli Stati Uniti e la Cina, che non sembrano destinate a miglioramenti con l’imminente arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca.

“L’obiettivo di questa visita è di commemorare le vittime del conflitto, non di chiedere scusa“, ha dichiarato il capo di gabinetto di Abe, Yoshihide Suga. “La visita sarà un’opportunità per dimostrare alle future generazioni la nostra volontà irremovibile di non ripetere gli orrori e le sofferenze della guerra e nello stesso tempo un’opportunità per mostrare la riconciliazione tra Giappone e Stati Uniti”.