Giovani: l’omertà sui banchi di scuola
14 Maggio 2007
Denunciare una rissa? Raccontare di essere stati minacciati? Per carità! L’omertà già serpeggia nei banchi di scuola dei più piccoli. Già ad undici anni si è omertosi. Meglio vedersela da soli, dicono gli alunni delle medie. Se parli, se denunci è finita, sarai preso in giro, diventi uno “sfigato” E il coraggio di dire no ai soprusi? Questi ragazzi non sanno proprio cosa sia .Tempi lontani quelli in cui si diceva no al sopruso, alla vendetta, alle cattiverie gratuite e si era considerati un eroe. Ora si ha paura di essere diversi, di essere visti come portatori di un’idea. Bisogna omologarsi. Non vedere, tacere, soprassedere, sorridere. La denuncia vuol dire: guardare, vedere la volgarità, la cattiveria. Non si vuole vedere e sapere già da piccoli, ormai si ha paura di essere messi fuori dal “coro”.
Si pensa di scegliere la strada più facile che darà più vantaggi. Così stanno insegnando i grandi senza sapere che questo apparente vantaggio di non coinvolgimento abituerà i ragazzi a sopravvivere. La denuncia vuol dire prendere distanza da ciò che non si condivide, vuol dire scegliere, significa avere coraggio, affrontare la paura di essere soli a sostenere un’idea, ma vuol dire vivere e pensare che anche l’idea di uno può fare la differenza; vuol dire avere stima di sé ,avere un’interiorità’ e non essere guidati dall’esterno e dalla paura del giudizio degli altri. Se non denunciano vuol dire che sentono l’assenza dei grandi, non si fidano e non si sentono protetti nel modo giusto.